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Programma della rassegna film 2014 de “La Conta “ di Milano

I grandi film della storia del cinema, organizzata da Milano a Memoria

| Scritto da Redazione
Programma della rassegna film 2014 de “La Conta “ di Milano

Invito a partecipare alla seconda edizione della rassegna di film "I CAPOLAVORI DISSEPOLTI" - I grandi film della storia del cinema, organizzata da Milano a Memoria in collaborazione con l'Associazione La Conta , che ci sarà da martedì 8 luglio 2014 alle ore 15,00, c/o Milano a Memoria in Piazza Diaz 7 Milano.

L’ingresso ad ogni proiezione, in ambiente con aria condizionata, è di 6 euro cad. E’ gradita la prenotazione telefonando ai numeri: 02.49438217 – 366.8732355 - 329.4709020.

PROGRAMMA DELLA RASSEGNA FILM

MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 – ALLE 15,00 ED ALLE ORE 19 – proiezione del seguente film:

HAROLD E MAUDE di Alb Ashby – 1960 – durata: 91’

Fra le innumerevoli storie d’amore che il cinema ci ha raccontato nel corso degli anni, quella in assoluto più insolita ed anticonvenzionale resta probabilmente “Harold e Maude”, che vede protagonista una coppia a dir poco bizzarra: lui, Harold, è un ragazzo di circa vent’anni, mentre la sua innamorata, Maud, ne ha quasi ottanta. Basato su una sceneggiatura di Colin Higgins (che nello stesso anno ne trasse anche un omonimo romanzo), “Harold e Maude” è stato il secondo film diretto da Hal Ashby, che aveva esordito dietro la macchina da presa nel 1970 con “Il padrone di casa” e sarebbe diventato in breve uno dei più importanti registi della New Hollywood. “Harold e Maude” resta uno dei suoi titoli più amati: una pellicola che, nella sua apparente semplicità, ha superato brillantemente la prova del tempo, trasformandosi in un cult-movie amatissimo da più di una generazione.

Nonostante la sua rinfrancante leggerezza, il film di Ashby lascia emergere in filigrana le inquietudini e il malessere di una gioventù cresciuta in uno dei periodi più torbidi della storia americana (sullo sfondo della vicenda riecheggiano gli orrori della Guerra del Vietnam). Ad interpretare il ruolo di Harold Chasen, ventenne apatico ed ossessionato dalla morte, è il giovane Bud Cort, scoperto l’anno prima da Robert Altman in “Anche gli uccelli uccidono”. La sua controparte, espressione di un irrefrenabile vitalismo e di uno spirito di libertà davvero unico, è l’aristocratica Maude Chardin, un’arzilla vecchietta impersonata dalla strepitosa Ruth Gordon, nota per il ruolo della sinistra Minnie Castevet in “Rosemary’s baby”. Le deliziose eccentricità di Maude, che si infiltra ai funerali, ruba con disinvoltura le automobili e dichiara di voler trarre il massimo dalla propria esistenza, infonderanno in Harold un entusiasmo ed un amore per la vita che il ragazzo non aveva mai conosciuto fino a quel momento.

La travolgente simpatia di questa “strana coppia” diventa così il veicolo per una serie di scene entrate nell’antologia del cinema: dai finti quanto ingegnosi suicidi messi in scena da Harold con perfetto aplomb, sotto lo sguardo indifferente di sua madre (Vivian Pickles), che continua instancabilmente a presentargli potenziali fidanzate di buona famiglia, all’esilarante sequenza in cui Harold e Maude si prendono gioco del Generale Victor Ball (Charles Tyner), zio di Harold e fiero militarista. Così come risultano indimenticabili gli insegnamenti di Maude, che esorta il suo giovane amico a liberarsi delle sue paure e a vivere fino in fondo: “Bisogna cercare, correre i rischi, soffrire anche magari, ma… giocare la partita con decisione”. La bellissima colonna sonora, firmata dal cantautore inglese Cat Stevens, include due brani composti appositamente per il film, “Don’t be shy” e la magnifica “If you want to sing out, sing out”.

