Il calcio, si sa, in Italia è cosa molto seguita e spesso ciò che lo riguarda genera discussioni destinate a occupare gran parte del dibattito pubblico. Per l'ennesima volta, infatti, è stato sollevato il problema degli “oriundi”, ossia quei giocatori che, pur non essendo nati in Italia, hanno almeno un parente italiano (fino alla terza generazione) e per questo motivo possono ottenere la cittadinanza italiana e – cosa assai più importante per i tifosi – possono essere convocati nelle fila della Nazionale di calcio. La storia dell'Italia, intesa come squadra di calcio, è piena di oriundi, perlopiù sudamericani: si pensi all'argentino Omar Sivori, al brasiliano José Altafini, al più recente Mauro Camoranesi (protagonista della vittoria mondiale 2006) e ai meno “quotati” Thiago Motta e Cristian Ledesma, per arrivare al caso che ha destato scalpore negli ultimi giorni: Edér, brasiliano della Sampdoria e Franco Vazquez del Palermo, convocati dal commissario tecnico Antonio Conte per le prossime amichevoli con Bulgaria e Inghilterra. In una recente intervista l'attuale allenatore dell'Inter Roberto Mancini ha espresso il suo disaccordo con queste scelte, specificando che secondo lui “la nazionale italiana deve essere italiana” e incappando anche in una curiosa svista quando aggiunge che “la Germania ha vinto un Mondiale solo con giocatori nati in Germania”, dimenticando Lukas Podolski, nazionale tedesco ma nato in Polonia, e attualmente giocatore proprio dell'Inter allenata da Mancini. Non si è fatta aspettare la dichiarazione del presidente della Lega Calcio Carlo Tavecchio, che ha spento le polemiche: “Se un calciatore ha la cittadinanza italiana, può giocare in Nazionale. Queste sono le regole.”
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