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LA PRIMAVERA TUNISINA.| Claudio Ser

| Scritto da Redazione
LA PRIMAVERA TUNISINA.| Claudio Ser

15 gennaio 2011: la Tunisia si svegliò liberata dall’autocrazia di Ben Ali fuggito in Arabia saudita, travolto dall’onda protestataria scatenata il 17 dicembre dal suicidio di Mohamed Bouazizi.
Meno di un mese per far sgretolare un regime che sembrava incrollabile e produrre quell’effetto-domino destinato a cambiare lo scenario del Medio Oriente arabo musulmano.
Protagonista fu allora una piazza disordinata e priva di strategia politica, ma forte della sua determinatezza, rappresentatività e obiettivi di fondo: pane e libertà, lavoro e democrazia.

L'ANNIVERSARIO DELLA RIVOLTA. 15 gennaio 2014: la Tunisia sta vivendo in quest’anniversario la decisiva svolta politico-istituzionale-operativa destinata a concludere una transizione post-rivoluzionaria, passata attraverso quattro governi, un’elezione generale, due delitti politici e tanta sofferenza sociale.
La piazza resta protagonista, ma non più solo a livello di mobilitazione popolare di base, ma anche in termini di azione strutturata da parte della società civile.

LA MEDIAZIONE DEL «QUARTETTO». In particolare sono quattro le sue espressioni più significative - sindacato, Confindustria, Organizzazione degli avvocati e Lega dei diritti umani - che hanno progressivamente assunto il ruolo di pilota e garante di questa svolta. Ed è stato questo «Quartetto», come viene chiamato, a tenere la briglia sul collo dei partiti politici e a condurli a maturare un’accettabile mediazione tra le contrapposte spinte islamiche da un lato e laiciste dall’altro sul quale il Paese sembrava orientato a polarizzarsi.
Una logica di Dialogo nazionale e un’agenda imperniata su pochi, fondamentali snodi, hanno costituito il viatico dell’intera operazione. Che in concomitanza con l’anniversario del 14 gennaio sta offrendo al Paese confortanti segnali finalmente conclusivi.
Fine della Troika di governo guidata da Ennahda .
Il primo segnale è dato dalla fine della coalizione di governo (la cosiddetta Troika) guidata dal partito islamico Ennahda nettamente vittorioso, si ricorderà, nelle elezioni d'ottobre 2011.
Si è trattato di un esito cui Ennahda ha cercato di sottrarsi ma che si è imposto, di certo per il contesto di criticità che le dimissioni della sua precedente coalizione presieduta da Jebali non avevano contribuito ad alleviare, anzi. Ma anche per il convincimento che fosse preferibile prepararsi alle prossime, decisive elezioni senza il fardello di responsabilità governative e con un nuovo premier che, seppure tecnocrate di consenso nazionale e diverso dal suo candidato ufficiale, è in qualche modo vicino a Ennahda avendo svolto l’incarico di ministro dell’Industria nel governo dimissionario.

PERFEZIONATA LA COSTITUZIONE. Il secondo segnale è costituito dall’accelerazione impressa al perfezionamento del testo costituzionale giunto ormai in dirittura finale e soprattutto dalle mediazioni più significative che si stanno producendo tra i costituenti.
Tra queste merita una particolare sottolineatura il riconoscimento della «parità» tra uomo e donna di fronte alla legge e in ogni ambito istituzionale, assieme alla scomparsa della «sharia» come fonte normativa.
Ciò rappresenta un fatto inedito nell’esperienza costituzionale del mondo arabo, stigmatizzato con virulenza come un vero e proprio «tradimento» di Ennahda - già reo di aver consentito la messa fuori legge del gruppo salafita Ansar al-Sharia - da parte di numerose istanze islamiche alle quali non è bastata la conferma dell’Islam come religione del Paese e della sua identità arabo-islamica
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VERSO LE LIBERE ELEZIONI.
Significativi inoltre la scuola dell’obbligo fino a 16 anni e la priorità assegnata alla lingua araba; il riconoscimento di una serie di diritti delle forze di opposizione in sede parlamentare e il ricercato equilibrio tra i poteri dello Stato.
In questi giorni si è conclusa anche la creazione dell’Isie, l’istituzione indipendente chiamata a organizzare e gestire le prossime elezioni, costituita da nove membri selezionati da una rosa di ben 360 candidati.
Insomma un quadro ben diverso da quello posto a referendum in Egitto.
Prima del voto, atteso l'esecutivo di Jomaa.

Infine, è atteso il varo del nuovo governo di «competenze indipendenti» di Mehdi Jomaa, il premier cui spetta il compito di amministrare il Paese fino alle prossime elezioni (previste entro fine 2014).
Troppo poco tempo per ipotizzare una sua azione incisiva, ma sufficiente per dare alla Tunisia la prospettiva di un assetto e di un orizzonte di ritrovata 'normalità' post-rivoluzionaria. Nel cui ambito creare almeno le premesse per l’avvio di un processo di recupero del volano della crescita economica capace di contrastare due grandi patologie del Paese: la pesante deriva sociale che sta trascinando, soprattutto nella sua componente giovanile, verso soglie critiche di disagio e di insofferenza, e la piaga dell’estremismo salafita e qaedista che vi trova fertile brodo di cultura.

SERVONO SICUREZZA E SVILUPPO.

Da qui le parole d’ordine dello sviluppo e della sicurezza indicate dal neopremier quali ingredienti fondamentali nell'iter di preparazione del Paese alle prossime, decisive elezioni generali dove né lui né i membri del suo gabinetto possono partecipare.
Per questo è atteso il suo impegno al recupero della stabilità e dunque della fiducia da parte dei mercati e dei potenziali investitori, a cominciare da un’Europa ancora troppo timida, da un Fondo monetario internazionale che continua a subordinare il suo sostegno all’adozione di misure socialmente devastanti e dalle agenzie di rating che con il loro giudizio hanno solo contribuito a ostacolare il credito verso la Tunisia. Favorendo l’abbraccio delle monarchie del Golfo.

ATTESA LA NUOVA SVOLTA. Con il terzo anniversario della Rivoluzione della dignità si apre dunque per questo Paese una prospettiva di svolta promettente anche se ancora gravata da pesanti fattori di criticità.
Decisiva, assieme all’azione del governo, la disponibilità delle principali forze politiche tunisine a uscire, come sembrano disposte a fare ora con il viatico della società civile, dal labirinto ideologico-settario nel quale si sono andate confrontando per oltre due anni. Senza la ferula delle forze armate come in Egitto e anzi con il conforto emblematico di 320 giovani dell’Associazione «La mia voce» dichiaratisi disponibili a offrire gratuitamente le proprie competenze al nuovo governo.

Fonte: https://www.facebook.com/claudio.ser.5?fref=ts

2014-01-16

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