GIOVEDI’ 10 LUGLIO 2014 ALLE 19,00 – proiezione del film:

VITE VENDUTE di Henri Georges Clouzot  - 1952 - Durata: 156’

Las Piedras, cittadina dell'America Centrale, quattro avventurieri due francesi, un italiano e uno scandinavo accettano di trasportare su due autocarri 900 chili di nitroglicerina a 600 km di distanza, necessari per spegnere un pozzo petrolifero in fiamme. E’, dopo Il corvo (1943), il film più personale di Clouzot "che si paga il lusso di un'introduzione smisurata, affresco di un inferno immobile, preludio all'inferno in movimento del viaggio stesso" (J. Lourcelles). Suspense infallibile, sostenuta da una cura maniacale del particolare; un quartetto di personaggi sbalzati con icastico rilievo; un dramma del fallimento, venato di senso dell'assurdo e di un sottofondo segreto di umorismo nero; splendida la fotografia di A. Thirard. Da un romanzo di Georges Arnaud. Rifatto a Hollywood con Sorcerer (Il salario della paura, 1977) di W. Friedkin.

VENERDI’ 11 LUGLIO 2014 ALLE 19,00 – proiezione del film:

LA FEBBRE DELL’ORO di Charles Chaplin – 1925 – Durata 82’

Un omino, cercatore d'oro solitario, affronta i rischi e i pericoli dell'algido Klondike per trovare la ricchezza. Incontra prima il temibile Black Larsen per poi instaurare un sodalizio con il robusto Giacomone in cui si imbatte accidentalmente cercando un rifugio in una baracca di legno. I due dovranno cercare di sopravvivere insieme alla fame e al freddo. Quando l'omino si recherà nel paese vicino ci troverà l'amore.

Chaplin realizza questo film dopo l'insuccesso commerciale de La donna di Parigi. Il suo affezionato pubblico non ha gradito che smettesse i panni del vagabondo così il regista, favorevolmente impressionato da alcune foto scattate a fine Ottocento ai cercatori d'oro, ritiene di poter far tornare sullo schermo il personaggio di Charlot. Il che accadrà dopo 15 mesi dall'avvio del progetto e dopo ben 170 giorni di lavorazione. Come spesso gli accadeva la sua vita privata finì anche in questo caso con l'interferire con il film. L'attrice Lita Grey, scelta per il ruolo femminile, rimase incinta (il matrimonio riparatore in Messico lontano dai riflettori durerà due anni) e venne sostituita con Georgia Hale.

Portato sullo schermo nel 1925 il film verrà rieditato nel 1942 con un cambiamento delle musiche e la sostituzione dei cartelli con un commento sonoro dello stesso Chaplin. Ancora oggi La febbre dell'oro si presenta come un'opera assolutamente moderna, una di quelle che si imprimono in maniera indelebile nella storia del cinema. La casa in bilico sul precipizio e la stessa passeggiata iniziale sull'orlo del burrone, con tanto di orso minaccioso, sono brani da antologia. Così come la trasformazione del vagabondo in una enorme gallina inseguita da un Giacomone affamato. Chaplin nell'infanzia aveva conosciuto per esperienza diretta i morsi della fame ed è anche per questo che riesce a mettere in gioco un'ironia che non si trasforma mai in irrisione dei diseredati ma conserva con loro un forte senso di vicinanza. Al vertice delle numerose gag sta però, ancora oggi, la scena della danza dei panini. Di per sé non si trattava di un'idea originale: già Fatty Arbuckle in Rough House ne aveva abbozzato gli elementi di base. Chaplin però eleva il potenziale di questa scena alla massima potenza.

