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Earl Cameron Pionieristico attore centenario riflette sulla vita, sulla fede baha’i e sul cambiamento

Quando nel 1939 il ventiduenne Earl Cameron è arrivato in Inghilterra dalle Bermuda, la maggior parte delle persone di origine caraibica che egli incontrava aveva difficoltà a trovare lavoro.

| Scritto da Redazione
 Earl Cameron Pionieristico attore centenario riflette sulla vita, sulla fede baha’i e sul cambiamento

«Per una persona di colore era assolutamente impossibile ottenere qualsiasi tipo di lavoro», ricorda Cameron, che oggi compie 100 anni. «L’idea generale era che avrebbe dovuto ritornare in patria. Alcuni di loro erano veterani della Prima guerra mondiale, ma nemmeno loro riuscivano a trovare lavoro. Così stavano le cose».

''Oggi è diverso e io sono contento di essere venuto allora e di essere in grado ora di vedere alcuni dei meravigliosi cambiamenti che si sono verificati».

Nato nelle Bermuda, Cameron, che è diventato baha’i nel 1963, coglie l’occasione del suo centenario per riflettere sulla sua vita e sulla sua carriera di attore. E non si deve sottovalutare il suo ruolo nell’abbattimento della barriera del colore fra il pubblico britannico. Secondo Screenonline, la guida di storia del cinema e della televisione del British Film Institute: «Earl Cameron ha portato una ventata di aria fresca nelle antiquate descrizioni delle relazioni razziali tratteggiate dall’industria cinematografica britannica. Spesso scritturato come un sensibile outsider, Cameron ha dato ai suoi personaggi una grazia e un’autorità morale che spesso ha superato le compromesse agende liberali dei film».

La scoperta della Fede baha’i

Nei primi anni 1960 mentre continuava a lavorare, Cameron si è ritrovato alla ricerca di risposte agli interrogativi della vita. Era stato turbato dai giorni trascorsi nella Marina mercantile, quando aveva lavorato per cinque mesi su una nave diretta in India.

«Su questa nave c’erano zuffe quasi ogni giorno. Devo dire che erano un gruppo di marinai molto litigiosi! E poi ho visto Kolkata con tutti i suoi affamati nelle strade e mi chiedevo: “Perché? Perché il mondo è fatto così?”».

Cameron ha trovato una risposta alla sua domande da un vecchio amico delle Bermuda che aveva rincontrato a Londra. Il suo amico era baha’i.

«Ogni cosa mi affascinava», spiega Cameron. «Ma abbiamo discusso a lungo. Mi ci è voluto un po’ di tempo per capire la differenza tra un semplice essere umano eccezionale e quella che i baha’i chiamano Manifestazione di Dio. Quando finalmente ho capito, ho compreso la diversità di un Cristo, di un Muhammad o di un Baha’u’llah e da quel momento ho potuto accettare tutto quello che ho letto scritto da Baha’u’llah».

Fedele alle sue convinzioni baha’i, Cameron ha preso un’importante decisione di altro genere, trasferendosi con la famiglia nelle Isole Salomone per contribuire allo sviluppo della comunità baha’i in quel Paese. Quando 15 anni più tardi è ritornato nel Regno Unito, ha ripreso la carriera dove l’aveva lasciata. Continuando a lavorare ottantenne e novantenne, ha avuto un ruolo importante come leader africano controverso in The Interpreter (2005), interpretato da Nicole Kidman, e ha partecipato come comparsa al film The Queen (2006) con Dame Helen Mirren e Inception (2010).

Una svolta nel lavoro di attore

Due anni dopo il suo arrivo, stanco di svolgere lavori umili, Cameron ha avuto un colpo di fortuna: gli è stato chiesto di recitare in uno spettacolo di teatro musicale popolare, Chu Chin Chow, perché uno degli attori del cast non si era presentato al lavoro. La sua carriera è decollata e, per i successivi quattro decenni, il suo volto e la sua ricca voce dorata sono diventati un ben noto punto di riferimento sulle scene e poi sullo schermo.

