Lunedì, 29 aprile 2024 - ore 04.35

(CR) Pianeta Migranti. I nuovi Cpr non sono la cura ma la malattia

Una tassa di 5mila euro per chi non vuole essere recluso. Queste le decisioni del Consiglio dei ministri

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. I nuovi Cpr non sono la cura ma la malattia

(CR) Pianeta Migranti. I nuovi Cpr non sono la cura ma la malattia

Un Centro per il rimpatrio-Cpr per ogni regione affidati alla Difesa, estensione del trattenimento fino a 18 mesi e poi i rimpatri. Una tassa di 5mila euro per chi non vuole essere recluso. Queste le decisioni del Consiglio dei ministri. 

 “Basta avere paura dei problemi che ci sottopone il Mediterraneo! Per l’Unione europea e per tutti noi ne va della nostra sopravvivenza. Siamo a un bivio di civiltà tra fraternità e indifferenza!” Sono le parole di papa Francesco a conclusione degli incontri Mediterranei di Marsiglia.

Il nostro paese purtroppo, non sta scegliendo la civiltà ma la repressione e la militarizzazione del problema migranti. Infatti, arrivare irregolarmente in Italia può determinare una condanna a 18 mesi di reclusione nei Cpr, ossia a una privazione della libertà personale senza aver compiuto alcun reato, se non la violazione dell'odioso discrimine sul diritto di ingresso.

Il decreto Cutro prevede anche una cauzione di 5mila euro per i migranti che vengono da paesi sicuri, se vogliono evitare di essere reclusi nei Cpr. Possiamo definirla la tassa per la libertà, il riscatto degli schiavi. Come possono disporre di questa cifra persone già taglieggiate da passeur e trafficanti? Che vengono da viaggi drammatici a rischio di vita? Una richiesta disumana e scandalosa a dir poco!

Per il governo i Cpr servono per trattenere i flussi dei migranti disincentivandone l’arrivo. Il guaio è che i Cpr non hanno mai funzionato e sono i luoghi della crudeltà, della disperazione e dei suicidi, come accertato dalle visite effettuate nel corso degli anni 2019 e 2020 dal garante nazionale delle persone private della libertà personale. Involucri vuoti: il rapporto del Garante sui Centri di Permanenza per il Rimpatrio ⁄ Open Migration

Il governo punta sui rimpatri. Ma questi sono possibili solo se il Paese di origine del migrante ne riconosce la nazionalità, e molti Paesi non lo consentono. Inoltre, il rimpatrio comporta dei costi elevati. I  dati dicono che in 10 anni l’Italia non è riuscita a rimpatriare neanche un migrante su 5.

I dati della Fondazione Moressa smentiscono la narrazione di Meloni secondo cui più Cpr e più detenzione aiutano a risolvere il problema.

Non c’è dunque niente di "nuovo" nei provvedimenti repressivi e liberticidi di questa destra di governo che ripropone le solite disumane e fallimentari politiche di chiusura e abbandono dei naufraghi. La situazione non cambierà. Ci sarà solo più cattiveria.

Dopo aver smantellato tutte le misure volte ad accogliere, col pretesto che consentivano il business ai gestori dell’ accoglienza, ora il governo non esita a investire risorse nei Cpr (che sono costosi) e non tiene in conto che la loro gestione sta nelle mani di grandi multinazionali che lucrano perfino sul cibo e sui servizi essenziali. Cpr, affare delle multinazionali: in 3 anni bandi di gara per €56 mln (lavialibera.it)

Vien pure da pensare che l’attuale enfasi data all’emergenza migranti sia funzionale a giustificare le misure repressive poiché nel 2015 e sono arrivate155mila persone e nel 2016 180mila e non si  è vista la messa in scena mediatica di questi giorni! Va tenuto presente poi che solo una minoranza di loro si ferma nel nostro Paese: del milione di migranti arrivati in 10 anni solo 50mila si sono fermati in Italia.

Da vari ambiti politici, istituzionali e associativi si stanno levando forti critiche sulla scelte fatte dal governo. Secondo la campagna Ero straniero (che riunisce varie decine di associazioni) i Cpr e la repressione hanno prodotto solo iniquità. Serve invece affrontare la realtà, mettere da parte la propaganda e avere il coraggio di fare scelte a lungo termine. L’irregolarità si contrasta cambiando la legge Bossi-Fini, che da vent’anni regola l’ingresso in Italia. Occorrono canali di ingresso più flessibili, accessibili ai lavoratori dei paesi terzi e coerenti con le esigenze del nostro mondo produttivo. Occorre mettere in regola le persone già presenti in Italia se hanno la disponibilità di un lavoro, con un meccanismo su base individuale, senza ricorrere a nuove sanatorie e dando loro la possibilità di rientrare nella legalità.

 

 

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