Le cronache dell'epoca ci tramandano che alla prima al cinema Capitol di Berlino si verifico il caso, più unico che raro, di un bis nel corso di un film. Dinanzi alla danza dei panini il pubblico andò in visibilio e il direttore di sala si recò in cabina di proiezione dando ordine di riavvolgere la pellicola per riproporre la scena che venne accolta con un entusiasmo ancora maggiore.

SABATO 12 LUGLIO 2014 ALLE 19,00 – proiezione del film:

JULES E JIM di François Truffaut -1962 – Durata 105’

Parigi, attorno al 1912. Il tedesco Jules e il francese Jim sono diventati amici inseparabili uniti dalla passione per la letteratura e le lingue e per le donne (che Jim presenta all'inesperto amico). Un giorno vengono colpiti dall'immagine della testa di una statua dal sorriso enigmatico. Incontreranno Catherine, che le somiglia molto. Jules ne è attratto e avverte Jim che non vuole condividerla con lui. L'amico si ritrae ma, dopo il conflitto che li impegna su fronti opposti, i due si ritrovano. Ora la coppia vive in campagna ed è nata una bambina, Sabine. Ma Catherine non ama più Jules e a questo punto Jim può ammettere anche con se stesso l'attrazione che ha sempre provato per lei. Jules è pronto ad accettare la situazione.

C'è una canzone nel film, per dichiarazione dello stesso Truffaut, che ne chiarisce il senso più profondo: "On s'est connus, on s'est reconnus, on s'est perdus de vue, on s'est perdu de vue, on s'est retrouvés, on s'est rechauffés, puis on s'est séparés. Chacun pour soi est reparti, dans l'tourbillon de la vie". Il testo risulta chiaro anche a chi conosce poco o nulla della lingua francese ed è la riprova, qualora ce ne fosse stato bisogno, che ancora una volta e ormai per sempre Truffaut si appropria di un testo letterario per farlo suo al fine di esprimere i propri sentimenti nei confronti della vita, della morte e, soprattutto, di quel misterioso tumulto dell'anima che chiamiamo amore. Il romanzo omonimo di Henri-Pierre Roché scoperto per caso gli offre l'opportunità per guardare dentro il se stesso trentenne grazie a un testo di uno scrittore settantaseienne. Quasi timoroso di esporsi fino in fondo il regista si dichiara come narratore di quelle parti che sarebbe troppo dispendioso (in termini di tempo) mostrare che però non vuole eliminare ma cerca anche una forma che in qualche misura raffreddi il ribollire delle tensioni erotiche sotterranee. Ecco allora che le soluzioni tecniche e, a tratti, la stessa colonna sonora composta da Georges Delerue assumono quasi la valenza di un distacco dalla materia narrata. Truffaut continua la sua indagine sull'animo umano ponendo in primo piano un sentire che avverte come universale e senza tempo quasi isolandolo dalla situazione sociale e storica in cui si va a configurare.

La prima guerra mondiale che divide temporaneamente i tre non è che una sorta di 'incidente' sullo sfondo così come il cinegiornale in cui si vedono i nazisti bruciare i libri serve a farli rincontrare e viene liquidato con una battuta (anche se finisce con l'essere l'annuncio (più o meno inconscio) del futuro Fahrenheit 451. Se la canzone sintetizza il tema ciò che visivamente affascina di più del film sono la sequenza marittima (in cui si condensa un complesso microcosmo relazionale) e la corsa.

Giustamente omaggiata da Bernardo Bertolucci in The Dreamers ci offre la punta più alta di libertà di espressione dei tre protagonisti ognuno dei quali mostra se stesso senza quei vincoli che la società finisce comunque con l'imporre e a cui, sembra dire Truffaut, si può sfuggire in un solo modo: quello scelto da Catherine nel finale.

Quattro film splendidi, veri e propri capolavori della storia del cinema, capaci di darci ancora emozioni uniche. Da non perdere!

Associazione "La Conta" Milano 

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