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Perchè la detenzione illegale di Patrick Zaky riguarda tutti

Lo studente egiziano dell'Università di Bologna è in carcere in Egitto da inizio febbraio: la prossima udienza è prevista per il 16 giugno.

| Scritto da Redazione
Perchè la detenzione illegale di Patrick Zaky riguarda tutti

09/06/2020 - IL CASO - Patrick George Zaky, 28 anni, a settembre arriva a Bologna per frequentare il master europeo Gemma in Women’s and Gender Studies (Studi di genere e delle donne). È un attivista per i diritti umani e civili, in particolare Lgbti e, per il regime egiziano, un pericoloso criminale. Così, mentre torna in Egitto per trascorrere una breve vacanza con la famiglia e gli amici, il 7 febbraio viene arrestato all’aeroporto del Cairo. Le accuse vanno dall'istigazione alla violenza al terrorismo e sono interamente  basate su post su Facebook da un account che i suoi legali affermano sia falso. Nelle prime 24 ore del suo arresto avrebbe subito torture e minacce.

Da allora sono passati quattro mesi, mesi nei quali si è assistito ad un surreale quanto drammatico susseguirsi di rinvii di 15 giorni motivati dalla pandemia in corso. Come se non bastasse, sono passati tre mesi dall'ultima visita a Patrick da parte della sua famiglia. "L'ultima volta che Patrick si è presentato davanti ad un Pubblico Ministero è stata il 7 marzo, a un mese dal suo arresto, scrivono gli attivisti del gruppo 'Patrick Libero' - il che significa che Patrick è stato in detenzione preventiva senza presentarsi davanti a un pubblico ministero già da quasi tre mesi".

Inoltre è di pochi giorni fa la denuncia di Amnesty International di casi di Coronavirus nel complesso carcerario di Tora, dove Zaky è detenuto.

LE REAZIONI - Fin da subito attivisti e opinione pubblica si sono mobilitati - sia sul web sia attraverso flash mob di protesta - per chiedere la liberazione immediata di Patrick Zaky anche per motivi di salute, dato che l’asma da cui affetto lo rende un soggetto ulteriormente a rischio agli effetti del Coronavirus.

Intanto l’Emilia-Romagna interrompe l’accordo con l’Egitto in materia di educazione e formazione, perché “non ci sono le condizioni per la ratifica”. “In questo momento - spiega Elly Schlein, vicepresidente della Regione - non ravvisiamo le condizioni per ratificare l’accordo, perché non possiamo considerare normali le nostre relazioni col Governo egiziano quando da 52 mesi ancora chiediamo verità e giustizia per Giulio Regeni, senza ottenere risposte, e quando dal 7 febbraio Patrick Zaki, iscritto all’Alma Mater di Bologna, è detenuto in un carcere egiziano fino a data da destinarsi senza avere chiarezza sulle ragioni di questa detenzione e senza notizie sulle sue condizioni psico-fisiche, che ci preoccupano”. 

A livello nazionale invece pare non ci sia la stessa fermezza. È notizia di ieri, infatti, che il Governo italiano abbia autorizzato la vendita di 2 fregate Fremm al regime di al-Sisi. L'Egitto resta dunque il principale acquirente di armi italiane, con un volume di affari da 871 milioni di euro nel 2019, nonostante nel Paese continuino le violazioni dei diritti umani e non ci sia collaborazione nella ricerca della verità sulla morte del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni. 

I CAN’T BREATHE - Ci sono cause che superano i confini nazionali. Le proteste partite dagli Stati Uniti al grido di “Black Lives Matter” e approdate velocemente in molti altri paesi - tra cui l’Italia - lo dimostrano. Cause per le quali indignarsi e manifestare è un dovere civico e morale, cause che non  dovrebbero avere colori o divisioni. La lotta al razzismo è una di queste, così come la difesa dei diritti umani. Ecco perchè il caso di Patrick Zaky non è un affare diplomatico o di “competenza territoriale” ma ci riguarda tutti in quanto esseri umani.

Perchè “I can’t breathe” non è solo il grido di George Floyd, ucciso dalla violenza della polizia il 25 maggio 2020, nella città di Minneapolis. “I can’t breathe” è anche il grido dei migranti che sono morti e continuano a morire nel Mediterraneo, a “casa nostra”. È il grido delle donne uccise ogni giorno per mano di uomini violenti, del nostro ecosistema soffocato dal profitto ad ogni costo, ed è il grido di Patrick Zaky, prigioniero politico del regime di Al-Sisi. “I can’t breathe” è il grido dell’ingiustizia.

 

© In foto il maxi disegno dell'artista Gianluca Costantini dedicato a Patrick Zaky, affisso su palazzo dei Notai in Piazza Maggiore a Bologna.

 

Chiara Peli

 

 

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