Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 09.28

''NOI DIETRO LA CASSA CON CLIENTI CHE CI STARNUTISCONO ADDOSSO''

La denuncia di una delle categorie ''a rischio''

| Scritto da Redazione
''NOI DIETRO LA CASSA CON CLIENTI CHE CI STARNUTISCONO ADDOSSO''

Clienti che ti starnutiscono addosso, dopo essersi tolti la mascherina monouso indossata da secoli: poi se la rimettono, ma nel frattempo hanno toccato di tutto e pagato in contanti, privi di guanti si intende. Altri che se l’abbassano perché «non ci sentono». La signora che in un supermarket dove sono appena svenute due persone, figlia e mamma, la seconda per lo spavento, si stizzisce in attesa dell’ambulanza: «Mi può servire per favore? Ho fretta».



 «Si presentano in tantissimi e stanno mezz’ora a lamentarsi dell’ultimo Dpcm, delle nuove chiusure, spaziando dal negazionismo al complottismo. E se provo a contraddirli mi danno, a voce alta, della “covidiota”», racconta Elena. «Ma l’hanno capito o no che sono proprio loro la causa di queste misure e dovrebbero, per il bene di tutti, ridurre al minimo la presenza nei nostri locali?».



Negli esercizi commerciali sta tornando un clima da assalto ai forni, un’aria da pre-lockdown, sempre nel rigoroso rispetto delle distanze non rispettate, dello scontro tra i carrelli, del protocollo alternativo e clandestino dei nasi scoperti (soprattutto da parte dei più a rischio, gli over 70) e con accessi da Guinness d’affluenza, equivocando i decreti, a ridosso delle 18.



«Le persone che non lavorano a contatto non hanno idea, nessuna idea di quanto sia strana la gente», riassume una delle commesse ai tempi del coronavirus. I lavoratori del settore, nei negozi o nella grande distribuzione organizzata, soffrono di uno stress che è esploso in questi interminabili mesi di epidemia. 



Centri commerciali trasformati in gorghi semi-infernali, in balia di avventori sbuffanti, insofferenti e refrattari alle pur banali regole igieniche di contrasto, e con la lingua più biforcuta del solito.



No, il cliente non ha sempre ragione: ma non puoi rispondergli a brutto muso in presenza. Ecco allora le valvole di sfogo di Facebook, l’unico smart working loro concesso, con pagine pubbliche e gruppi privati animati da decine di migliaia di addetti alle vendite.



Per provare a capire cosa pensano veramente dietro l’obbligo del sorriso, ci siamo introdotti nei vari “Le commesse sante subito” (quasi 20 mila iscritti), “Commesso perplesso” (125 mila) e “Commesse e commessi le richieste impossibili” (13 mila). 



Monta una maleducazione generalizzata verso il semplice pronunciare “buongiorno” ma invece c'è chi  quel saluto è costretto a ripeterlo centinaia di volte al dì. 

«Per entrare in una banca o in ufficio pubblico devi invece prendere appuntamento, attendere il placet, metterti in fila fuori al freddo», osserva Debora. La curva delle scene di ordinaria follia ha iniziato a crescere in maniera esponenziale già a febbraio. Supermercato, reparto ortofrutta. «Avevamo in vendita un prodotto chiamato Pak Choi», ricorda Massimo. «La cliente si avvicina tenendo in mano il pacchetto. “È italiano?”. “Sì, signora, coltivato in Basilicata”. “E cos’è?” . “Si chiama cavolo cinese, ma…”. La donna molla il prodotto di scatto, come se si fosse bruciata e ripete: “No, no, no!”. “Ma signora, è soltanto il nome, non è coltivato in Cina”. “No, no , no”. E fugge via».



Si avvicina la primavera, da godersi barricati in casa, e la psicosi comincia a giocare brutti scherzi. «Una collega mi ha riferito che si è presentata allo sportello una tizia», posta Mauro, «che, tra uno starnuto e l’altro, ha affermato: “Non vi preoccupate, ho fatto il tampax, è negativo”». Vademecum per un corretto utilizzo dei DPI, parte 1. Fabio: «Oggi entra un signore. Ha la mascherina poggiata sul mento . “Mi scusi, la mascherina su”. Lui, tutto fresco: “Sì, ma fuori piove”». Parte 2, Lory: «A me in negozio dicono: “Io sono un vostro cliente da anni, posso stare senza mascherina”». Raffaella, parte 3: «Mascherina calzata correttamente, pensi “miracolo”. Ma poi si avvicinano e l’abbassano per parlarti in faccia». Gran finale per Giusy: «Signora, mi scusi, deve indossare la mascherina». E lei: «Mi è appena venuto un colpo di tosse e l’ho sfilata, cosa vuoi, che mi soffochi?».



