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Pizzetti (PD). Intervento su Parmalat

| Scritto da Redazione
Pizzetti (PD). Intervento su Parmalat

Bozza stenografica dell’intervento svolto in Aula alla Camera dei Deputati sulla conversione in leg-ge del decreto Parmalat
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pizzetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO PIZZETTI. Signor Presidente, il decreto-legge in esame rappresenta una sorta di meta-fora del Governo. Un decreto urgente che perde rapidamente il suo senso ed il suo significato per strada, ancor prima di produrre effetti di rilievo sull'assetto industriale del Paese. Un decreto di cui resterà il pregresso, ma non vi sarà futuro. Un decreto che ormai è nullo e privo di ogni efficacia se non, appunto, per quanto riguarda la salvaguardia di quelle tecnicalità che ha sin qui prodotto.
Lactalis è andata avanti, a prescindere. Un progetto industriale e finanziario, questo è ciò che ha messo in campo Lactalis. Un progetto industriale e finanziario opposto alle furbizie del Governo, furbizie attivate anche con l'uso strumentale di un bene primario, per quanto riguarda le condizioni dell'economia del Paese, cioè l'uso della Cassa depositi e prestiti. Bene, quelle furbizie che in Alita-lia hanno fatto pagare un conto salato ai contribuenti italiani qui non hanno retto.
Su questo decreto-legge e con questo decreto-legge sono andate in scena le contraddizioni e l'impo-tenza del Governo. Un Governo, per lungo tempo, come è stato già ricordato, privo di un Ministro dello sviluppo economico e ciò è indicatore della mancanza di una politica per lo sviluppo. Vorrei aggiungere l'assenza del Governo sul tema delle politiche agricole e agroalimentari. Segnalo le gi-ravolte indecorose che si sono sviluppate attorno al Ministero dell'agricoltura: tre Ministri in tre an-ni, una lotteria. Com’è possibile immaginare che, in assenza di una stabilità in un Ministero chiave e in assenza di un Ministro per lungo tempo in un Ministero ancora più rilevante, si potesse deter-minare lo sviluppo di una politica di contrasto a scelte che, in una logica industriale di mercato, altri soggetti esterni al Paese stavano compiendo?
Noi affrontiamo la globalizzazione con la pretesa di difendere le ridotte, questa è la realtà. Con gran parte del Governo più prosaicamente impegnato, altro che sviluppo e politica industriale. La affron-tiamo dentro una logica di enclave, priva di forza espansiva, pensando di salvaguardare la nostra funzione, cambiando le regole di ingaggio a processi in corso, questa è stata la vicenda Parmalat-Lactalis. È un tarlo di questa maggioranza cambiare le regole del gioco per alterare il gioco. È acca-duto e sta accadendo sulla giustizia, è accaduto e sta accadendo ancora, purtroppo, sulle energie rin-novabili, è accaduto e sta accadendo sui referendum, è accaduto e sta accadendo sulla politica este-ra. Il diritto come optional, una variabile dipendente dall'interesse che, di volta in volta, si decide di tutelare, spesso dentro un contrasto intrinseco alla maggioranza. Cosa c'entra la linea tenuta su Par-malat-Lactalis con quella tenuta su EDF e sulla vicenda del nucleare? Che connessione vi è tra quanto sostenuto sulla vicenda Parmalat e ciò che è accaduto su FIAT o su Alitalia?
L'italianità, di cui il Governo mena gran vanto, sembra un bel concetto, ma in realtà è una parola vi-ziata che poggia su gambe assai malferme, viziata dal nascondimento della debolezza. L'italianità dentro la logica di questo Governo è un assunto ideologico, più che un sistema che promuove, un assunto nel tempo della globalizzazione e una dichiarazione di resa del sistema Paese. Guardate che l'italianità per decreto - non per autopropulsione di sistema o per promozione di politiche - non aiuta il rilancio italiano. C'è, negli atti del Governo, un contrasto netto ed evidente tra difesa dell'italianità e promozione dell'interesse nazionale. Qui sta la contraddizione!
