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Pezzoni (PD) Referendum 2011: non scorporare i voti degli italiani all'estero

| Scritto da Redazione
Pezzoni (PD) Referendum 2011: non scorporare i voti degli italiani all'estero

I cittadini italiani residenti all’estero sono parte integrante del corpo elettorale nazionale, anche nel voto referendario.
Sbaglia Gianluigi Pellegrino, l’avvocato che assiste il Pd nella vicenda referendaria, quando sostiene che la “ Costituzione garantisce agli italiani all’estero il diritto di voto, ma non stabilisce che il loro voto debba concorrere al quorum sul referendum.”
E cade ancora in errore quando ritiene che sia legittimo escludere dal computo del quorum del 50% più uno la quota di elettorato italiano residente all’estero, soprattutto nel caso del quesito sul nucleare che, come è noto, la Cassazione ha modificato quando già era in corso la votazione all’estero sul testo del vecchio quesito.
Che sia stato compiuto un grande pasticcio sul voto del nucleare espresso dai cittadini italiani residenti all’estero non c’è alcun dubbio. E che si tenti adesso di porvi rimedio con l’obiettivo della riduzione del danno è altrettanto comprensibile, purchè non si inventino espedienti giuridici ispirati apparentemente al buon senso ma che colpiscono i principi cardine della nostra Costituzione.
Il titolo di “ Repubblica” di venerdì 10 giugno a pagina 7 è perentorio : “ Pellegrino: la Costituzione parla chiaro, il voto all’estero non concorre al quorum”.
Allora andiamo a leggerla davvero questa nostra Costituzione.
L’articolo 75 della Costituzione italiana recita : “ Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum.”
Da questo articolo vengono riaffermati 3 principi semplicissimi: 1) I titolari del diritto al voto nei referendum sono esattamente gli stessi che sono chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. Il corpo elettorale che vota alle elezioni politiche  per eleggere i deputati coincide completamente con il corpo elettorale chiamato ad esprimersi ai referendum. 2) Il referendum è approvato se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto. Dunque il quorum viene qui perfettamente definito come partecipazione alla votazione della “ maggioranza degli aventi diritto”.
E la maggioranza degli aventi diritto si conta rispetto a “ tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati”, dunque anche i cittadini italiani residenti all’estero.  3) La legge ordinaria definisce solo le modalità di attuazione del referendum perché la titolarità del voto è già definita a monte, nella stessa Costituzione. Non ha alcun senso dunque pretendere che sia la Legge ordinaria a definire principi che non le competono. Non ha senso pretendere che siano  le Leggi  elettorali nazionali a ridefinire o a esplicitare i criteri del  computo e del raggiungimento del quorum, visto che opportunamente lo fa in precedenza e in chiave generale la Costituzione italiana. Ecco perché l’avvocato Pellegrino si arrampica sugli specchi quando sostiene che la legge sul voto agli italiani all’estero “ si è ben guardata dal prevedere che questi elettori all’estero concorrono a formare il quorum”. Perché la legge ordinaria ha definito solo le modalità di voto, introducendo la novità della modalità per corrispondenza, rispettando e recependo in tutto e per tutto i principi già formulati con chiarezza nella Costituzione.
Del resto i cittadini italiani residenti all’estero hanno già votato in precedenti referendum nazionali e sono stati opportunamente conteggiati nel computo del quorum. Non solo: se questa proposta di scomputo dal quorum fosse non tanto tecnica e limitata al nucleare ( hanno votato su un quesito poi modificato) ma di principio, come sembrerebbe dalle argomentazioni portate, si dovrebbero scomputare le schede votate all’estero anche sugli altri 3 quesiti, con il risultato che i cittadini italiani all’estero sarebbero trasformati in elettori “ superflui” e il loro voto ridotto a puro “ sondaggio d’opinione”.
C’è poi un particolare importante che chi non conosce seriamente la Legge per l’esercizio del voto dei cittadini italiani all’estero ignora: quello dell’opzione. Sì, perché i cittadini italiani residenti
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all’estero, da quando c’è la Costituzione italiana, fanno parte dell’unico corpo elettorale nazionale e
dunque hanno sempre votato sia per le elezioni politiche che per i referendum. Solo che dovevano fisicamente ritornare in Italia e recarsi a votare nei loro seggi elettorali d’origine. Alla fine degli annì ’80 fu varata la legge sull’AIRE ( anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero) per mettere ordine ad una identificazione anagrafica  sempre più complessa e disordinata. Tra il 1998 e il 2001 furono votate quelle modifiche costituzionali ( articolo 48, 56 e 57 della Costituzione) che hanno reso possibile una specifica Legge sull’esercizio di voto dei cittadini italiani all’estero sia per le elezioni politiche che per i referendum introducendo appunto il cambiamento delle modalità di voto, non del diritto di voto che è rimasto esattamente lo stesso: legato alla cittadinanza italiana.
E poiché non si è voluto imporre unicamente la nuova modalità di voto, si è lasciato ai cittadini italiani residenti all’estero, ad ogni nuova scadenza elettorale, la possibilità dell’opzione del rientro in Italia per esprimere il proprio voto, esattamente come accadeva prima.
Ebbene, se passasse la tesi dello scorporo dal quorum dei titolari del voto all’estero, avremmo il paradosso  che il cittadino italiano iscritto all’AIRE ma rientrato in Italia vedrebbe il suo voto validato,  quello rimasto all’estero no.
Dunque faremmo dipendere la validità del voto non dalla titolarità del diritto, ma dalle modalità in cui è stato espresso.
 