E il mistero degli igienizzanti . «Ma anche da voi fanno finta di disinfettarsi le mani all’entrata? Forse è una magia, perché il flacone sembra eterno», riferisce Flavia. Le fa eco Arianna: «A me scappa da ridere quando so benissimo che il flacone è vuoto, non ho fatto in tempo a sostituirlo e le persone che entrano si sfregano vistosamente le mani, sorridendomi, come a significare: “Vede? Ci siamo sanificati”». Oppure accampano giustificazioni stravaganti: «Mi lacerano le mani», «Sono allergico», «So il fatto mio, io ho l’hobby della medicina elettronica». Donchisciottesco, come accennato, il tentativo di strappare un ciao o un cenno di saluto all’ingresso. Non siamo mica in Francia dove, annota Monica, «se non rispondi al buongiorno i commessi restano lì a fissarti e ribadiscono “Bonjour”. E non ti calcolano finché non rispondi».



Le narrazioni di zero educazione. Matteo: «Entrano, mentre stavo chiudendo, due signore. “Sappiamo di essere in orario di chiusura, ma se prendessimo un aperitivo e tornassimo tra un’oretta, ci terrebbe aperto il negozio?”». Mariangela: «Chiedo di rispettare gentilmente la distanza interpersonale, indicando gli adesivi a terra, e subisco una raffica di insulti da un signore anziano. Mi domanda se sono retribuita per fare la guardia. Che devo limitarmi a battere gli scontrini e farmi gli affari miei». Un’altra cassiera: «La cliente mi fa: “Cosa guardi, brutta stronza?”».



Sentite Sara: «Dalla cassa noto una ragazza che conversa da ben dieci minuti con un’altra persona, e ha la mascherina al collo. Aspetto un po’, e le faccio: “Signora, per cortesia, la potrebbe mettere bene? Grazie mille”. Lei non ci sta affatto: «Sì, ma ci siamo solo noi. Ammazza che palle. Comunque statte calma». Ribatto: «Signora, le ho detto di alzarsi la mascherina». Va su tutte le furie: «Aò, io so de Testaccio da vent’anni, solo te rompi li cojoni co ‘sta mascherina. Dimme a che ora stacchi e te vengo a menà».



La rabbia è corrisposta. tra post e commenti, si moltiplicano le commesse che evocano “il porto d’armi” o vorrebbero brandire lanciafiamme, mannaie o più sofisticati strumenti di tortura ai danni di clienti che «si lamentano per dieci minuti di spesa con la mascherina, quando noi ce l’abbiamo per ore», di menti illuminate che «chiedono di pagare con la tessera dell’Aci o quella sanitaria», di figuri «insopportabili, odiosi, nervosi, arroganti».



E meno male - minacciano, Maria e Lorena - che «portiamo la mascherina, sennò si vedrebbe il labiale di tutte le maledizioni che vi lanciamo, il nostro ghigno malefico». Il loro astio non può non essere amplificato da certe umiliazioni che i cassieri si trovano condannati a fronteggiare sul posto di lavoro, Spiega Lucia: «Oltre a dover chiedere il permesso, ci misuravano il tempo. Se impiegavi troppo, chiedevano cosa avessi fatto. Una volta, in un turno di sei ore, sono dovuta andare al bagno due volte e hanno preteso il certificato medico per giustificare il fatto». Laura: «Io non bevo più, per non andare in bagno».



Vivamente sconsigliato persino morire all’improvviso. Marta: «Scusate, ma nelle vostre aziende per un permesso per un lutto dovete avvisare 48 ore prima? Come si fa a prevedere la morte di qualcuno? Mia zia è venuta a mancare ieri sul tardo pomeriggio: ho chiamato alle 9 di stamattina per chiedere una giornata libera per domani, data del funerale, e mi è stato semplicemente cambiato il turno».

Peggio, è accaduto ad Antonella («Ho avvisato il mio responsabile che avrei avuto necessità di un giorno per le esequie. Si è limitato a farmi staccare dal mio turno per due ore, per poi rientrare in corsia. Il defunto era mio suocero») e a Silvia («A me è avvenuto con mio padre: hanno avuto il coraggio di considerarle ferie»).



E le feste, o simili,che  si avvicinano: «Lavoro in un centro commerciale e ci hanno già comunicato che il 26 dicembre si lavora, full time, dalle 9 alle 21» rivela Sofia. E chissà quanta gente potrà esserci, quel giorno, a gironzolarle intorno con la mascherina a mezz’asta e un’espressione ben poco natalizia negli occhi, legittimamente ricambiata.

 

con  MAURIZIO DI FAZIO

 

ZONACHECK

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