«Ho capito che le parti per me erano pochissime», spiega Cameron. «Non mi sono illuso. Facevo teatro già da otto anni quando ho recitato nel mio primo film e sapevo che la parte era molto limitata. Ma ho capito anche allora quanto fossi fortunato ad avere quel primo film».

Quel film era Pool of London (1951), considerato innovativo nel suo impiego di un personaggio principale di colore e nella sua descrizione di una storia d’amore interraziale.

«È una parte meravigliosa», dice Cameron, «e ancora resta, penso, il miglior film nel quale ho lavorato. Era molto realistico e tipico dell’Inghilterra di quel tempo», ricorda.

Sono seguiti importanti drammi della televisione BBC che parlavano del razzismo, tra cui The Dark Man (1960), in cui Cameron ha interpretato un autista di taxi oggetto di pregiudizio nel suo posto di lavoro. Allo stesso tempo, è divenuto un volto familiare in molte serie televisive classiche dell’epoca, tra cui Doctor Who e The Prisoner. Ha impersonato anche, assieme a Sean Connery, Pinder, l’alleato caraibico di James Bond Pinder in Thunderball [Operazione tuono] (1965).

Una pellicola nella quale Cameron è particolarmente fiero di avere recitato è la messa in scena della storia del Profeta Muhammad, The Message (1976). Cameron ha interpretato il re di Abissinia, o Negus, che offrì precocemente rifugio ai musulmani ai tempi del Profeta. Il British Film Institute ha definito la sua performance una «comparsa di grande effetto».

«Come avrei potuto rifiutare una parte così bella?», dice sorridendo. Ma nonostante il successo personale di critica e di pubblico, i ruoli cinematografici per gli attori neri erano pochi e rari.

«Ho sempre dovuto aspettare mesi prima di ottenere un’altra parte. Ora le cose sono un po’ cambiate e ci sono molti brillanti attori neri. Ma in genere si deve andare a Hollywood per ottenere un riconoscimento».

A un certo punto della sua carriera, Cameron ha anche pensato di attraversare l’Atlantico e di cercare fortuna nei film americani. «Ma ero sposato con cinque figli», dice. «Mia moglie era bianca e io nero e la California non era un luogo molto accogliente per i matrimoni misti. Così ho pensato: “No, non ho intenzione di esporre la mia famiglia al tipo di razzismo che ho dovuto subire”. Così non ci ho più pensato».

«Ora posso dire di essere stato molto fortunato. Perché a quel tempo, so che sarei stato preso da quel modo di vivere. Così mi guardo indietro e ringrazio Dio per non essere andato a Hollywood».

Nell’ultimo decennio, Cameron ha ricevuto molti onori. Sua Maestà la regina Elisabetta II gli ha conferito l’alta onorificenza di comandante dell’ordine dell’Impero britannico (CBE) nell’elenco dei riconoscimenti del Capodanno 2009 e l’anno scorso è diventato il primo iscritto nella Hall of Fame della Screen Nation Foundation, che celebra le persone di origini afro-caraibiche che hanno offerto contributi straordinari all’arte cinematografica. È stato anche elogiato nelle Bermuda dove nel 2012 il Teatro principale di Hamilton è stato ribattezzato “The Earl Cameron Theater”. Spera di andarci in ottobre per una presentazione speciale.

Entrando nel suo undicesimo decennio, Earl Cameron è ancora molto vivace, desideroso di continuare a recitare e di partecipare alle attività della comunità baha’i.

«Abbiamo bisogno di renderci conto che Dio ha un piano per l’umanità e ciascuno di noi fa in qualche modo parte di quel piano», dice. «Dio ha un piano che questo mondo divenga un mondo di pace. L’immediato futuro sembra catastrofico. Con le attuali condizioni prevalenti, prima o poi l’umanità non avrà altra scelta fuorché ritornare alla guida di Dio».

«Non c’è un attimo della mia vita nel quale io non ringrazi Dio per la mia esistenza su questa terra e per aver trovato questa Fede meravigliosa. Se avessi vissuto un milione di volte ma non avessi trovato la Fede baha’i, sarei certamente vissuto invano».

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