Vengono poi citati dall’avvocato Pellegrino l’articolo 48 della Costituzione  e una interpretazione dello stesso da parte della Corte Costituzionale che dimostrerebbe che questo articolo prevede solo di ” assicurare la parità di condizione dei cittadini al momento in cui il voto viene espresso”.
Vediamolo allora l’articolo 48 della Costituzione italiana : “ Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età . Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle  Camere, alle quali sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.”
Come sostenuto in precedenza, la Costituzione italiana sostiene in ogni ambito e sempre una equazione fortissima : il voto è legato alla cittadinanza italiana e questo diritto scatta alla maggiore età. Dunque i cittadini italiani residenti all’estero non possono essere considerati elettori superflui,  né una sorta di “ riserva indiana”. Proprio perché secondo l’articolo 48 il voto è “ personale ed eguale” , il  voto dei cittadini italiani residenti all’estero non può essere declassato in nessun caso.
L’articolo 48 ribadisce poi che compito della legge ordinaria è quello di assicurare l’effettività  del diritto al voto: effettività appunto, perché il diritto già preesiste!
Ancora meglio, dice che la legge ordinaria stabilisce” requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero”. E infatti la successiva Legge per il voto all’estero si preoccuperà delle modalità dell’esercizio, introducendo la modalità del voto per corrispondenza e l’opzione del rientro in patria.
Ma c’è di più: in questo articolo della Costituzione viene istituita la novità della “circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere” . Dunque anche qui viene ribadito che il voto dei cittadini italiani residenti all’estero è finalizzata, attraverso l’istituzione di una apposita circoscrizione, all’elezione delle Camere.
Ricordate l’articolo 75 della Costituzione ? Il comma che recita “ hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati” include chiaramente gli elettori della “circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere”.
Così il cerchio costituzionale si chiude in una logica giuridica perfettamente coerente che può fraintendere chi è in mala fede o chi pensa ai cittadini italiani residenti all’estero come a un corpo estraneo , a un’escrescenza, non come parte integrante dell’unico corpo elettorale.
A parziale giustificazione ci sono elementi mediatici e tecnici del nostro recente passato. Ad esempio, alla chiusura dei seggi, Viminale e tv hanno cominciato a non offrire più un quadro unico                                                                              dei risultati elettorali nazionali, come avveniva prima del cambiamento delle modalità di voto.                                                                        
Ripeto, gli italiani residenti all’estero hanno sempre fatto parte dell’unico corpo elettorale nazionale e sono sempre stati conteggiati dal Ministero dell’Interno tra gli aventi diritto al voto entro un quadro complessivo.
Per comprensibili ragioni organizzative e funzionali all’assegnazione dei collegi previsti dalla circoscrizione Estero con l’introduzione delle nuove modalità di voto per corrispondenza, si sono distinti numericamente i voti espressi sul territorio nazionale da quelli espressi all’estero.
Ma questo  non ha mai significato mettere in discussione l’unitarietà del corpo elettorale e del processo elettorale al punto che, per rendere ancora più evidente questo principio, il Parlamento ha  scelto con la modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione di eleggere i 12 deputati e i 6 senatori della circoscrizione Estero all’interno del numero dei parlamentari già originariamente definiti dalla nostra Costituzione e non aumentandone il numero.
Leggiamo i commi specifici dell’articolo 56 della Costituzione :  “ La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero”.
E i commi specifici dell’articolo 57 della Costituzione: “ Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero”.
Impossibile non cogliere l’unitarietà del disegno costituzionale con la perfetta inclusione del voto all’estero nel processo elettorale e come componente  irrinunciabile del suffragio universale.

