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Approvato il decreto per il voto degli italiani all'estero

| Scritto da Redazione
Approvato il decreto per il voto degli italiani all'estero

Approvato il decreto per il voto degli italiani all'estero 
È stato approvato all'unanimità il decreto per permettere agli italiani temporaneamente all'estero di votare in occasione delle prossime consultazioni referendarie del 12 e 13 giugno.
Disposizioni urgenti per le commissioni elettorali circondariali e per il voto dei cittadini temporaneamente all'estero in occasione delle consultazioni referendarie che si svolgono nei giorni 12 e 13 giugno 2011 
Gianclaudio Bressa
Signor Presidente, affronterò una questione particolare di questo provvedimento che, del resto, come i colleghi del Partito Democratico hanno già dichiarato, avrà il nostro voto favorevole. È importante, infatti, garantire il diritto di voto anche ai nostri connazionali che sono temporaneamente all'estero per vari motivi: di studio, di lavoro o per missioni internazionali di carattere militare. Non parlerò del contenuto specifico di questo provvedimento ma di una sua questione particolare: quella che, in maniera molto corretta e puntuale, il relatore Calderisi, nella sua relazione, ha fatto presente all'attenzione dell'Aula.
Mi riferisco al comma 11 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame, che disciplina la determinazione dei diritti consolari prevedendone la decorrenza degli effetti a partire dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello di adozione della relativa tabella, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 200 del 1967. Ora, come si desume dalla relazione dell'onorevole Calderisi, recentissimamente, è stato adottato il decreto-legislativo n. 71 del 2011 che ha abrogato il decreto del Presidente della Repubblica n. 200 del 1967, e ha riformato la disciplina dei diritti consolari, che prima era disciplinata dal suddetto decreto, demandando a un provvedimento del Ministro degli affari esteri l'adeguamento degli importi tariffari.
Come si vede, stiamo parlando di una questione assolutamente minore e sostanzialmente irrilevante rispetto al contenuto del decreto-legge e che pertanto ha un significato molto, molto limitato, relativamente agli effetti che lo stesso intende produrre e garantire; c'è, tuttavia, una questione procedurale che non mi pare banale e che credo, a questo punto, meriti un minimo di attenzione da parte dell'Aula.
Il collega Calderisi, nella sua relazione, in maniera molto chiara, ha detto che, nel momento in cui il Governo ha approvato questo decreto-legge in Consiglio dei ministri, il decreto del Presidente della Repubblica n. 200 del 1967 era perfettamente in vigore; così come era perfettamente in vigore quando, nella scorsa settimana, la Commissione affari costituzionali ha affrontato la questione e ha espresso il proprio parere.
Ci troviamo pertanto di fronte a questa situazione: il Governo, al momento dell'approvazione in Consiglio dei ministri, il Senato, quando lo approva, la Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati, nel momento in cui lo esamina, si trovano tutti nella condizione della vigenza di una norma che, pertanto, non era possibile in nessun modo cercare di modificare.
Che cosa è accaduto, però? È accaduto che il decreto legislativo n. 71 del 2011 è entrato in vigore sabato 28 maggio scorso, per cui, oggi, 31 maggio, quell'abrogazione ha prodotto i suoi effetti. A questo punto si pone una questione procedurale molto delicata, e mi permetto di sollevare un'osservazione rispetto alla relazione fatta dal collega Calderisi - che è l'unica cosa che non condivido -, in riferimento a quando lui afferma che «l'attuale testo del comma 11 non determina alcuna incertezza operativa o interpretativa» e dice, inoltre, che non è opportuno e non vale la pena, a suo giudizio, rimandare il provvedimento al Senato per una modifica meramente formale e stilistica.
Vi sono due osservazioni da fare: non è una ragione di opportunità quella che ci spinge a mandare un provvedimento al Senato, ma una ragione che viene determinata dalla libera scelta di quest'Aula di procedere in modo difforme da quanto ha fatto il Senato.
Nel caso particolare non ci troviamo di fronte ad una modifica meramente formale e stilistica, ma a qualche cosa di sostanziale. Tuttavia - ed è questo il motivo per cui vado a conclusione del mio intervento -, sempre nella relazione, il collega Calderisi fa riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 200 del 1967, e cita il testo del decreto, che fa riferimento alle successive modificazioni e sostituzioni. Credo che la chiave di volta sia in questo: nella parola «sostituzioni».
Se quest'Assemblea concordasse che con il termine «sostituzioni» comprendiamo anche l'abrogazione del decreto, ecco che allora il motivo per non rimandarlo al Senato vi è. Quindi, non si tratta di una nostra assunzione - che non è una modifica meramente formale e stilistica -, ma semplicemente un'interpretazione del testo del decreto, attribuendo alla parola «sostituzioni» un significato estensivo capace di comprendere anche il termine abrogazione.
A questo punto e a queste condizioni ci pare che il decreto-legge possa essere approvato e non costituisca motivo di ulteriore rinvio al Senato.
Resto dell'idea, però, che quando vi sarà l'occasione di discutere l'emendamento presentato dal collega Zaccaria - che lo ha presentato non a titolo personale, ma in quanto presidente del Comitato per la legislazione, che ha posto questa condizione - vi sarà un'occasione ulteriore per specificare meglio la volontà di quest'Aula.

fonte PD Nazionale

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