Martedì, 23 aprile 2024 - ore 16.17

Cgil Cresce l’occupazione, ma è debole e povera

Secondo un report realizzato dalla Fondazione Di Vittorio, il recupero rispetto ai livelli raggiunti nel 2008 si deve al balzo in avanti dei contratti a tempo determinato. Aumenta il part time, soprattutto involontario, calano le ore lavorate

| Scritto da Redazione
Cgil Cresce l’occupazione, ma è debole e povera

Nei commenti alle rilevazioni Istat degli ultimi mesi l’attenzione maggiore si è incentrata sul ritorno del numero totale degli occupati al livello del 2008. Sicuramente un recupero significativo, ma di che occupazione si tratta? Secondo il report sull’occupazione del mese di ottobre realizzato dalla Fondazione Di Vittorio, il recupero si deve al balzo in avanti del lavoro dipendente a termine (il tempo determinato raggiunge il numero più alto dal 2004 a oggi, arrivando a 2,8 milioni, con un aumento di quasi un milione rispetto all’anno iniziale).

Non solo. A fronte di una sostanziale parità del tempo indeterminato, si registra un forte calo del lavoro autonomo (che scende ad agosto a quota 5,3 milioni, circa 900 mila in meno rispetto al 2004), mentre cresce il part time, soprattutto involontario, che raggiunge nel suo complesso i 4 milioni e 329 mila occupati (un milione in più rispetto al 2008). Ma il dato forse più interessante che emerge dal report è un altro: a questi numeri complessivi non corrisponde un eguale innalzamento delle ore lavorate (nel secondo trimestre 2017 sono il 5,8% in meno di quelle del 2008, 10,9 contro 11,6 miliardi) e delle unità di lavoro standard, vale a dire gli equivalenti a tempo pieno (il 4,5% in meno, 1,15 milioni di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno in meno nel 2017 rispetto al 2008).

Insomma, al di là della retorica sulla crescita numerica degli occupati, la verità è che in Italia siamo ben lontani dalla piena o anche “massima” occupazione, sia per numero di ore lavorate, sia per unità di lavoro, sia anche – rispetto alla media europea – per tasso di occupazione. “I numeri – commenta Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio – dimostrano come sia profondamente cambiato e peggiorato il mix di occupazione. L’aumento del numero dei precari sommato al part time involontario produce una cifra record di oltre 4,5 milioni di persone che svolgono un’attività che non hanno scelto e che non vorrebbero”.

“Alla crescita degli occupati – osserva Tania Scacchetti, della segreteria confederale Cgil – non corrisponde una crescita analoga dei posti di lavoro standard e delle ore lavorate. Segno che il lavoro che si è generato in questi mesi è più debole, più precario, più povero e quindi non riesce a migliorare significativamente gli indicatori che, nonostante la ripresa del Pil e della crescita, ci tengono lontani dai principali Paesi europei, come Francia, Germania e Regno Unito: tasso di occupazione e indice di disoccupazione”.

Per questo, a giudizio della sindacalista, serve forte discontinuità nelle scelte di politica economica: “La stessa discontinuità – conclude Scacchetti – che noi proponiamo con il Piano del lavoro e con la Carta dei diritti. A questo proposito, ci aspettiamo risposte concrete dal governo in merito alle nostre proposte unitarie su pensioni, lavoro, giovani, sanità e contratti. Consegnare un futuro migliore alle nuove generazioni non può che significare partire dall’investimento sul lavoro di qualità, dalla valorizzazione della contrattazione, da un sistema di welfare e previdenziale solidale e universalistico”.

Fonte rassegna sindacale

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