Uno dei nostri problemi rilevanti, segnalato da sempre, è l'incapacità ad attrarre investimenti esteri - dico esteri e non stranieri - che siano connessi al nostro sviluppo, non estranei. Addirittura noi qui, in questa vicenda, sovvertendo le regole del gioco, attiviamo meccanismi per respingere quegli in-vestimenti. È davvero un assurdo antinazionale, che non è possibile sorreggere neppure con il con-cetto della reciprocità, perché negli altri Paesi si tutelano i settori strategici per la sicurezza naziona-le e sugli altri settori si producono politiche industriali e finanziarie. È la forza del mercato interno, e la visione strategica dei governanti che regolano l'afflusso esterno. Il centrodestra, in realtà, predi-ca il liberalismo anglosassone, ma pratica sempre più spesso una forma italica del capitalismo cine-se. Questo contrasto, culturale e di impianto, fa dire alla Lega Nord che quella di Lactalis è un'OPA ostile e fa dire a Berlusconi che l'OPA non è affatto ostile. In questo dissidio, privo di politica di sviluppo, Lactalis compie un'azione che, con poca spesa, le garantisce tanta resa. Poca è la spesa perché alle risorse destinate all'acquisto societario occorrerà sottrarre le risorse e gli utili in pancia a Parmalat, merito dell'azione di risanamento operato da Bondi, il quale anche in queste ore, con in-telligenza svolge il proprio compito; tanta è la resa perché Lactalis diverrà con Parmalat un soggetto mondiale dell'agroalimentare, nonostante le resistenze delle corporazioni governative.
Il tema più rilevante è come valorizzare la filiera zootecnica, in particolare quella lattiero-casearia italiana, in questo soggetto mondiale dell'agroalimentare. Il prodotto italiano è un brand mondiale, un marchio di qualità. È quel brand che va valorizzato nel percorso dalla produzione alla trasforma-zione e commercializzazione, anche per tutelare un'adeguata remunerazione al produttore agricolo del prodotto di qualità conferito, a partire dal prezzo del latte.
Il dottor Besnier, presidente di Lactalis, ha dichiarato: «Noi abbiamo un progetto di crescita ambi-zioso per Parmalat: farne il gruppo italiano di riferimento nel latte confezionato a livello mondiale, con sede, organizzazione e testa in Italia». Lactalis ritiene che “nel contesto competitivo attuale sia importante per Parmalat raggiungere dimensioni significative, tali da poter sviluppare brand globa-li. A tal fine Lactalis valuterà l'opportunità di far confluire in Parmalat le proprie attività europee nel settore del latte confezionato, tra le quali quelle detenute in Francia e Spagna. Il progetto industriale prevede la valorizzazione di Parmalat a livello internazionale - grazie alla forte complementarietà tra i due gruppi sia a livello geografico che di prodotto - e, inoltre, l'espansione nei mercati in forte sviluppo, quali Brasile, India e Cina, nei quali entrambi i gruppi ad oggi hanno una limitata presen-za. Infine - dichiara Besnier - il gruppo Lactalis ribadisce la sua volontà di sviluppare il proprio pia-no nel rispetto dell'italianità di Parmalat, mantenendo la sede in Italia, salvaguardando gli asset pro-duttivi, i dipendenti e la filiera italiana del latte, nell'interesse dell'economia del territorio”. I sinda-cati di categoria e di settore hanno apprezzato questi impegni, tant'è che si preparano ad un confron-to serio e serrato nel contesto della definizione della nuova acquisizione.
Non siamo in presenza di una colonizzazione, ma di uno sviluppo proposto e di un'integrazione. Il tema, pertanto, se è così, è molto semplice. Al di là di questo decreto, appunto nullo di fatto, che i-niziative sviluppa il Governo per assicurare che sarà davvero così, e cioè che questi impegni che il presidente di Lactalis dichiara formalmente siano poi gli impegni che egli intende perseguire?
Come il Governo è in grado di far sì che questi impegni diventino politica reale di sviluppo oltre le furbizie? Quale sistema di governance si immagina di concorrere a costruire dentro questo nuovo soggetto mondiale dell'agroalimentare? Quale supporto ai produttori nel percorso di filiera zootec-nica, sino alla determinazione del prezzo del latte, che rischia (questo sì) di essere indebolito di fatto da un regime di monopolio? Come, in sostanza, trasformare una debolezza di sistema in maggiori opportunità per il Paese e per i produttori, con un'impresa che sarà appunto assai più globale?
Allora, poiché recentemente (la settimana scorsa) abbiamo approvato le linee sulla Decisione di e-conomia e finanza e sul Piano nazionale di riforma, la domanda è: questi strumenti che il Parlamen-to, su proposta del Governo, ha recentemente adottato sono idonei allo scopo? Questi strumenti so-no in grado di far sì che, anziché aumentare, il divario tra il reddito degli agricoltori europei e quello degli agricoltori italiani si riduca?
Queste sono le domande di politica, di politica economica, industriale e dei redditi cui il Governo dovrebbe prestare quell'attenzione che, in realtà, invece non presta e queste, non altre, sono le ra-gioni della debolezza intrinseca del Paese che il Governo, anziché aiutare a superare, alimenta con politiche sbagliate e prestando attenzione ad altre cose, anziché ai temi dello sviluppo necessario al Paese .

roma 3 maggio 2011

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