Sabato, 20 aprile 2024 - ore 18.21

Agostino Melega (Cremona) : ‘ I giochi di una volta '

Lo scorso 11 Maggio Agostino Melega è stato chiamato dalla direzione della casa di cura Giovanni e Luciana Arvedi ‘ La Pace’ di Cremona a raccontare ‘ I giochi cremonesi di una volta’. Volentieri pubblichiamo l’intero testo e ringraziamo l’autore per avercelo trasmesso. Buona lettura

| Scritto da Redazione
Agostino Melega (Cremona) : ‘ I giochi  di una volta ' Agostino Melega (Cremona) : ‘ I giochi  di una volta '

“I giochi di una volta” di Agostino Melega

Ringrazio la Direzione, l’amico Donato Galli e le animatrici dell’attività culturale e ricreativa di questa struttura d’accoglienza, per avermi invitato ad esporre il frutto delle mie ricerche riguardanti i giochi di una volta.

Sull’attività ludica d’un tempo, ho scritto infatti tre libretti, dei quali due già pubblicati dalla casa editrice Cremona oggi di Mario Silla, mentre il terzo è ancora in attesa di essere dato alle stampe. Ho catalogato durante la ricerca circa 250 giochi e ne ho raccontati e pubblicati una novantina.

In questo lavoro, riguardante prevalentemente il recupero dei giochi in uso da parte dei bambini cremonesi d’un tempo, ho voluto sottolineare l’importanza della dimensione ludica nei momenti di relazione fra genitori e figli, fra nonni e nipoti, fra educatori e bambini, fra adulti e giovanissime menti in formazione, ed è stata attuata, tale ricerca, sulla scorta del riconoscimento proclamato dall’Unesco nel 2003, quando i giochi della tradizione furono riconosciuti e definiti “patrimonio immateriale dell’umanità”. 

All’inizio di questo impegno, non poteva mancare il ricordo di quanto scrisse Luciano Dacquati, nel 1981, nella prefazione del libro Pescherìa Minüüda:”Perché non proviamo tutti insieme a far rivivere parte di questo patrimonio ludico, che muore soltanto perché nessuno se ne ricorda più?”.

Ebbene, con mia moglie Rosella ci siamo dati l’obiettivo di prendere sul serio l’appello di Luciano e di far rivivere tale patrimonio, innanzitutto con i nostri cinque nipoti, ed inoltre ovunque fossimo stati chiamati. Il mese scorso ci siamo recati, ad esempio, presso la scuola d’infanzia di Grontardo ed abbiamo fatto giocare una sessantina di bambini. E colà vi ritorneremo, molto attesi, proprio domani mattina, venerdì 12 maggio.

Anche nel passato ci siamo proposti come animatori ludici in vari luoghi: all’oratorio di Pozzaglio, ad esempio, o nelle  scuole elementari di san Daniele Po e nel complesso didattico infra-comunale di Brazzuoli, senza parlare della nostra partecipazione, per due anni consecutivi al Tocatì di Verona, la fiera internazionale dei giochi di strada, dove, in Piazza Pescheria, con Ornella Righelli, Walter Benzoni ed alcuni animatori provenienti da varie parti del Belpaese, abbiamo fatto giocare centinaia di bambini con i giochi della tradizione popolare italiana.

Adesso però è il momento di entrare nel vivo del discorso, portando l’attenzione soprattutto sulla funzione educativa dei giochi che andrò ad esporre.

Va subito ricordata quella sorta di gioco della memoria e di abilità espressiva che anticipa, con un preciso rituale, qualsiasi attività ludica all’aperto, che consiste nella recitazione di una tiritera o conta per andare a determinare chi deve iniziare le sequenze del gioco medesimo, oppure, in chiave negativa, chi deve “andare o stare sotto”, ossia chi deve interpretare il ruolo più critico ed indesiderato del gioco medesimo, come, ad esempio, dover rincorrere gli altri nella tégna, divertimento chiamato anche ciàpa e scàpa; o nel gioco di ‘rialzo’ definito pure ‘terra e sole’, dove ci si deve rapidamente spostare sui punti rialzati per non essere presi.

Stessa cosa dicasi per il gioco di cucìna, uno svago nel quale ci si deve rapidamente accucciare per non essere toccati da chi “è sotto”.  Stessa dinamica è riferibile al gioco del “nascondino”, nel quale si devono andare a cercare e scoprire gli altri giocatori nascosti, svago chiamato in cremonese urbano scóonda-léegor, e ad Olmeneta, paese d’origine di mia moglie, cùta, o chìta ad Annicco, paese della mia infanzia, o cucco a Sant’Agata Bolognese, il paese dei miei genitori, dove ero ospite, da bambino, di nonna Giuseppina durante le vacanze estive. 

Vediamo allora alcune di queste conte, poste come un rito d’investitura all’inizio dei giochi all’aperto, come fossero esse gli  arbitri del destino, in una situazione di trepidante attesa.

La conta veniva recitata, per lo più,  senza la presenza degli adulti. E veniva ad evidenziare subito chi fosse il capo del gruppo di bambini che si apprestavano a giocare, ossia chi avesse la supremazia nel prendere in mano la situazione, ottenendo il consenso sia per la conta da usare,  indicandola prima e pronunciandola poi, e sia nella scelta del gioco da animare.

Vediamo, allora, la prima fra queste formule d’incanto che ho selezionato per la giornata di oggi. 

PĺIR, PÙM, PÈERSECH

Pìir, pùm, pèersech,

la bel’öa dùulsa,

cìinch ghèi l’ùunsa,

chi la vóol cumprà?

Mé sòo de Bèerghem

e té te sèet de Cùm,

a mé me piàas i pèersech,

a té te piàas i pùm.

Pùm!

Il resto lo puoi leggere aprendo e scaricando l’allegato clicca qui

 

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