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Mantova - Eni si ferma per 8 ore sciopero al petrolchimico versalis di mantova

Sergio Cofferati risponde con una interrogazione: violata la direttiva ue 14/2002, lavoratori Versalis non consultati

| Scritto da Redazione
Mantova - Eni si ferma per 8 ore sciopero al petrolchimico versalis di mantova

Domani i lavoratori si troveranno alle 7.15 davanti ai cancelli di via Taliercio, dove il presidio continuerà fino alle 11.30 (con l’intervento di Vincenzo Cesare della segreteria nazionale Uiltec Uil) per poi accelerare in corteo fino a via Brennero. "Contro il piano di Eni di cessione di Versalis e della chimica con la svendita ad un partner che non è in grado di assicurare ai lavoratori e a questi siti nessun futuro"

Obiettivo dell’Eni è quello di concentrare le sue attività solo su esplorazione ed estrazione di gas e petrolio riducendo a queste attività, peraltro sostanzialmente svolte fuori dall’Italia, un modello che è storicamente fondato sull’insieme della filiera, dalla esplorazione alla vendita di idrocarburi.

Ciò comporterà un ulteriore, radicale disimpegno dell’Eni dall’Italia, dove al momento investe una quota importante dei ricavi - circa 6 mld - insieme al rischio della scomparsa di due settori importanti per l’Eni e per l’industria di questo paese: la chimica e la raffinazione. Al momento il management Eni assicura il suo impegno in tutte le raffinerie del gruppo ma la nettezza della premessa sulla riduzione secca del perimetro non lascia spazi a soluzioni diverse da un progressivo sganciamento dell’Eni da questi due settori.

L’Italia, rischia di vedere scomparire due settori che sorreggono l’industria del paese ed assisterà, questo è lecito aspettarsi, ad un progressivo ma irreversibile calo di investimenti a danno dei settori e della loro capacità competitiva e quindi dell’intero sistema industriale.

Del resto, l’esordio del management è chiaro. Il riassetto di Versalis e la ‘riscoperta’ della chimica tradizionale comporteranno l’abbandono della “chimica verde” e dunque degli interventi previsti a Porto Torres e Marghera, oltre a mettere sostanzialmente in discussione la credibilità dell’accordo su Gela.

La conseguenza di questa scelta è che il processo di crescita della quota di “chimica verde” in Italia rallenterà al punto da accumulare un fortissimo svantaggio competitivo dell’Italia sul resto dell’Europa in termini di ricerca e di prodotti. Saremo il fanalino di coda della “chimica verde” in Europa e di fronte al possibile rialzo, in tempi medi, del prezzo dell’olio e del gas, il paese si troverà di fronte alla necessità di un’ennesima rincorsa sui costi di fronte ai suoi competitori.

L’utile da riduzione di investimenti e da cessioni sarà per l’Eni e le perdite saranno per il paese. Il paese, dunque, perderà capacità industriale ed autonomia nella filiera energetica più complessivamente intesa. E’, quello dell’Eni un piano credibile? E’ credibile che la chimica italiana possa passare in mani straniere senza che ciò comporti una occasione di crescita ma, al contrario, di ridimensionamento? E’ credibile che il paese non sia più un luogo dove il greggio viene raffinato? E’ credibile che Eni diventi soltanto un grande ‘trader’ di oli e gas senza essere accompagnato dalla sua missione tradizionale? Sono queste le domande a cui chiediamo che il Governo risponda non solo in qualità di azionista di riferimento, ma quale soggetto regolatore della politica industriale del paese. L’illusione è pensare che possano convivere crescita e deindustrializzazione. Fuoriuscire dalla chimica e dalla raffinazione, così come cedere quote di partecipazione in Saipem per altro verso e mettere in discussione la presenza nel segmento retail della Direzione Gas & Power, non significa solo provocare collassi occupazionali, svilire opportunità per le nostre aree, soprattutto quelle più depresse del Mezzogiorno, ma far venire meno un tessuto ricco di imprese, piccole e medie, specializzate in lavori a valore aggiunto, qualificate; fare venire meno politiche legate alla ricerca, alla sperimentazione di nuovi processi, rinunciare a specializzazioni decennali.

Il Piano industriale di Versalis 2015 -2018 è ancora a metà del guado, non ha espresso tutte sue le potenzialità ed è lontano dal recupero sperato.



Il Piano prevede investimenti per circa 1,2 mld che si sommano agli oltre 400 mln impegnati dal 2012 anno in cui è partito il progetto di riorganizzazione e sviluppo di Versalis, presente in Italia con 8 siti produttivi e 5 all’estero, con una occupazione che si mantiene consolidata oltre i 4400 dipendenti in Italia e circa 1000 all’estero.



Siamo dunque contrari ad una eventuale uscita di ENI dalla chimica, che - se confermata - riterremo sbagliata: questo piano industriale, che ha nella nuova struttura di ricerca il suo cuore innovativo e strategico, non può e non deve essere messo in discussione, deve essere portato a termine ed implementato da ENI.



Sono questi i motivi per cui riteniamo sbagliata l’impostazione dell’Eni e chiediamo alla Presidenza del Consiglio ed al ministero dello Sviluppo Economico; alle Commissioni di merito dei due rami del Parlamento ed ai Presidenti delle Regioni interessate fino ai Sindaci, con i quali in questi anni ci siamo cimentati con importanti accordi sia di sviluppo e riconversione come di risanamento ambientale, di condividere le nostre preoccupazioni e chiedere all’Eni di cambiare le sue decisioni.


Fonte sito Franco Abruzzo

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