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Pavia - Nobile decaduta nel Mezzogiorno lombardo

Il simbolo del paradosso pavese potrebbe essere il Ponte della Becca, sulla confluenza tra Ticino e Po: bello, importante, con un ricco passato alle spalle, ma inadeguato al presente.

| Scritto da Redazione
Pavia - Nobile decaduta nel Mezzogiorno lombardo

Il simbolo del paradosso pavese potrebbe essere il Ponte della Becca, sulla confluenza tra Ticino e Po: bello, importante, con un ricco passato alle spalle, ma inadeguato al presente. Succede qualcosa di molto simile, a mezz’ora scarsa da Milano: c’è un territorio che ospita una delle più antiche e prestigiose università del mondo e qualche eccellenza scientifica, un’importante tradizione manifatturiera ma che da qualche anno si è scoperto più lento, diverso da ciò che era. Il gap con il resto della regione accumulato con la crisi del 2008 non è stato colmato. Si può parlare di un «Mezzogiorno lombardo»? Forse è troppo, ma diversi indicatori socio-economici descrivono la provincia di Pavia come una nobile un po’ decaduta: reddito pro capite di mille euro più basso della media regionale, industria manifatturiera in ritirata, aree dismesse in attesa di progetti, nuove filiere senza sistema. Al punto che Confindustria e Cgil considerano sottostimato il dato ufficiale sulla disoccupazione: 7,6 per cento.

Ma qual è il «male» pavese? Come prima causa gli industriali indicano le infrastrutture: per esempio, il Ponte della Becca, micidiale collo di bottiglia sull’asse nord-sud, o il collegamento tra Vigevano e Malpensa. «Su questo territorio gli investimenti sono stati molto minori rispetto ad altre province — spiega il presidente di Confindustria, Alberto Cazzani —. Nonostante 95 chilometri di autostrade (terza in ardia) e 1.750 chilometri di strade provinciali (prima), Pavia è in fondo alla classifica degli investimenti regionali: 13 milioni, il 2,5 per cento del totale. Uno studio della Camera di Commercio e dell’Università rivela che una rete infrastrutturale adeguata, richiesta da tutte le parti sociali, porterebbe un aumento del Pil del 18 per cento in 15 anni».

Perché non si muove niente? Confindustria e Cgil, che hanno sottoscritto accordi per lo sviluppo con il Comune, puntano il dito sulla Regione, ma riconoscono anche i limiti del territorio. Il segretario della Camera del lavoro, Renato Losio, sottolinea: «Si fatica a fare sistema, ci sono 188 Comuni e ognuno agisce per conto proprio». Di qui un «deficit di rappresentanza», di cui parla il presidente di Confindustria, che si riverbera anche sul fronte delle 76 aree dismesse: quasi 900 mila metri quadrati, là dove la Necchi, Snia, Magneti Marelli e altre grandi aziende davano lavoro a migliaia di operai. «Il recupero permetterebbe di soddisfare richieste di investitori anche stranieri — spiega Cazzani che ha presentato il piano industriale d’area “Pavia 2020” — perché la sinergia con l’eccellenza accademica può rendere possibile il sogno di un’industria 4.0, fatta di fabbriche intelligenti».

Insomma, le idee sono in circolo ma in assenza di una voce politica forte non trovano ascolto nei palazzi di governo che potrebbero renderle realizzabili, mentre altrove si inaugurano Teem e Brebemi o si progetta Human Technopole. E intanto gli imprenditori pavesi si riorganizzano come possono. Anche Vigevano, un tempo «capitale della calzatura», ha dovuto riconvertirsi al settore meccano-calzaturiero. Resiste lo storico marchio Moreschi, che ha imparato a muoversi nell’e-commerce, con pochi altri della filiera del lusso: «Con la globalizzazione qui è rimasto soltanto questo segmento — spiega Francesco Moreschi, direttore marketing dell’azienda di famiglia, arrivata alla terza generazione — i marchi di livello medio sono spariti o hanno delocalizzato».

Nonostante tutto, il mondo produttivo resta vivace. E anche gli indicatori economici consentono un minimo di ottimismo: «I segnali che dell’analisi congiunturale di fine 2015 potrebbero definirsi, nel complesso, confortanti anche se il condizionale è d’obbligo — osserva il presidente della Camera di commercio di Pavia, Franco Bosi —. L’incertezza degli ordini non favorisce gli investimenti, compromettendo anche la ripresa del settore finanziario. Lo si riscontra dal numero di imprese pavesi che hanno effettuato investimenti nel 2015: un dato in aumento rispetto a quello del 2014 ma ancora molto contenuto». Anche il sindaco di Pavia, Massimo Depaoli, coglie qualche segnale di evoluzione. «Il fatto che i due principali datori di lavoro siano l’università e la sanità, quindi il pubblico, non ha certo favorito il dinamismo — spiega — ma ora c’è una presa di coscienza trasversale di questa situazione e anche la voglia di reagire». Nel frattempo, per i giovani laureati, un punto di riferimento è la stazione ferroviaria: ogni venti minuti c’è un treno per Milano.

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