La Cgil, con il segretario confederale Maurizio Landini, si spinge oltre, e come già qualche giorno fa torna a ribadire: è ora di entrare con denaro pubblico, attraverso Cassa depositi e prestiti, nella proprietà del gruppo, in modo che lo Stato possa fare da garanzia. E dire che Cdp era già in una cordata - Accialtalia - bocciata dal governo in favore di Mittal. E adesso che il piano degli indiani è in crisi, Landini si permette una battuta chiudendo a Roma il convegno Fiom sull'auto: dl governo giudica la proposta Mittal irricevibile dopo aver bocciato la cordata a cui partecipava la stessa Cdp. Penso sia l'unico esecutivo al mondo che riesce a perdere quando entra in partita», ironizza. Landini invita il governo a «non fare il gioco delle tre carte»: «Conosceva benissimo - attacca - cosa stava proponendo Mittal visto che la proposta che ci ha girato Am Investco era firmata dai tre Commissari straordinari nominati dall'esecutivo, e cioè licenziamenti e riassunzioni secondo ilJobsAct senza quindi l'articolo 18». Cosi come l'esecutivo sapeva, dice ancora, già prima dell'inizio della trattativa, che i sindacati non avrebbero mai firmato un accordo in quel senso. Il problema, infatti, «non è solo il salario ma tutta la proposta occupazionale complessiva che prevede esuberi inaccettabili», spiega ancora Landini, che ribadisce la necessità di una «presenza pubblica di garanzia» guardando a un possibile ruolo di Cdp. «Quando i governi entrano in campo in Usa, Germania e Francia decidono cosa fare. Sono scelte politiche, di politica industriale, con cui l'intervento pubblico indica condizioni e vincoli». (manifesto, p. 7)