Venerdì, 19 aprile 2024 - ore 03.56

Pianeta Migranti. Limitare le Ong per fermare gli sbarchi

L’Italia, lasciata sola ad affrontare gli sbarchi dei migranti, prima propone di chiudere i porti alle navi delle Ong straniere, contravvenendo alle norme del Diritto internazionale, poi fa accordi con Germania e Francia per restringerne l’azione. Siamo arrivati alla politica migratoria della deriva in mare e dei vuoti a perdere.

| Scritto da Redazione
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Pianeta Migranti. Limitare le Ong per fermare gli sbarchi

L’Italia, lasciata sola ad affrontare gli sbarchi dei migranti, prima propone di chiudere i porti alle navi delle Ong straniere, contravvenendo alle norme del Diritto internazionale, poi fa accordi con Germania e Francia per restringerne l’azione. Siamo arrivati alla politica migratoria della deriva in mare e dei vuoti a perdere.

Da tempo ormai le Ong che salvano circa il 40% dei migranti vengono attaccate, diffamate e criminalizzate.

Dopo che gli accordi a suon di miliardi, con la Libia e coi dittatori africani per fermare i flussi non hanno dato i risultati attesi, non resta che ostacolare, limitare, fermare i salvataggi delle Ong. Che vuol dire lasciare i migranti ancor più in balia del mare e aumentare il numero di chi affoga. E’ un’operazione che però porta consenso a quelle forze politiche che, con la complicità dei media, gridano a un’invasione che non c’è, visto che da noi il rapporto è di 3 migranti ogni 1000 persone. La politica europea dimostra di non volere altra soluzione che i muri di acqua e di terra, il filo spinato, l’abbandono dei flussi nelle mani dei trafficanti, il trasformare la solidarietà in reato, il puntare sul controllo esternalizzato delle frontiere. Le priorità restano sempre le stesse: contrastare, fermare, respingere in tutti i modi possibili.

Negli ultimi mesi, le Ong che operano nei pressi delle acque libiche hanno prodotto prove di abbordaggi da parte della guardia costiera libica delle imbarcazioni dei migranti, con spari e morti[1] e denunciato tempi di intervento inspiegabilmente lunghi insieme ad omissioni di soccorso da parte dei dispositivi europei. Il 16 febbraio 2017, Medici senza frontiere ha reso pubblico un filmato che mostrava i miliziani della guardia costiera libica prendere a frustate migranti inermi – tra cui diversi bambini – stipati su un barcone fermato a poche miglia da Sabrata. Si trattava di uno spezzone del reportage Ross Kemp: Libya’s migrant hell, realizzato da MSF e trasmesso da Sky1 il 21 febbraio 2017, in seguito al quale l’Ong ha invitato l’UE a togliere il sostegno alla Guardia costiera libica e rivedere l’accordo UE-Libia. Immagini difficili da spiegare, perché ad opera dello stesso corpo di Tripoli addestrato dall’Italia e sostenuto dall’UE. Ma le denunce non riguardano solo le violenze sui migranti.

Il 17 agosto 2016, subito dopo la firma del memorandum d’intesa con Eunavfor Med, la Guardia costiera libica aprì il fuoco su una nave di MSF, mentre era in pieno svolgimento un’azione di salvataggio[2].  Questo succede perchè gli attivisti umanitari sono visti come nemici o come intrusi di cui sospettare, sia da parte degli agenti di polizia europea che della Guardia di frontiera libica, riequipaggiata dall’Italia.

Nel Mediterraneo, dopo il sostanziale ritiro dell’operazione Triton di Frontex, sono rimaste quasi soltanto le navi umanitarie, insieme alla Guardia costiera italiana ed alla Marina militare. É forte l’impressione che si voglia evitare di avere testimoni scomodi, soprattutto da quando le guardie costiere libiche, formate a bordo delle navi europee, in particolare dell’italiana San Giorgio, hanno iniziato a intercettare i gommoni dei migranti, affondarli per riportare le persone “soccorse” in centri in cui sono sottoposte a detenzione arbitraria e a violazioni dei diritti, come inequivocabilmente denunciato dal rapporto ONU.

Ormai siamo su un piano inclinato che può finire col lasciare i barconi alla deriva. Così ci si libererebbe, con cinismo immorale, di migliaia di persone sospese fra le persecuzioni subite nei paesi di origine, quelle patite in Libia e il diritto alla salvezza.

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