Venerdì, 29 marzo 2024 - ore 11.02

Coldiretti Caldo, addio al 30% del miele lombardo Gli apicoltori cremonesi: danni agli alveari

“Per la nostra apicoltura è un anno da dimenticare. Abbiamo chiesto lo stato di calamità. Già tra maggio e giugno abbiamo evidenziato un pesante calo nella produzione di miele, unito a preoccupanti danni sulla salute e lo sviluppo delle famiglie di api. Per mieli come acacia e tarassaco potevamo parlare di una riduzione di produzione della metà.

| Scritto da Redazione
Coldiretti Caldo, addio al 30% del miele lombardo Gli apicoltori cremonesi: danni agli alveari Coldiretti Caldo, addio al 30% del miele lombardo Gli apicoltori cremonesi: danni agli alveari Coldiretti Caldo, addio al 30% del miele lombardo Gli apicoltori cremonesi: danni agli alveari

Ancora più alta, direi -70%, la perdita per il tiglio. Ora si aggiunge l’azzeramento della produzione di millefiori. Non si è perso solo il miele, quella che è venuta meno è anche la capacità produttiva delle api. Abbiamo stimato un danno nello sviluppo delle famiglie quantificabile in almeno 100 euro ad alveare. Il dato è che, a causa del clima, altalenante in primavera e poi caldissimo adesso, le ‘famiglie’ di api si sono rovinate, non sono più in grado di produrre la quantità di miele di una stagione normale”. A parlare è Esterina Mariotti, presidente dell’Associazione Produttori Apistici di Cremona, realtà che in provincia di Cremona raccoglie 160 soci e un patrimonio di  migliaia di alveari.

Descrive così l’anno degli “alveari bollenti”, in cui  si è detto addio al 30% del miele lombardo, secondo il monitoraggio della Coldiretti regionale sulle conseguenze dell’ondata di caldo torrido che sta investendo l’Italia da nord a sud

Per Cremona, terra dove il miele è anche ingrediente essenziale del celeberrimo torrone, la contrazione nella produzione raggiunge una percentuale ancora più significativa: intorno a -50%.

“Il territorio cremonese è di per sé particolarmente difficile per l’apicoltura:  le coltivazioni mellifere sono ridotte. Per cui è da sempre molto forte il nostro impegno a difesa dell’apicoltura, che è fondamentale per il nostro ambiente” prosegue Esterina Mariotti, che con l’Associazione provinciale assicura agli apicoltori supporto e assistenza tecnica.

Nel complesso la Lombardia conta 5.088 apicoltori, che gestiscono oltre 143mila alveari, per una popolazione stimata di oltre 4 miliardi di api. E se la media regionale è di 28 alveari per allevatore, a Pavia la media sale a 53 mentre a Monza Brianza scende fino a 16. Il record di provincia più apicola per numero di alveari spetta a Varese con 21.026 “case del miele”, mentre il primo posto per numero di “pastori delle api” spetta a Brescia con 981 operatori. In provincia di Cremona operano 212 apicoltori, con un patrimonio di 5.118 alveari.

“Dopo le gelate di primavera, adesso oltre 5mila apicoltori dei nostri territori devono fare fronte a temperature africane che, soprattutto in pianura, stanno facendo seccare i fiori spontanei togliendo risorse e nutrimento alle api. A fine stagione in Lombardia rischiamo di avere 500 tonnellate in meno di miele e di prodotti dell’alveare rispetto alle 1.700 tonnellate delle annate normali” spiega Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti regionale.

"In trent'anni di lavoro ne ho viste di estati calde e secche, ma come questa mai - racconta Stefano Andreazza, apicoltore di Parabiago (Milano) -. Abbiamo già perso circa la metà del raccolto del millefiori estivo e adesso la situazione è drammatica: con questo secco i prati sono bruciati, non ci sono fiori e le api non riescono a trovare il nutrimento, soprattutto nelle zone di pianura. Senza le giuste scorte di cibo si indeboliscono, le covate rallentano o si bloccano e quando arriverà l'inverno molte api saranno così debilitate che non riusciranno a sopravvivere".

“Dopo il freddo di inizio stagione è arrivato il caldo torrido a dare il colpo di grazia - spiega Irvano Fortini, apicoltore di Arzago D’Adda (Bergamo) con 800 alveari -. Le alte temperature e la scarsità di precipitazioni  nelle zone di pianura hanno compromesso la produzione di miele, in particolare di acacia e millefiori. Siamo riusciti a recuperare qualcosa con le fioriture di castagno, rododendro e tiglio in montagna dove il caldo si è sentito meno”.  

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