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8 SETTEMBRE 1943: NELLA COSCIENZA DELLA STORIA di Giorgino Carnevali (Cremona)

Quale significato possono avere oggi la memoria o il ricordo dell’8 settembre? Quale senso ha studiarne la storia a scuola?

| Scritto da Redazione
 8 SETTEMBRE 1943: NELLA COSCIENZA DELLA STORIA di  Giorgino  Carnevali (Cremona)   8 SETTEMBRE 1943: NELLA COSCIENZA DELLA STORIA di  Giorgino  Carnevali (Cremona)

8 SETTEMBRE 1943: NELLA COSCIENZA DELLA STORIA di  Giorgino  Carnevali (Cremona)                                            

Quale significato possono avere oggi la memoria o il ricordo dell’8 settembre? Quale senso ha studiarne la storia a scuola?

È questa una data che appartiene o dovrebbe appartenere al calendario civile degli italiani? La realtà è molto peggio, perché con l’8 settembre, con la fuga ignominiosa del re, della corte e di poche centinaia di alti funzionari e responsabili di governo accade la fine di un mondo, la fine di una classe dirigente, la fine del tentativo durato ottant’anni di costruire uno stato nazionale italiano centralizzato. Insomma la pagina più brutta della guerra italiana e la dimostrazione del degrado morale delle alte gerarchie in vent’anni di dittatura. Cosa accadde allora in alcune parti d’Italia?

Roma ore 12, il Re riceve l’ambasciatore tedesco Rudolf Rahn al quale riafferma la lealtà italiana sostenendo che il maresciallo Pietro Badoglio è “un vecchio onorato soldato alle cui assicurazioni bisogna prestare fede”. Poi conclude: “Dica al Fuhrer che l’Italia non capitolerà mai. E’ legata alla Germania per la vita e per la morte”.

Ore 16,30 il generale Eisenhower annuncia che l’Italia ha firmato l’armistizio.

Alle 19,42 Badoglio legge alla radio questo proclama:

“Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in campo delle forze alleate angloamericane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.

La notizia della firma dell’armistizio provoca il caos in tutto il paese. I tedeschi si impadroniscono delle zone chiave della penisola e si assicurano il controllo delle industrie e delle vie di comunicazione. Quella notizia che apriva la speranza alla pace dopo anni di guerra, portò successivamente alla guerra civile, alla lotta di Liberazione dai nazifascisti che durerà ancora per altri 20 lunghi mesi. Con enormi sofferenze da parte della popolazione civile che pagò a caro prezzo l’occupazione tedesca e dei loro alleati repubblichini. Dopo la lettura del proclama nelle grandi città si ebbero reazioni contrastanti da parte dei Prefetti e dei Comandi militati. Alcune citazioni.

Roma, il capo della polizia Carmine Senise invia una circolare ai prefetti ed ai questori invitandoli a prendere contatto con le autorità tedesche per proteggere le installazioni militari germaniche e di evitare disordini.

Milano, il generale Ruggiero accetta la proposta dei partiti antifascisti di armare una Guardia nazionale in funzione antitedesca.

Torino, il generale Adami Rossi rifiuta la proposta dei partiti antifascisti e dei sindacati di distribuire armi alla popolazione per resistere ai tedeschi.

Roma, durante la notte il generale Giacomo Carboni consegna a Longo e Trombadori 3 autocarri carichi di armi.

«Se l’improvviso tracollo dell’8-9 settembre segnava la profondità del baratro in cui la nazione era precipitata, esso era pure il punto di partenza di quella meravigliosa affermazione delle recondite virtù della nostra gente che si disse la Resistenza» (Pieri, 1964, 4).

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