Martedì, 16 aprile 2024 - ore 20.35

Cremona Referendum Giustizia 12 giugno APPELLO PER 5 NO

Appello proposto da Comitato per il No ai Referendum sulla giustizia di Cremona

| Scritto da Redazione
Cremona Referendum Giustizia 12 giugno   APPELLO PER 5 NO Cremona Referendum Giustizia 12 giugno   APPELLO PER 5 NO

Cremona Comitato per il No ai Referendum sulla giustizia

Anche a Cremona per iniziativa del Coordinamento Democrazia Costituzionale si è costituito il "Comitato per il NO ai referendum sulla giustizia" previsti per il prossimo 12 giugno. Il Comitato cremonese aderisce al Comitato nazionale presieduto da Domenico Gallo  ed è formato da oltre 50 figure rappresentative di realtà culturali, sociali, amministrative e politiche del territorio provinciale. Ecco i nomi: Annamaria Abbate, Michele Arisi, Fabrizio Aroldi, Carla Bellani, Lorenzo Bellini, Francesca Berardi, Fulvio Beretta, Gianfranco Berneri, Duilio Bianchi, Paolo Bodini, Massimo Bondioli, Maria Grazia Bonfante, Daniela Borini, Juri Brocchieri, Dennis Buttarelli, Luciano Cesini, Roberto Cigala, Giancarlo Corada, Ezio Corradi, Amilcare Dondè, Cosetta Erinaldi, Gaetano Federico, Mauro Ferrari, Barbara Gamba, Sante Gerelli, Francesco Ghelfi, Gianni Grazioli, Anna Grimaldi, Paolo Losco, Mario Mangiarotti, Michel Marchi, Daniela Negri, Mara Parmigiani, Maria Luisa Paroni, Pierluigi Pasotto, Cristian Pavanello, Bruna Petrini, Marco Pezzoni, Annamaria Piccinelli, Francesca Pontiggia, Stefano Prandini, Dina Rosa, Gigi Rossetti, Laura Rossi, Paola Ruggeri, Paolo Segalla, Daniele Serina, Paola Tacchini, Serenella Taraschi, Cesare Vacchelli, Guido Vaudetto, Kramer Zanella.  

                                           APPELLO PER IL NO

L’appello a votare No riguarda tutti e 5 i quesiti, proposti dalla Lega e dai Radicali, perché anziché migliorare i diritti dei cittadini e le domande di giustizia, esprimono una profonda diffidenza nei confronti del lavoro dei magistrati e del controllo della legalità.  Questi referendum, a nostro avviso, hanno l’obiettivo di    indebolire l’autonomia della magistratura e aumentare l’autoprotezione di tipo discrezionale che la cattiva politica ha perseguito e persegue per se stessa, dai tempi di Mani Pulite a Silvio Berlusconi, da Silvio Berlusconi a oggi.

La buona politica dovrebbe avere l’onestà di ammettere che chi cerca giustizia non la troverà in questi referendum, a maggior ragione se prevarranno i Sì . I promotori del Sì, in gran parte presenti in maggioranza nell’attuale Parlamento e nell’attuale Governo, hanno l’aggravante di avere continuato a perseguire la celebrazione di questi Referendum senza preoccuparsi del lavoro che su tre degli stessi temi sta svolgendo proprio il Parlamento. Basti pensare che a soli pochi giorni dal 12 giugno tre di questi quesiti riguardanti la separazione delle carriere dei magistrati, la composizione dei Consigli giudiziari, l’elezione del CSM troveranno al voto finale del Senato una diversa soluzione nella riforma dell’ordinamento giudiziario promossa dalla ministra Cartabia.  Dunque, se approvati, tre dei cinque referendum vivrebbero solo pochi giorni a meno che non vengano utilizzati per far saltare la riforma Cartabia e continuare per fini elettorali a scaricare i problemi nati dalla irrisolta conflittualità tra fazioni ultragarantiste e fazioni giustizialiste sui cittadini italiani la cui maggioranza, se ben informata, non si schiererebbe né con gli uni né con gli altri.

Il punto politicamente più rilevante è proprio questo: perché i promotori dei 5 referendum abbiano puntato a rendere più acuto nel Paese lo scontro su temi legati al rapporto tra politica e giustizia, anziché risolverlo in Parlamento. La risposta sta nei quesiti referendari stessi e nelle leggi o parti di leggi che si vorrebbero abrogare: tutti finalizzati a colpire la magistratura e a indebolirla, ad allentare le misure cautelari a danno dei cittadini più deboli, nessun reale risultato a favore del giusto processo.

I sostenitori del No ai 5 referendum sono interessati ad una autentica riforma della giustizia che sia nell’interesse dei cittadini e ritengono che compito della buona politica sia quella di fare riforme adeguate e condivise che migliorino e non stravolgano le norme esistenti e i delicati equilibri tra avvocatura e magistratura, ben sapendo che i magistrati non sono infallibili, che le correnti in magistratura avrebbero dovuto almeno autoriformarsi, che la “questione morale” non riguarda solo il cattivo e corrotto comportamento della politica ma riguarda tutti.

