Giovedì, 28 marzo 2024 - ore 10.23

Pianeta migranti. Doppio business sulla pelle dei rifugiati.

I migranti sono la “gallina dalle uova d’oro” per le società che vendono armi ai paesi in guerra e insieme vendono le tecnologie per controllare le frontiere dell’Europa impaurita dai profughi. Finmeccanica e gli altri big della tecnologia militare guadagnano due volte sui migranti. E convincono la politica di Bruxelles a dotarsi di sempre più sofisticati sistemi di sicurezza.

| Scritto da Redazione
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Se l’UE investe nei controlli delle frontiere per bloccare i trafficanti e controllare i flussi fornendo tecnologie d’avanguardia e armi agli agenti di Frontex, ci sono società che vendono questi strumenti. Non a caso, in Europa il business della sicurezza dei confini, negli ultimi anni è decollato: dai 15 miliardi di euro stimati nel 2015, agli oltre 29 milioni di euro entro il 2022.

Dentro l’area Schengen, Austria, Estonia, Macedonia, Ungheria e tanti altri hanno fortificato le frontiere. Necessitano di recinzioni, sistemi di monitoraggio, cecchini, telecamere, radar, comunicazioni wireless, database e anche droni. E chissà perché le società che più stanno guadagnando nella sorveglianza delle frontiere sono le stesse che commerciano i rifornimenti di armi in Medio Oriente e Nord Africa, alimentando quei conflitti da cui gli stessi rifugiati fuggono. Lo denuncia il rapporto “Border Wars”, promosso dall’ong olandese “Stop Wapenhandel” e pubblicato dal Transnational Institute. Tra i big produttori dei sistemi di sicurezza alle frontiere, ci sono Finmeccanica, Thales, Safran e il gigante spagnolo Indra. Le prime tre sono anche tra le principali aziende esportatrici di armi dall’Europa ai paesi in conflitto.

La stessa Europa che oggi difende le sue frontiere, tra il 2005 e il 2014 ha autorizzato l’esportazione di 82 miliardi di euro in armi verso il Nord Africa e Medio Oriente.

Ai flussi crescenti di rifugiati la risposta della Commissione europea è stata quella di “combattere l’immigrazione illegale” e aumentare la sicurezza delle frontiere attraverso l’agenzia Frontex, diventata negli anni un avamposto sempre più potente che pattuglia il mare tra Grecia e Turchia e nel canale di Sicilia con equipaggi di diverse nazionalità, su navi dotate delle più sofisticate tecnologie.

Nel frattempo, sulla rotta Est, l’UE ha esternalizzato i confini tramite l’accordo con la Turchia, del marzo scorso. E da Ankara hanno già fatto sapere che nei prossimi anni spenderanno centinaia di milioni di dollari per controllare il confine con la Siria.

Controllare i confini esterni è diventata l’ossessione dell’Europa impaurita e senza un’adeguata politica migratoria; così, le società che forniscono armamenti, tecnologie e infrastrutture di sicurezza si sfregano le mani soddisfatte.

Va detto poi che i gruppi Thales, Finmeccanica ed Airbus sono anche ai vertici della EOS (organizzazione europea per la sicurezza) e fanno attività di lobbying politica nei palazzi di Bruxelles a favore della difesa delle frontiere.  Non a caso, EOS ha indicato il controllo delle frontiere come una delle principali aree di investimento per la sicurezza europea. 

Così i migranti, “la gallina dalle uova d’oro”, in questi anni hanno fornito un doppio business alle aziende leader nel commercio dei sistemi d’armi e di sicurezza. Ma non serve difendersi dalle ondate migratorie: bisogna governarle. Di fatto, gli sbarchi non si fermano, i migranti continuano a morire in mare e a premere alle frontiere mentre i trafficanti sono scaltri nel mutare velocemente le rotte e sfuggire ai controlli.

 

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