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RETE COMO SENZA FRONTIERE: LETTERA APERTA ALLA CITTÀ DI COMO

Como, a cui le Nazioni Unite riconobbero nei decenni passati il ruolo di “Città Messaggera di Pace”, non può e non deve voltarsi dall’altra parte.

| Scritto da Redazione
RETE COMO SENZA FRONTIERE: LETTERA  APERTA  ALLA CITTÀ DI COMO

RETE COMO SENZA FRONTIERE: LETTERA  APERTA  ALLA CITTÀ DI COMO

Nascoste alla nostra città, poco visibili, anche perché il non vedere è tante volte comodo, ci sono persone che, dopo aver attraversato il Mediterraneo, sono giunte in Italia, e vengono poi smistate, da Lampedusa o da altri luoghi di approdo, fino ai confini settentrionali del Paese. Sono arrivate anche nel territorio Comasco, nell’hub costituito dalle Istituzioni nei capannoni della Croce Rossa a Lipomo. Lì si fermano alcuni giorni, poi vengono inviate in altre località e altri centri.

Sabato scorso a Lipomo era presente circa un centinaio di persone; tra cui numerosi minorenni non accompagnati (ovvero senza persone adulte di riferimento). Da tale punto di “raccolta”, le persone migranti vengono smistate (sarebbe il caso di dire: delocalizzate) altrove: per esempio a Trecallo, in una casa sulla via Canturina, gestita da una Cooperativa sociale, ci sono 32 persone.

Pensiamo che la città di Como, la sua società civile, la sua Amministrazione, le sue varie associazioni, con la loro storia di accoglienza, non possono non interrogarsi e non interessarsi di queste persone.

Bisogna ricordare l’impegno generoso per le persone che, giunte a Como, erano state costrette ad accamparsi intorno alla stazione nel 2016? Bisogna ricordare, prima ancora, l’accoglienza verso i libanesi e i kossovari? Come non sottolineare l’impegno della Parrocchia di Rebbio, che continua da anni, e quello di tante associazioni laiche e di altre comunità cattoliche tuttora impegnate?

Gli sbarchi continuano e continueranno, anche in questo periodo, nonostante i criminali accordi che il Governo italiano e l’Unione Europea stipulano con gli Stati della sponda meridionale del Mediterraneo, con l’intenzione di “fermare” le partenze ma con l’unico risultato (certificato da tutte le organizzazioni internazionali) di moltiplicare i soprusi e le

violenze, gli stupri e gli assassini, gli abbandoni nel deserto, la soppressione dei diritti e – non per ultimo – i naufragi in mare.

Chi intraprende questi lunghi e drammatici spostamenti non lo fa per una “rivendicazione di principio” di un diritto, che pure è esplicitamente sancito dalle leggi internazionali, lo fa perché non ha altre possibilità di scampare alle guerre, alle violenze, allo sfruttamento e ai nefasti esiti del cambiamento climatico, spinto dalle scelte sbagliate delle nazioni più ricche e più “sviluppate”, tra cui anche l’Italia. Chi fugge dai luoghi di origine lo fa per cercare pace e lavoro.

Como, la nostra città, ha spazi anche storici di accoglienza: Tavernola, Prestino, la casa di via Volta, altri spazi attualmente non utilizzati; ha anche situazioni di persone senza fissa dimora che aumentano quotidianamente.

Non pensiamo che la città possa risolvere i problemi del mondo in movimento, ma affrontare la realtà e lavorare perché tale drammatica situazione sia il più possibile contenuta è un nostro preciso e inderogabile dovere civile.

Lo afferma la Costituzione della Repubblica italiana nei primi fondamentali articoli. Lo dimostrano le buone pratiche che altre città, anche prossime a Como, hanno adottato.

Si devono mettere a disposizione delle persone in transito (anche proprio di quelle che non intendono fermarsi in Italia) luoghi di accoglienza temporanea e di assistenza; si devono istituire servizi efficienti per tutte le persone (migranti o native) in condizione di fragilità e di pericolo: centri diurni e notturni, di assistenza sanitaria e di sostegno per le pratiche amministrative.

Non ci si può arrendere alla squallida decisione di chi, arroccato nella fortezza più ricca del mondo, nega il benché minimo diritto a tutte le altre persone, escluse e abbandonate al disastro.

È giunto davvero il momento di far sì che la società civile imponga alle istituzioni locali e nazionali un impegno comune per l’accoglienza e per i diritti di tutte queste persone.

Como, a cui le Nazioni Unite riconobbero nei decenni passati il ruolo di “Città Messaggera di Pace”, non può e non deve voltarsi dall’altra parte.

8 agosto 2023

Como senza frontiere

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Ufficio stampa

Partito della Rifondazione Comunista Lombardia

 

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