ROMANIA: FALLITO IL TENTATIVO DI SOSTITUZIONE DI BASESCU E DI RIPOSIZIONAMENTO ENERGETICO DI BUCAREST IN EUROPA
Il referendum per le dimissioni anticipate del Presidente romeno voluto dal Premier socialista, Victor Ponta, non ottiene il quorum richiesto per la validità della consultazione. Esulta l'Unione Europea per il mantenimento della democrazia nel Paese. Gli aspetti economico-energetici della lotta ai vertici del Paese
Per sconvolgere l'assetto politico del Paese ed ottenere al più presto l'insediamento di un nuovo Capo dello Stato in Romania non sono bastati nemmeno i seggi all'estero e quelli organizzati ad hoc sulle spiagge, nei ristoranti e nei bar del litorale del Mar Nero per raccogliere il massimo numero di voti possibile. Nella giornata di Domenica, 29 Luglio, solo il 45,91% degli elettori si è recato alle urne per prendere parte al referendum riguardante le dimissioni del Presidente della Romania, Traian Basescu.
Secondo i dati della Commissione Elettorale Centrale, della bassa percentuale di votanti - per essere valida la consultazione richiedeva un quorum minimo pari al 50% degli aventi diritto - l'84% degli elettori si è comunque dichiarato a favore dell'interruzione del mandato del Capo dello Stato.
Basescu è stato accusato di abuso d'ufficio dal Primo Ministro, Victor Ponta: leader di una maggioranza parlamentare socialista-liberale che, appena insediata, ha fin da subito cercato di allontanare dalla Prima Carica del Paese un Presidente appartenente a un diverso schieramento politico.
La campagna referendaria che ha preceduto la consultazione si è caratterizzata per toni decisamente aspri. Ponta ha evidenziato il valore simbolico della consultazione, e ha presentato le dimissioni anticipate di Basescu come un atto necessario per il mantenimento del rispetto delle regole e della divisione dei poteri.
Il Presidente, dal canto suo, ha sottolineato come la manovra del Premier fosse un chiaro esempio di colpo di Stato mirante a criminalizzare la Prima Carica della Romania per via di scelte politiche.
Soddisfazione per l'esito del referendum è stata espressa dall'Unione Europea, che, a più riprese, ha ritenuto l'iniziativa della maggioranza socialista-liberale un procedimento contrario alle regole della democrazia.
In particolare, la Commissione Europea ha aperto un'indagine relativa al comportamento dell'esecutivo romeno dopo la decisione di Ponta di privare la Corte Costituzionale di alcuni suoi poteri a favore dell'esecutivo, e il vano tentativo della maggioranza socialista di eliminare l'obbligo del quorum minimo per rendere valido il referendum sulle dimissioni di Basescu.
La questione del referendum interessa questioni di carattere politico, economico, e, sopratutto, energetico. L'avvio della procedura di impeachment ha avuto luogo agli inizi di Luglio, dopo che il Premier Ponta è stato accusato di plagio e corruzione.
Per distogliere l'attenzione su di se, il Premier socialista non solo ha portato la coalizione di centrosinistra a votare l'avvio della procedura di impeachment per Basescu, ma ha anche provveduto a sostituire i Presidenti di Camera e Senato a colpi di maggioranza.
La Romania è un Paese in preda a problemi finanziari di notevole gravità. In seguito all'erogazione di un prestito di 26 Miliardi di Dollari dal Fondo Monetario Internazionale, necessario per superare la crisi economica, i Governi dell'Amministrazione Basescu sono stati costretti ad intraprendere una politica di austerità caratterizzata da decisioni fortemente impopolari, come l'incremento dell'IVA e un taglio netto delle pensioni.
Ponta, divenuto Premier dopo la caduta dei Governi Boca ed Ungureanu - di orientamento moderato, così come Basescu - si è detto contrario alle manovre finanziarie intraprese dai precedenti Esecutivi, e per non pagare l'alto prezzo politico derivante dall'austerità imposta dagli obblighi internazionali ha fatto il possibile per sollevare il Capo dello Stato dalle sue competenze prima della scadenza naturale del suo mandato.
Una questione anche di gas
Sul lato energetico, Basescu ha avviato un piano di sfruttamento intensivo dei giacimenti di gas e greggio presenti nel sottosuolo romeno e nella acque territoriali della Romania del Mar Nero per diminuire la dipendenza di Bucarest dalle forniture della Russia, che, ad oggi, soddisfano circa l'80% del fabbisogno del Paese.
Inoltre, il Presidente romeno ha sostenuto con determinazione la politica energetica comune varata dalla Commissione Europea per implementare la sicurezza energetica dell'UE.
A più riprese, egli ha inoltre sostenuto la realizzazione del Nabucco: gasdotto progettato dall'Unione Europea per trasportare direttamente nel Vecchio Continente gas di provenienza centro-asiatica, e diversificare gli approvvigionamenti energetici da quelli controllati direttamente dal monopolista russo, Gazprom.
Differente sulla questione è stato il comportamento di Ponta. Il Premier socialista ha infatti cavalcato l'onda ecologista, e ha posto un veto sia ai progetti di ricerca di nuovi giacimenti voluti da Basescu, sia all'avvio delle procedure per l'individuazione di possibili riserve di gas non-convenzionale in territorio romeno.
Inoltre, Ponta non ha rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale sul Nabucco, né ha mai palesemente contrastato la realizzazione del gasdotto Southstream: progetto alternativo alla conduttura dalla verdiana denominazione, varato dalla Russia per impedire all'UE l'accesso diretto alle riserve di gas di Azerbajdzhan e Turkmenistan.
Letta dal punto di vista energetico, la politica di Basescu è decisamente in linea con la filosofia della Commissione Europea orientata alla diversificazione delle forniture di gas e greggio per il Vecchio Continente, e garantisce il mantenimento della sicurezza nazionale della Romania e, più in generale, di tutti i Paesi dell'UE.
Le manovre di Ponta sono invece ascrivibili ad una politica di corto raggio che accetta il ruolo della Russia come unico fornitore di gas all'Europa, e mira unicamente all'ottenimento da parte di Mosca di sconti sulle tariffe per l'acquisto di oro blu.
L'atteggiamento di Ponta, poco coraggioso e lungimirante, mette a serio repentaglio la realizzazione dei piani energetici della Commissione Europea, e rischia di lasciare il Vecchio Continente dipendente da un solo fornitore di oro blu.
Questa situazione è fortemente rischiosa, sopratutto se si considera la sempre crescente domanda di gas che, secondo le stime dei più autorevoli centri di studio, proverrà nei prossimi anni dalle economie dei Paesi UE.
Matteo Cazzulani
Free lance journalist
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