Mentre dal confine tra la Grecia e la Macedonia continuano ad arrivare immagini rivoltanti, che mai avremmo pensato potessero essere scattate in un paese europeo, mentre innocenti in fuga dai pericoli della guerra continuano a morire nel mare dove siamo soliti andare in vacanza - tra i ripescata senza vita degli ultimi giorni anche una bambina di pochi mesi - i nostri governi si rallegrano per aver trovato l’accordo con la Turchia per la gestione dei flussi migratori sulla rotta balcanica.
Gli elementi dell’accordo sono in sé molto problematici. Il primo è il ritorno in Turchia di chi è già in Grecia in modo irregolare, a partire da domenica 20 marzo. La Grecia ha immediatamente fatto sapere di non essere pronta a eseguire in un arco di tempo così breve. Manca la logistica, ma soprattutto la decisione è di ben difficile attuazione in ogni caso dal momento che, secondo il diritto internazionale, le richieste d’asilo vanno esaminate individualmente e dunque deportazioni di massa sono fuori discussione, come ha sottolineato anche il presidente dell’UNHCR, Filippo Grandi, e lo stesso parlamento europeo. Per ogni profugo riportato in Turchia, un altro potrà raggiungere l’Europa, fino ad un massimo di 72.000, siriani. Iracheni e afgani, ad esempio, non vengono considerati. Peccato che in Turchia risiedano ora 2,3 milioni di profughi siriani e non sono chiari i criteri di selezione; comunque si tratta di un bel misero numero rispetto al bisogno. Preoccupanti sono poi le concessioni al regime, in profonda crisi di democrazia, di Erdogan: 3 miliardi di euro in aggiunta ai 3 miliardi già promessi alla fine dell’anno scorso per progetti di sostegno ai rifugiati, da presentare in una settimana; facilitazioni sui visti di cittadini turchi che vogliano venire in Europa; riapertura della negoziazione per l’entrata della Turchia in Europa. Certo la Turchia dovrà impegnarsi a rispettare la libertà di stampa, i diritti umani ecc… Petizioni di principio risibili; non è mai successo che un regime abbia cambiato la sua faccia per un accordo di questo genere e credo che nessuno si aspetti che lo faccia la Turchia di Erdogan.
Da qualsiasi parte lo si guardi, quello di Bruxelles è un accordo che desta innumerevoli perplessità, molte preoccupazioni e altrettanta indignazione, già commentato senza peli sulla lingua da diversi autorevoli esponenti della società civile.
“Il linguaggio ambiguo con cui è stato ammantato l’accordo non ce la fa a celare l’ostinata determinazione dell’Unione europea a girare le spalle alla crisi globale dei rifugiati e a ignorare i suoi obblighi internazionali”, dice John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. “Le garanzie sullo scrupoloso rispetto del diritto internazionale sono incompatibili con lo strombazzato ritorno in Turchia, a partire dal 20 marzo, di tutti i migranti irregolari arrivati sulle isole greche. La Turchia non è un paese sicuro per i migranti e i rifugiati e ogni procedura di ritorno sarà arbitraria, illegale e immorale a prescindere da qualsiasi fantomatica garanzia possa precedere questo finale già stabilito"
Sulla stessa linea è la dichiarazione di Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di informazione di Oxfam Italia: “L’accordo tra Ue e Turchia sulla crisi migratoria viola il diritto internazionale e quello dell’Unione, scambiando vite umane con concessioni politiche … Dopo il blocco della rotta balcanica, questo nuovo accordo con la Turchia è un ulteriore passo verso l’abisso della disumanità, peraltro mascherato, con raggelante ipocrisia, da strumento per smantellare il business dei trafficanti. Il costo del controllo dei confini europei non può continuare a essere pagato con vite umane”.
“Non c’è un’emergenza profughi nell’Unione europea” scrive il danese Jan Olsen, della Transnational Foundation for peace and future research, “ma diverse altre crisi: 1- La crisi causata da anni di militarismo; 2 – L’emergenza della gestione delle crisi; 3- La crisi di leadership – o, con l’eccezione della Cancelliera Merkel – la totale assenza di leadership per la creazione di politiche comuni; 4- La crisi di solidarietà, umanità ed etica. Si potrebbe aggiungere, 5 – l’euro-razzismo espresso come Islamofobia”.