I governi, i mezzi di comunicazione, gli analisti forniscono versioni diverse che – volutamente o no – alimentano la confusione sulla natura e gli interessi di questo conflitto. In questo mare di informazioni caotiche, mito e realtà si confondono. Anche teorie che non si basano su alcun fatto concreto sono riprese sui social network e influenzano profondamente la comprensione dell’opinione pubblica.
Ecco quattro stereotipi sulla guerra siriana duri a morire.
La guerra in Siria è una guerra di religione
Una guerra di religione è una guerra che contrappone i sostenitori di religioni diverse. Ma anche se l’aspetto confessionale del conflitto siriano non può essere ignorato, non si può parlare di una guerra di religione. La tesi di un semplice scontro tra la maggioranza sunnita, che rappresenta più del 72 per cento della popolazione siriana, e la minoranza dirigente alawita, ramo della religione sciita, non ha alcun fondamento concreto.
Sulla scia delle primavere arabe, la rivolta contro il regime al potere, considerato repressivo e corrotto, è cominciata nel 2011. Alle manifestazioni di protesta hanno partecipato tutte le comunità. Anche i cristiani, spesso presentati come un blocco unitario favorevole al regime, hanno partecipato a queste manifestazioni. A Daraya, città della periferia sud di Damasco per lo più sunnita, dove viveva una comunità cristiana, le prime proteste pacifiche sono state fatte al suono delle campane delle chiese. Alcune personalità provenienti dalla comunità assira hanno subìto la repressione del regime, come Gabriel Mouchi Kouriyed, arrestato a Qamishli il 19 dicembre 2013 e poi condannato per “contatti con personalità dell’opposizione esterna”.