Mercoledì, 24 aprile 2024 - ore 20.58

Pianeta Migranti. Ci rubano le ricchezze e il benessere!

Potrebbero i ‘nostri Suv’ circolare senza il ‘loro’ petrolio? I nostri consumi -dipendenti dal petrolio-, gravano anche sulle spalle degli africani sfruttati dalle nostre multinazionali che, come succede in Congo, impunemente, distruggono l’ambiente e la vita degli abitanti costringendoli a fuggire.

| Scritto da Redazione
Pianeta Migranti. Ci rubano  le ricchezze e il benessere! Pianeta Migranti. Ci rubano  le ricchezze e il benessere! Pianeta Migranti. Ci rubano  le ricchezze e il benessere! Pianeta Migranti. Ci rubano  le ricchezze e il benessere!

A pag 16 del Dossier Caritas  “Ecologia integrale” il capo villaggio di Ndongo, in Congo racconta: “I problemi nel nostro villaggio sono iniziati quando ENI ha cominciato a estrarre il petrolio. Il problema principale è l’acqua: da quando estraggono il petrolio i torrenti qui intorno sono avvelenati. Nei fiumi noi pescavamo, lavavamo i vestiti, facevamo il bagno; per centinaia di anni i corsi d’acqua nella foresta ci hanno sfamato e dato l’acqua per sopravvivere, ma tutto questo oggi non è più possibile a causa dell’inquinamento provocato dal petrolio. Soprattutto nella stagione delle piogge l’acqua porta a valle tutti i detriti dell’estrazione del petrolio, avvelenando i nostri fiumi .“

Un anziano del villaggio Kouakouala vicino a un campo estrattivo dice: ”Ora investono anche nelle sabbie bituminose, un ambito molto pericoloso per l’impatto ambientale e la salute delle comunità locali. Ci dicono che non ci saranno processi di deforestazione, perché le loro operazioni riguarderanno un territorio di savana, con pochi alberi, ma chi conosce il Congo sa che tutta la superficie è ricoperta dalla foresta pluviale, per cui, come possono pensare di non tagliare alberi? E poi non si capisce per quale scopo estrarre il greggio, in quali quantità, se per l’esportazione o per uso locale e quale sarà l’impatto ambientale… Siamo persino andati a Milano, alla sede centrale di ENI, per insistere su queste informazioni fondamentali, ma ci è stato risposto che non siamo autorizzati ad essere informati. Intanto, tutta la nostra ricchezza se ne va in Italia, e a noi cosa resta?”

Si sa che il Congo è governato da un sistema dittatoriale dove le libertà fondamentali e i diritti umani sono violati costantemente, e la popolazione è ridotta alla miseria da una classe politica corrotta e disonesta, ma nessuno sembra preoccuparsene, pur di aumentare al massimo i profitti…Il Congo è uno dei primi 5 paesi per la produzione di petrolio a livello africano e l’oro nero rappresenta oltre il 90% degli introiti derivanti dall’export, che si aggirano intorno ai 5 miliardi di dollari all’anno26.

Quasi tutta la produzione petrolifera è in mano a compagnie straniere: la compagnia nazionale congolese controlla meno del 10% delle esportazioni. Tra quelle  straniere figura la francese Total, l’italiana ENI, le americane Exon Mobil e Chevron Taxaco e poi le compagnie cinesi, da poco affacciate sul mercato. Vi sono poi imprese private, soprattutto asiatiche, impegnate in altri settori dell’estrazione mineraria e in altre attività commerciali, in particolare del legname. Il loro impatto sull’ecosistema della foresta pluviale congolese e sulla salute delle popolazioni indigene risulta devastante e coperta dal silenzio. È il caso per esempio del delta del Niger, dove per estrarre petrolio, da decenni, si avvelenano l’ecosistema locale e le popolazioni indigene: il tutto lontano dai riflettori mediatici. Il governo della Nigeria stima che, nel periodo tra il 1976 e il 2001, vi siano stati 6.817 versamenti accidentali di petrolio (quasi uno al giorno per 25 anni), ma per gli analisti la cifra è ampiamente sottostimata. Uno studio del 2007 del World Conservation Unit valuta che nel delta del Niger siano stati versati, negli ultimi 50 anni, 1,5 milioni di tonnellate di petrolio. Nella zona si registrano una serie preoccupante di malattie che colpiscono con progressiva intensità le popolazioni  che non riescono a fuggire.

www.caritasitaliana.it Dossier 2015

 

1662 visite

Articoli correlati

Petizioni online
Sondaggi online