Egregio direttore, con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea si aprono nuovi scenari che erano quasi impensabili fino a qualche anno fa. Se posso azzardare una previsione, il danno che gli inglesi subiranno per questa loro scelta sarà maggiore, non solo degli eventuali vantaggi della Brexit, tutti da dimostrare, ma anche del danno che i Paesi dell’Unione riceveranno.
Infatti, tutti quelli che nel Regno Unito hanno promosso la Brexit probabilmente facevano conto su due ‘assicurazioni’ che potevano valere fino a qualche decennio fa ma che oggi non esistono più: l’appoggio e il sostegno incondizionato dell’alleato di
sempre (gli Usa) e la possibilità di scaricare i loro problemi sulle colonie, prima, e sul Commonwealth, poi. Ma Obama ha
già ribadito, e non da oggi, che l’Inghilterra non può più aspettarsi un aiuto incondizionato dagli Usa, che hanno già i loro problemi; inoltre, il sistema imperiale e il modello del Commonwealth come insieme di grandi e piccoli Stati nazionali che si riconoscono nella comune matrice britannica sono ormai reperti archeologici. A mio avviso, l’Unione Europea dovrebbe
agire, ora, su un doppio binario: costringere da subito gli inglesi a prendersi le responsabilità delle loro scelte, accelerando la
procedura di sganciamento dall’Unione ma, nel contempo, rilanciare la partita sulle basi di un maggior rafforzamento e
rappresentatività popolare delle istituzioni comunitarie. Ci riusciranno a Bruxelles? Non lo so. Intanto, in Italia, nonostante il
premier Renzi affermi che il nostro sistema è solido, la Borsa di Milano già perde più di tutti i mercati europei e lo spread risale mentre i 5 Stelle tentennano tra nuove aspirazioni europeiste e qualche strizzata d’occhio agli antieuropeisti alla Salvini o alla Meloni, tanto per cercare di racimolare qualche voto da quelle parti, dimostrando, ancora una volta, quello che ci manca, come maggioranza e come opposizione: una visione organica e matura delle questioni.
Vincenzo Montuori (Cremona)
