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Tre associazioni animaliste si sfilano dalla Milano Relay Marathon: ''Il nuovo sponsor è inaccettabile''

Animal Equality, LNDC - Animal Protection e Il Rifugio degli Asinelli: ''Rigamonti collegata a una multinazionale brasiliana coinvolta in scandali e deforestazione''

| Scritto da Redazione
Tre associazioni animaliste si sfilano dalla Milano Relay Marathon: ''Il nuovo sponsor è inaccettabile''

Dal 21 gennaio sono aperte le iscrizioni alla Milano Relay Marathon, la popolare staffetta cittadina legata alla Generali Milano Marathon, prevista per il 5 aprile,  una staffetta non competitiva per squadre di 4 persone, ognuna delle quali corre una frazione tra i 7 e i 14 km ciascuna, fino a coprire il tracciato di 42 chilometri e 195 metri.  E una delle novità di quest’anno è proprio l’ingresso di Rigamonti come nuovo Title Sponsor, infatti la manifestazione si chiamerà Rigamonti Relay Marathon 2020. Annunciando la sponsorizzazione, l’amministratore delegato di Rigamonti, Claudio Palladi, ha detto che «Con questa nuova partnership, Rigamonti rafforza ulteriormente il proprio legame con il territorio e con lo sport. Un mondo, quello degli sport amatoriali e in particolar modo della corsa, che ci è particolarmente affine per valori e per target. Oggi infatti sempre più italiani, soprattutto sportivi, apprezzano la bresaola per gusto, proprietà nutrizionali e leggerezza. Tre criteri, questi, ai quali ci siamo ispirati per lanciare la nuova gamma di salumi healthy e bio, tra i prodotti più richiesti dai consumatori secondo un’indagine Doxa».

La staffetta è collegata al Milano Marathon Charity Program, un progetto di fundraising che consente a tutti i partecipanti di correre per un’organizzazione non profit a scelta, contribuendo alla raccolta fondi da destinare a specifici progetti solidali. Quest’anno le associazioni che parteciperanno al programma saranno più di 100. Ma tra queste non ci saranno Animal Equality, LNDC – Animal Protection e Il Rifugio degli Asinelli Onlus che si sfilano dalla Milano Marathon perché «Il nuovo sponsor Rigamonti è inaccettabile per le ONG».

In un comunicato congiunto le tre associazioni spiegano che «La Maratona di Milano, uno dei più importanti eventi sportivi in Italia organizzato da RCS Active Team e RCS Sports & Events, è diventato anche un grande evento di raccolta fondi, sul quale tutte le organizzazioni hanno investito molto, lavorando per mesi al progetto e coinvolgendo numerosi influencer e testimonial pronti a correre a fin di bene. Tuttavia, senza alcuna comunicazione preventiva, le condizioni sono improvvisamente cambiate, rendendo impossibile la partecipazione a tre organizzazioni che per mesi hanno lavorato intensamente al progetto. Infatti, da semplice sponsor insieme a tanti altri, la Milano Marathon ha deciso di scegliere Rigamonti Salumificio Spa come title sponsor proprio della Relay Marathon, rinominata quindi Rigamonti Relay Marathon e comparendo per i prossimi tre anni come il brand principale di riferimento».

Per gli animalisti la cosa è inaccettabile perché «Si tratta infatti di un’azienda del settore agroalimentare produttrice di carne e di bresaola equina. Rigamonti è inoltre un’azienda italiana che nel corso degli ultimi mesi è stata spesso citata in relazione a JBS, multinazionale brasiliana coinvolta in numerosi scandali e che controlla direttamente proprio Rigamonti. E’ chiaro quindi a questo punto come Animal Equality, LNDC – Animal Protection e Il Rifugio degli Asinelli Onlus non possano accettare questa decisione e vedere il proprio nome e quello dei propri influencer associato a questo brand».

In effetti, Nel 2015, JBS è stata accusata dalla polizia federale brasiliana di aver acquistato centinaia di capi di bestiame dalla madre di un presunto accaparratore di terreni descritto come il «più grande deforestatore dell’Amazzonia». JBS dichiarò di aver bloccato quel canale di approvvigionamento di bestiame e ha affermato che l’auditing aveva dimostrato che la società era più del 99% conforme all’impegno preso sulla sostenibilità ambientale e sociale della sua carne preso con Greenpeace Brasil.

il 22 marzo 2017 JBS, nell’ambito dell’operazione “Carne Fria” dell’Instituto Brasileiro de Meio Ambiente e dos Recursos Naturais (Ibama), il più grande produttore di proteine ​​animali al mondo, venne multata per oltre 24 milioni di reais (circa 8 milioni di dollari), per l’acquisto di  49.468 capi di bestiame provenienti da aree disboscate illegalmente. E allora Greenpece Brasil sottolineò che «La pratica è considerata un crimine ambientale ed è in contrasto con il Termo de Ajustamento de Conduta (TAC) da Carne, firmato nel 2009 tra il Ministério Público Federal e 69 imprese, inclusa l’JBS».

L’Ibama mise sotto sequestro due grossi macelli della JBS, Redenção e Santana do Araguaia, nel sud dello Stato del Pará, anche per aver violato il  Compromisso Público da Pecuária na Amazônia del 2009, con il quale si impegnava ad escludere le fattorie coinvolte nella deforestazione, nel lavoro in schiavitù, nell’invasione di terras indígenas e Unidades de Conservação e Greenpece Brasil disse che «le pratiche illegali rilevate da Ibama significano una chiara violazione dei termini dell’impegno». Per questo, considerando le denunce contro JBs estremamente gravi, Greenpeace sospese i negoziati con la multinazionale sull’attuazione del Compromisso Público da Pecuária «fino a quando JBS non potrà dimostrare che la carne venduta è adatta al consumo e libera da deforestazione, lavoro degli schiavi e conflitti con terre indigene e aree protette».