E tuttavia questi referendum potevano essere evitati accelerando sulla riforma Cartabia, anche questa da migliorare, e trovando in Parlamento soluzioni e sintesi più avanzate tra i sostenitori del Sì e i sostenitori del No. Si è preferito invece un percorso parallelo in Parlamento e nel Paese per sviluppare una campagna vendicativa nei confronti di una magistratura ritenuta troppo invadente e troppo potente, minandone la credibilità nell’opinione pubblica e intanto colpendone l’autonomia e la capacità di maturare professionalità complete grazie alla possibilità di passare da una carriera ad un’altra: da quella di Pubblico Ministero a Giudice e viceversa.   

Vediamo anche tecnicamente i 5 referendum abrogativi quali conseguenze possono avere, se approvati, e se saltasse la Riforma della giustizia in via di approvazione in Parlamento : 

ll quesito sulle modalità di presentazione delle candidature dei magistrati per le elezioni del Csm non risolve il problema delle correnti ma potrebbe favorirne la proliferazione con la nascita di nuove aggregazioni per conquistare voti.  Il quesito sulla partecipazione dei membri laici alla redazione delle "pagelle" dei magistrati promuove non tanto la rivalsa degli avvocati che diventano titolari di queste valutazioni quanto il rischio che queste valutazioni siano utilizzate per condizionare le sentenze dei magistrati. Entrambi questi quesiti sono comunque del tutto irrilevanti ai fini di un migliore funzionamento della giustizia per i cittadini. Il quesito sulla divisione delle carriere tra Pubblici ministeri e giudici avrebbe l'unico effetto di allontanare il Pubblico Ministero dalla cultura della giurisdizione, schiacciandolo su un'attività di polizia. Non a caso è un antico cavallo di battaglia della destra berlusconiana. Il quesito sulla custodia cautelare è riferito a tutte le misure sia coercitive che interdittive e quindi è ingannevole. Esclusi i delitti di mafia e quelli commessi con l'uso delle armi, l'effetto sarebbe quello di impedire la custodia cautelare non solo per chi ha commesso reati gravi, ma anche l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge violento o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona vittima di atti persecutori. Infine il quesito sull'abrogazione della legge Severino è particolarmente odioso perché abroga l'intera disciplina riguardante la decadenza e l'incandidabilità degli eletti condannati con sentenza definitiva a una pena superiore a due anni. In forza di questa legge, Silvio Berlusconi nel 2013 perse la carica di senatore dopo la condanna a 4 anni per frode fiscale.

ll Comitato per il No è ben consapevole che per la democrazia è fondamentale l’equilibrio e la distinzione tra i poteri dello Stato, nessuno deve prevaricare sull’altro. Questo è lo spirito repubblicano della nostra Costituzione. Siamo consapevoli che in democrazia è fondamentale il corretto esercizio della giurisdizione che dovrebbe fondarsi sul pieno rispetto dei ruoli tra avvocatura e magistratura e sulla fiducia reciproca riguardo all’esito del processo . Grande conquista della nostra civiltà giuridica è la garanzia per tutti i cittadini che il processo sia giusto. Il modello del giusto processo accusatorio si basa sull’equilibrio dei poteri delle parti e sul confronto nel contradditorio delle diverse ricostruzioni .

In un tempo di crescenti inimicizie e faziosità la buona politica è chiamata a non fomentare divisioni, a non scadere nelle opposte tifoserie tribali. Per questo comprendiamo quei cittadini che consapevolmente il 12 giugno non andranno a votare per i referendum nella sacrosanta richiesta che lo Stato italiano sia finalmente capace di riformarsi  e che Parlamento e Governo svolgano quel ruolo legislativo per il quale sono stati eletti. Al nostro Comitato spetta il compito di sottolineare la negatività di questi 5 referendum e informare i cittadini che intendono bocciarli che possono legittimamente avvalersi sia dell’espressione di voto, recandosi ai seggi per votare No, sia astenendosi dal voto non contribuendo così al raggiungimento del quorum: possibilità insita nella stessa logica costituzionale dell’istituto referendario che fa del quorum partecipativo criterio decisivo e validante.  Così come, guardando oltre le logiche divisive e regressive innescate da questi referendum, apprezziamo tutte quelle forze che si impegnano per il giusto processo e, proprio per questo, vogliono impedire che sia colpita l'autonomia dell'amministrazione della giustizia e quindi l'uguaglianza e i diritti delle persone. Il 12 giugno non permettiamo alla nostra democrazia di fare passi indietro, dunque impegniamoci  perché questi referendum siano respinti.   

Cremona 10 giugno 2022 

 

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