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Pena di morte: nel 2010, 5.800 esecuzioni

| Scritto da Redazione
Pena di morte: nel 2010, 5.800 esecuzioni

Nessuno tocchi Caino. Pena di morte: nel 2010, 5.800 esecuzioni   
Il rapporto dell'associazione umanitaria: cinquemila morti nella sola Cina (l'85% del totale), poi ci sono Iran e Corea del Nord. Le informazioni sono molto scarse, le cifre potrebbero essere ancora più spaventose. "L'unica soluzione è la democrazia".
Il podio dei boia è sempre lo stesso. Sul gradino più alto c'è la Cina, scendendo si trova l'Iran, poi la Corea del Nord. Il rapporto "La pena di morte nel mondo" realizzato dall'associazione "Nessuno tocchi caino", quindi, inchioda alle proprie responsabilità tre regimi autoritari. Ma non ci sono solo dittature nella classifica degli stati con le mani sporche di sangue. Sui 42 paesi che ancora attuano la pena capitale 35 sono paesi dittatoriali, autoritari o illiberali, gli altri sono considerati democratici.

In 18 di questi paesi, nel 2010, sono state compiute almeno 5.784 esecuzioni, circa il 99 per cento del totale mondiale. Nella sola Cina ne sono state meesse in atto circa 5.000, l'85,6 per cento del totale mondiale. L'Iran ne ha effettuate almeno 546; la Corea del Nord almeno 60; lo Yemen 53; l'Arabia Saudita 27; la Libia almeno 18; l'Iraq 17; la Siria 17; il Bangladesh 9; la Somalia almeno 8; il Sudan 8; l'Autorità Nazionale Palestinese (Striscia di Gaza) 5; il Vietnam almeno 4; l'Egitto 4; la Guinea Equatoriale 4; la Bielorussia 2; il Bahrein 1; la Malesia almeno 1. Molti di questi stati, però, non forniscono statistiche ufficiali, per cui il numero delle esecuzioni potrebbe essere molto più alto.

La situazione più drammatica, in ogni caso, continua a sussistere in Cina, dove nel 2010 ci sono state circa 5.000 esecuzioni (l'85 per cento del totale mondiale) anche se la pena di morte continua a essere considerata un segreto di Stato. Negli ultimi anni, però, si sono succedute notizie, anche di fonte ufficiale, in base alle quali le condanne a morte emesse dai tribunali cinesi sarebbero in diminuzione. Una flessione particolarmente significativa a partire dal 1° gennaio 2007, quando è entrata in vigore la riforma in base alla quale ogni condanna a morte emessa da tribunali di grado inferiore deve essere rivista dalla Corte Suprema.


Al secondo posto di questa terribile classifica, poi, c'è l'Iran. Secondo un monitoraggio effettuato da Iran Human Rights (Ihr), ong con sede in Norvegia che si batte contro la pena di morte nella Repubblica Islamica, nel 2010 in Iran sono state effettuate almeno 546 esecuzioni, un aumento spaventoso rispetto agli anni precedenti. Nel 2009, Iran Human Rights aveva calcolato almeno 402 esecuzioni. E nel 2011, non vi è stato alcun segno di inversione di tendenza. Ma i dati reali potrebbero essere ancora più alti, se si considerano le notizie diffuse da fonti indipendenti come ex detenuti, familiari e avvocati di condannati a morte.

Il terzo caso è quello della Corea del Nord, dove le esecuzioni sono addirittura triplicate. Dopo che, a partire dal 2000, le critiche internazionali avevano portato a una loro diminuzione, le esecuzioni pubbliche sono di nuovo aumentate nel 2010. Tra i condannati, vi sono soprattutto funzionari pubblici accusati di traffico di droga, appropriazione indebita e altri reati non violenti, oppure cittadini nordcoreani che hanno tentato di fuggire in Cina o in Corea del Sud, spinti dalla carenza di cibo e dalla oppressione politica nel proprio Paese. Il 12 gennaio 2011, una fonte diplomatica vicina alla Corea del Nord ha detto che nel 2010 ci sono state 60 esecuzioni pubbliche confermate, più del triplo dell'anno precedente. Le esecuzioni nella Corea del Nord sarebbero aumentate nel tentativo di rafforzare il regime durante il periodo di transizione al potere di Kim Jong-un, designato alla successione del padre Kim Jong-il. L'erede avrebbe richiesto "fucilazioni in tutto il Paese".

"A ben vedere, in tutti questi paesi, la soluzione definitiva del problema, più che alla lotta contro la pena di morte, attiene alla lotta per la democrazia- si legge nel rapporto- l'affermazione dello Stato di diritto, la promozione e il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili".

Sull'argomento è intervenuto anche Giorgio Napolitano, che ha inviato un messaggio di apprezzamento per "la tenacia con la quale l'organizzazione opera da anni in vista del conseguimento di un obiettivo di grande valore etico e civiltà giuridica". "Il rapporto 2011- prosegue il Capo dello Stato- dedica giustamente attenzione alle opportunità dischiuse dai fermenti di rinascita politica e democratica nel bacino del Mediterraneo. Sono lieto che a questa presentazione sia autorevolmente presente la Tunisia, dalla quale sono venuti segnali incoraggianti nella direzione auspicata. Le libertà civili, lo Stato di diritto e le istituzioni democratiche si difendono più efficacemente dalle aggressioni violente quando la risposta è all'insegna della civiltà giuridica e del rispetto dei diritti della persona umana".

fonte:http://www.rassegna.it/articoli/2011/08/4/76843/pena-di-morte-nel-2010-5800-esecuzioni

 

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