Lunedì, 06 maggio 2024 - ore 13.09

Lombardia e Piemonte vogliono lo Sputnik V. Cosa sappiamo del vaccino russo?

Lombardia e Piemonte vogliono il vaccino russo Sputnik V, ma l’arrivo in Italia del nuovo strumento anti-COVID è ancora molto lontano.

| Scritto da Redazione
Lombardia e Piemonte vogliono lo Sputnik V. Cosa sappiamo del vaccino russo?

La vicepresidente della Regione Lombardia e assessore al Welfare Letizia Moratti ha chiesto ieri al Commissario straordinario per l’emergenza COVID-19 Domenico Arcuri di valutare la possibilità di utilizzare il vaccino prodotto dalla Russia, lo Sputnik V, anche se ogni decisione legata ai vaccini a livello europeo non dipende in alcun modo dal commissario Arcuri ma dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), e lo stesso ha in programma di fare il Piemonte.

È l’assessore all’internazionalizzazione Maurizio Marrone della Regione Piemonte, in quota Fratelli d’Italia, a farsi portatore di questa richiesta, dicendosi anche pronto a muoversi in modo autonomo: “La Germania di Angela Merkel si è già mossa e la Russia ha annunciato che metterà a disposizione 100 milioni di dosi per 50 milioni di vaccinazioni. Se non facciamo in fretta, l’Italia rischia di perdere questa opportunità di velocizzare il piano vaccinazioni dopo i rallentamenti degli scorsi giorni“.

Lo studio sta coinvolgendo 25 ospedali e policlinici di Mosca e si sta svolgendo, al contrario di quelli di altri vaccino già messi in commercio, con un rapporto tra soggetti vaccinati e soggetti che hanno ricevuto un farmaco placebo di 3:1. All’avvio della sperimentazione erano 21.977 i soggetti arruolati: 16.501 di loro, scelti in modo causale, hanno ricevuto le due dosi del vaccino Sputnik V, mentre gli altri 5.476 hanno ricevuto le iniezioni fittizie.

Il vaccino Sputnik V è composto da due diverse componenti di vettori adenovirali umani, rAd26-S (prima dose) e rAd5-S (seconda dose), modificate per esprimere la proteina spike della SARS-CoV-2 e indeboliti così da non replicarsi nelle cellule umane e da non provocare malattie. La seconda dose deve essere somministrata a 21 giorni dalla prima dose.

I primi dati pubblicati da The Lancet rivelano che 21 giorni dopo aver ricevuto la prima dose, nel gruppo che ha ricevuto il vaccino sono emersi 16 casi di COVID-19 con sintomi su un totale di 14.964 volontari (0,1%), mentre i casi di COVID-19 con sintomi nel gruppo placebo sono stati 62 su 4.902 (1,3%). L’efficacia dichiarata dal Centro nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica N. F. Gamaleja è quindi del 91,6%.

Ai dati che stanno emergendo e continueranno ad emergere dalla Fase 3 saranno presto affiancati anche i dati in arrivo da quei Paesi che stanno già somministrando ai cittadini il vaccino russo, dalla stessa Russia all’India, passando per gli Emirati Arabi Uniti, l’Argentina, l’Ungheria e la Serbia.

Il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli ha definito oggi “significativamente interessante” la pubblicazione dei primi dati su The Lancet, ma al di là di quello che chiedono Lombardia e Piemonte l’arrivo in Europa, e quindi in Italia, del vaccino messo a punto dalla Russia potrebbe non essere così vicino. Anzi.

Al momento la casa farmaceutica che produce lo Sputnik V non ha ancora fatto richiesta per l’autorizzazione all’Agenzia Europea del Farmaco e gli esperti dell’EMA non hanno alcun dato da iniziare ad analizzare in vista di una velocizzazione dell’iter se e quando verrà presentata la richiesta.

A questo si aggiunge il fatto che la Commissione Europea non ha stretto alcun accordo preventivo per l’acquisto di dosi del vaccino Sputnik V. Sono sei i contratti attualmente in essere tra l’UE e altrettante aziende: BioNTech/Pfizer, Moderna e AstraZeneca, i cui vaccini sono già stati approvati e in corso di somministrazione, e CureVac, Johnson & Johnson e Sanofi-GSK, i cui vaccini sono ancora in fase di test.

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