Cremona Il discorso di Fabio Bergamaschi il 2 novembre
Ci ritroviamo anche quest'anno in questo luogo di preghiera e raccoglimento, colmi di riverenza per rendere omaggio ai Caduti e ai Dispersi di tutte le guerre. Celebriamo la memoria di coloro che, con il sacrificio della loro stessa vita, ci hanno consegnato una patria italiana e una patria europea prospera, perché libera e in pace. La loro dedizione è testimonianza incancellabile di un impegno supremo ed eterno, volto a preservare ciò che di più sacro e prezioso possediamo: la libertà, elemento imprescindibile per una pace autentica, nonché di ogni altra condizione idonea a garantire un autentico benessere dei popoli.
Di ciò che non possiamo non sperare per ogni popolo. Per un sentimento di fratellanza umana o anche solo – in modo nettamente più gretto, in ossequio ad una forma mentis cinica ed utilitaristica sempre più diffusa – per le implicazioni che ogni tensione nel mondo oggi riverbera in ogni angolo del pianeta. Le guerre che si combattono oggi nel mondo, alcune persino ai nostri confini europei, non sono tragedie lontane: esse ci interrogano sulla fragilità delle conquiste democratiche e sui valori che dovrebbero unirci come comunità nazionale ed internazionale.
La cronaca ci restituisce immagini e notizie di popolazioni ridotte alla disperazione, territori devastati, diritti umani violati. Di fronte a questa recrudescenza della violenza occorre una risposta collettiva che abbia la forza di costruire un futuro di pace e di stabilità. Il nostro Paese, custode di un'eredità costituzionale che ripudia la guerra, deve rispondere all'appello della Storia con chiarezza e determinazione. L'Italia ha assunto il dovere di farsi garante di un ordine mondiale fondato sulla cooperazione e sul rispetto della dignità umana, e questo impegno non può essere rimanere una dichiarazione di principio. Richiede azioni concrete, richiede che il ripudio della guerra non resti un ideale astratto, ma che si traduca in politiche di accoglienza, diplomazia e costruzione di ponti fra popoli e culture.
Oggi, commemorando i nostri Caduti, non celebriamo soltanto il loro sacrificio: riflettiamo su ciò che ci impongono come esempio, su quanto ognuno di loro ci chiederebbe se potesse parlare oggi. Ovvero, con ogni probabilità, di rifiutare la rassegnazione, di non cedere alla logica del conflitto, ma di lavorare costantemente per il dialogo e la giustizia. Come comunità di cittadini, come istituzioni pubbliche, abbiamo il compito di costruire un futuro in cui le risorse vengono investite nello sviluppo umano, nella formazione delle nuove generazioni, nella protezione dell'ambiente, nella sicurezza sociale. E certo, anche nella Difesa. Ma nella difesa di questo paradigma, di questo ordine democratico.
È in momenti come questo che il ricordo si fa impegno e diventa missione politica, una missione che si impone ai rappresentanti di governo e agli amministratori pubblici, ma che deve coinvolgere ogni cittadino.
La libertà e la pace, valori costitutivi della nostra democrazia, richiedono infatti vigilanza e un costante esercizio di partecipazione e responsabilità. Ed è proprio partendo dal livello locale, dalle città e dai Comuni, che possiamo costruire le fondamenta di una società più unita e resistente alle minacce che oggi mettono alla prova la nostra Europa e il nostro Paese. Oggi onoriamo i Caduti e i Dispersi delle guerre di ogni tempo con uno sguardo al futuro, perché il loro sacrificio non resti relegato alla commemorazione, ma ispiri la nostra azione. Li ricordiamo con rispetto e gratitudine, facendo tesoro della loro eredità per plasmare una società che ripudia la violenza e costruisce la pace.