In conclusione la Costituzione italiana dice esattamente il contrario di quello sostenuto dal citato articolo di “Repubblica”.
Disconoscere la dignità costituzionale del voto all’estero sarebbe gravissimo. A mio avviso sarebbe meglio riconoscere l’equivalenza del voto espresso all’estero sul vecchio quesito nucleare con  quello poi modificato dalla Cassazione. Tenendo conto che non hanno sbagliato gli elettori all’estero, ma piuttosto il Governo a far votare alla Camera l’articolo 5 del Decreto Omnibus a processo elettorale già in corso all’estero.  Strano che nessuno abbia sollevato questo gravissimo errore procedurale, come se le schede che i cittadini italiani all’estero cominciavano a votare e a rispedire ai Consolati di riferimento rappresentassero solo un fatto tecnico e non piuttosto l’inizio, giuridicamente evidente, del processo elettorale. Dunque già in quel momento, nessuno avrebbe più potuto interferire, né Governo né Camera.  Questo sì, è un punto legislativamente carente, da normare in futuro.
Infine, anche se i referendum in corso  rischiassero di fallire per via del quorum, non è pensabile risolvere la questione con “trovate” e “ furbizie”  di marca berlusconiana quale è, a mio giudizio, la richiesta di scorporo del voto estero.
Piuttosto ha senso che i votanti all’estero vengano inclusi nel conto del quorum complessivo, come è sempre avvenuto, rinunciando invece allo spoglio dei contenuti delle schede. Infatti la Costituzione chiede per il quorum “la maggioranza degli aventi diritto” mentre ai fini del risultato referendario parla di “ maggioranza di voti validamente espressi”, alla quale questi dell’estero non potrebbero concorrere se il vecchio quesito fosse giudicato non più valido.
Insomma sul voto referendario all’estero siamo di fronte ad una catena successiva di errori che, via via, hanno reso più grave e contraddittorio il quadro.
Di fronte all’impossibilità di tornare indietro e di far svolgere  il processo referendario sul quesito  originario del nucleare, pur di garantire l’unitarietà del corpo elettorale, la scelta costituzionalmente più corretta sarebbe stata quella del rinvio, se non avesse rappresentato un premio politico al disegno maligno o insipiente del Governo. Speriamo adesso di raggiungere il quorum anche senza il contributo del numero dei votanti all’estero per evitare il rischio del ricorso.  Comunque, usiamo il massimo di sensibilità per non piegare ai soli calcoli politici le regole da far valere. Dunque scegliamo di chiedere soluzioni che non stravolgano i principi  della nostra Costituzione.
Marco Pezzoni 

(Come parlamentare  aveva seguito per anni in prima persona alla Camera le modifiche costituzionali e poi l'istruttoria della Legge per l'esercizio del voto dei cittadini italiani residenti all'estero)                                                                                                          

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