Nel 2018, nello Stato amazzonico del Pará, i pubblici ministeri federali pubblicarono un audit sulla JBS nel quale riscontravano violazioni degli impegni presi dalla multinazionale su quasi il 20% degli acquisti di bestiame del 2016. JBS ha affermato di essere stata ostacolata dalla mancanza di dettagli sui criteri di analisi e dalle discrepanze nelle banche dati delle istituzioni del settore pubblico.

Ma un’indagine  svolta da Reporter BrasilThe Guardian e Bureau of Investigative Journalism nel luglio 2019 ha evidenziato che la compagnia acquistava ancora bestiame nelle zone sotto embargo. La JBS ha respinto le accuse.

In seguito, nel dicembre 2011, una lettera aperta agli investitori firmata da 30 ONG, tra le quali Global Witness, Greenpeace Brasil e Rainforest Action Network, ha accusato JBS di «non verificare l’origine di una parte sconosciuta ma probabilmente significativa dei suoi acquisti in Amazzonia» e di possibili irregolarità finanziarie.

Ma le tre associazioni italiane attaccano direttamente la Rigamonti: «Molti cittadini non sanno che quando parliamo di bresaola non parliamo di un prodotto interamente italiano. La maggior parte della carne utilizzata per la produzione della bresaola e dei prodotti venduti da Rigamonti provengono infatti dal Brasile, dove JBS macella milioni di bovini e, nello specifico, lo zebù, una razza bovina allevata intensivamente proprio in Brasile. Secondo quanto riportato da numerose inchieste giornalistiche e giudiziarie italiane e internazionali, la provenienza di questi bovini brasiliani non viene spesso comunicata in modo trasparente. Molti produttori infatti – compresi quelli che avrebbero venduto capi proprio a JBS – riuscirebbero a nascondere la provenienza reale degli animali macellati e poi esportati all’estero con un sistema che permette di cancellare il collegamento con le aree deforestate dagli incendi che stanno devastando l’Amazzonia per fare spazio proprio a nuovi allevamenti intensivi, distruggendo l’ecosistema e danneggiando animali e popolazioni locali. Animal Equality inoltre è stata una delle organizzazioni internazionali che hanno mostrato con video e inchieste l’impatto del sistema di produzione intensivo sull’Amazzonia tra agosto e ottobre 2019».

Secondo Alice Trombetta, general manager di Animal Equality Italia, «La selezione di un simile sponsor da parte del gruppo RCS è inaccettabile e, onestamente, davvero poco lungimirante. Oltre all’atroce sofferenza inflitta ogni giorno a migliaia di animali nella filiera produttiva Rigamonti, la tragedia ambientale che è la deforestazione dell’Amazzonia – in cui JBS è direttamente coinvolta – non può più essere ignorata né tantomeno negata. Il nostro ritiro dalla Milano Marathon è l’unica presa di posizione possibile, e vuole onorare anche tutti quegli attivisti che in Brasile rischiano la propria vita in prima persona per difendere questo importante patrimonio dell’umanità e tutti gli animali di cui è casa».

Piera Rosati, presidente di LNDC Animal Protection, non nasconde la sua delusione: «Abbiamo lavorato tanto a questo progetto perché ci credevamo fortemente, ma questa scelta del title sponsor è stata proprio una doccia fredda. Ovviamente, appena avuta la notizia, ci siamo ritirati dalla Milano Marathon perché l’attività di qualsiasi azienda produttrice di carne – e quindi causa di sfruttamento, sofferenza e morte di animali – è in netto contrasto con i principi della nostra Associazione e con i valori che faticosamente cerchiamo di diffondere. Il disastro ambientale ed ecologico che viene perpetrato ogni giorno in Amazzonia è chiaramente un altro importante motivo per il quale non possiamo di certo associare il nostro nome a questa Azienda».

Barbara Massa, Europe regional director del Rifugio degli Asinelli, aggiunge: «Aver scelto Rigamonti come main sponsor della Relay Marathon di Milano ci ha lasciato a dir poco perplessi. Il Rifugio degli Asinelli è da sempre impegnato a tutelare il benessere degli equidi, ovunque essi si trovino. Rigamonti annovera tra i suoi prodotti anche bresaola equina, e poiché non abbiamo sufficienti informazioni riguardo alla tutela del benessere degli animali in filiera, non vediamo possibile la nostra partecipazione ad un evento associato a tale azienda. Inoltre, le inchieste giornalistiche e giudiziarie che gravano su JBS, proprietaria di Rigamonti, hanno sollevato più di un dubbio sugli standard etici di tale multinazionale, spingendoci a prendere l’unica posizione possibile in linea con i nostri valori»,

Per tutti questi motivi, le tre ONG hanno deciso di «cancellare pubblicamente la partecipazione alla Marathon, avvertendo i propri runner e concordando anche con gli influencer che avevano aderito questa importante decisione. Nel 2020 – a fronte di un periodo così drammatico e doloroso per gli animali, l’ambiente e l’Amazzonia in particolare – è impossibile accettare questo compromesso e, anzi, Animal Equality, LNDC – Animal Protection e Il Rifugio degli Asinelli Onlus ritengono di avere il dovere di informare i cittadini circa la totale divergenza con la scelta di questo sponsor».

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