Giovedì, 28 marzo 2024 - ore 23.58

Impariamo dai popoli magrebini di L.Garofalo

| Scritto da Redazione
Impariamo dai popoli magrebini di L.Garofalo

La lezione dei popoli magrebini
Un fuoco rivoluzionario di vastissime proporzioni arde su tutto il fronte
nordafricano, in pratica sulla sponda meridionale del Mediterraneo, a pochi
chilometri dalle coste italiane. La fiamma è inizialmente divampata in
Algeria, appiccando un incendio che ha contagiato facilmente le altre
nazioni magrebine come Tunisia, Marocco, Egitto, nonché parte della penisola
arabica, Arabia Saudita, Bahrein, Mauritania, Sudan, Yemen, Giordania,
Libano, Siria ed altri Stati che non sono esposti all'attenzione dei
mass-media.

In questi giorni l'incendio sta infiammando la Libia del colonnello
Gheddafi. Il quale, grazie anche alla complicità criminale del governo
Berlusconi e alle armi di fabbricazione italiana, sta massacrando il suo
popolo che rivendica maggiori diritti, libertà e un effettivo rinnovamento
democratico della società e della politica. E' il caso di ricordare che
l'Italia è il principale fornitore europeo di armi al regime di Gheddafi e
il terzo Paese esportatore di armamenti bellici nel mondo, dopo Usa e Gran
Bretagna.

Per comprendere la portata degli avvenimenti rivoluzionari di queste
settimane non serve la banale spiegazione che suggerisce l'immagine di un
"effetto domino", come molti analisti politici teorizzarono per descrivere
il crollo dei regimi dell'Est Europeo a partire dall'abbattimento del Muro
di Berlino alla fine degli anni '80, né la tesi di un "terremoto" politico
su ampia scala, come sostengono diversi osservatori odierni, bensì occorre
ipotizzare un accumularsi di energie come quello precedente al verificarsi
di un evento tellurico, ossia un accumulo di tensioni e di contraddizioni
sociali nel quadro di un movimento complessivo paragonabile ad un'espansione
tettonica rivoluzionaria.

La tesi complottista secondo cui dietro le rivolte dei popoli arabi si
anniderebbero dei "burattinai occulti" che farebbero capo alla solita CIA o
al Mossad, cioè i servizi segreti israeliani, è semplicemente ridicola, è
una favola, una comoda mistificazione e una riduzione schematica e
semplicistica della realtà, che invece è molto più complicata.

L'ondata rivoluzionaria non accenna ad arrestarsi, anzi. Il vento infuocato
della rivolta popolare rischia di soffiare ancora e spingersi rapidamente
verso il vicino Oriente, investendo l'intera area mediorientale e il Golfo
Persico, dove sono in gioco gli interessi economici, strategici e politici
più importanti e vitali per l'imperialismo internazionale.

Il significato e gli effetti di queste rivolte trascendono i confini
politici nazionali. Siamo di fronte all'inizio di una crisi rivoluzionaria
di dimensioni epocali che potrebbe innescare un processo di rottura dei
rapporti di forza economici e geo-politici internazionali. Non a caso, gli
imperialisti di tutto il mondo temono che altri moti rivoluzionari possano
avere luogo in Paesi il cui ruolo è fondamentale come, ad esempio, la
Turchia, un prezioso alleato storico della Nato, oppure nei suddetti Stati
del Golfo Persico, ricchi di riserve petrolifere indispensabili all'economia
capitalistica mondiale.

Le lotte rivoluzionarie del proletariato arabo, in gran parte formato da
giovani al di sotto dei 30 anni trascinati da un sincero entusiasmo
rivoluzionario, stanno impartendo insegnamenti utili alla fiacca e
imborghesita sinistra europea, mostrando al mondo che solo le masse popolari
compatte e decise nella lotta rivoluzionaria possono porre termine ad una
crisi capitalistica che s'inasprisce sempre più. Le rivolte di piazza nei
Paesi magrebini dimostrano che nessun regime politico è invincibile, che le
masse proletarie possono rovesciare ogni governo, per quanto dispotico e
sanguinario esso sia, che l'appoggio fornito dal sistema imperialista
mondiale non basta a mantenerli in vita.

Non c'è dubbio che un ruolo determinante per l'esito definitivo e vittorioso
di queste rivoluzioni sia svolto dall'esercito, ma pure in altri momenti
storici è accaduto che la diserzione dei militari abbia rappresentato un
fattore risolutivo per le sorti di una  rivoluzione: si pensi ai soldati e
agli ufficiali dell'esercito zarista che scelsero la solidarietà di classe
contro i cosiddetti "interessi nazionali", ponendosi al fianco
dell'insurrezione bolscevica in Russia e agevolando la vittoria finale dei
Soviet nel 1917.

Venendo alla politica estera italiana, non si può non esecrare con fermezza
la posizione, assolutamente inaccettabile e scandalosa, a favore del rais
libico mantenuta finora dal governo Berlusconi che si ostina a difendere,
nei fatti, il regime di Gheddafi. Coloro che oggi proclamano (a parole) di
schierarsi con i popoli arabi che "lottano per la democrazia", fino ad ieri
solidarizzavano e facevano affari con i regimi autocratici di quella regione
e peroravano la "nobile causa" della "esportazione della democrazia"
attraverso la guerra, un disegno strategico funzionale all'imperialismo
nordamericano.

E naturalmente continueranno a solidarizzare e a siglare affari d'oro anche
con i futuri despoti e tiranni. Infatti, le cancellerie politiche
occidentali auspicano la classica soluzione di stampo gattopardesco, vale a
dire una prospettiva di medio o lungo termine che consenta di cambiare tutto
affinché nulla cambi e tutto rimanga come prima.

Lucio Garofalo

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