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Stop al riconoscimento facciale nell’Unione europea?

6 Feb 2020 - Carolina Polito

| Scritto da Redazione
Stop al riconoscimento facciale nell’Unione europea?

La Commissione europea starebbe vagliando una potenziale iniziativa volta a proibire l’implementazione di sistemi di riconoscimento facciale. Un divieto temporaneo, per un periodo compreso tra i 3 e i 5 anni, in attesa che siano sviluppati una metodologia adeguata per stabilire il potenziale impatto di tale tecnologia e possibili strumenti per mitigare i rischi connessi alla sua implementazione.

All’interno di un documento riservato ottenuto da Euractiv, media specializzato in politiche Ue, infatti, viene esplicitamente segnalato come un tale divieto avrebbe un ruolo non marginale nell’impedire lo sviluppo di questa tecnologia in Europa, frenando inevitabilmente l’innovazione. La strada verso l’adozione di questa misura, tuttavia, sembra non essere così scontata, come confermato anche da un parziale passo indietro della Commissione pochi giorni dopo la rivelazione.

Allo stadio attuale dello sviluppo tecnologico, infatti, la piena implementazione delle misure già previste dalla General Data Protection Regulation (Gdpr) potrebbe apparire più adeguata. È quindi possibile che il Libro Bianco della Commissione sull’intelligenza artificiale, la cui pubblicazione è prevista per fine mese, adotti piuttosto questo secondo punto di vista circa un eventuale bando a tali sistemi, e decida di indirizzare il proprio sforzo normativo in altri ambiti relativi all’intelligenza artificiale. È comunque nelle priorità della nuova Commissione adottare una misura di legge vincolante e non volontaria in materia.

Gli scenari di regolamentazione dell’intelligenza artificiale

A ogni modo, il documento appare significativo per comprendere  il quadro di riferimento per il futuro apparato legislativo europeo in questo ambito, e delinea, in particolare, cinque possibili opzioni per una regolamentazione comunitaria in materia di intelligenza artificiale. Primo, stabilire un meccanismo di etichette volontarie per le applicazioni a minor rischio, con il quale sviluppatori e utenti possano certificare la conformità alle disposizioni per un’intelligenza artificiale etica ed affidabile. Secondo, fissare dei requisiti settoriali per la pubblica amministrazione e il riconoscimento facciale.

La terza opzione è l’ideazione di requisiti obbligatori per le applicazioni e i settori maggiormente rischiosi quali, tra gli altri, il settore sanitario e dei trasporti, le applicazioni di polizia predittiva, e le applicazioni di sistemi di intelligenza artificiale con effetti significativi, irreversibili, o possibilmente discriminatori per i soggetti coinvolti, come le applicazioni in processi selettivi. O ancora, emendare la legislazione europea in materia di sicurezza e responsabilità dei prodotti prendendo in analisi i nuovi rischi che possono emergere con l’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale. Infine, si potrebbe stabilire un meccanismo di governance il più efficace possibile, fondato sulla supervisione delle autorità nazionali a cui venga affidata l’applicazione della nuova regolamentazione in materia.

Il delicato bilanciamento tra privacy e mercato

Alla luce di tale quadro, sembra dunque che la nuova cornice europea per regolare l’intelligenza artificiale risulterà composta da una combinazione di misure volontarie e obbligatorie. Non a caso, il dibattito sulla desiderabilità di una regolamentazione più o meno stringente di questi sistemi è particolarmente acceso. Da una parte, imporre troppo precocemente delle regole sullo sviluppo o l’adozione di questi sistemi potrebbe risultare in un indebolimento dell’industria europea a vantaggio dei Stati Uniti e Cina, che già godono di una posizione privilegiata sul mercato.

Purché vengano garantite sicurezza e rispetto della privacy, potrebbero quindi essere preferibili misure meno stringenti. D’altra parte, negli ultimi anni l’Unione europea sta cercando sempre più di affermarsi internazionalmente come potenza normativa, e attraverso una legislazione più forte in materia di intelligenza artificiale potrebbe cercare di replicare il successo internazionale raccolto con il Gdpr. L’Europa dovrà quindi navigare in questo non facile terreno, bilanciando le esigenze degli Stati membri e quelle del settore privato.

L’idea di proibire il riconoscimento facciale risulta soggetta allo stesso problema. Un’attenta valutazione di tale policy sembra quindi fondamentale, poiché non necessariamente proibire questi sistemi migliorerebbe in modo significativo le problematiche legate alla sorveglianza. A tal proposito, un commento di Bruce Schneier sul New York Times sottolinea come focalizzarsi su proibizione o sospensione dell’implementazione di questi sistemi – come sta avvenendo in molti centri negli Stati Uniti – potrebbe distogliere l’attenzione dalla più complessa dinamica della sorveglianza basata sull’accumulazione spesso non consensuale di dati personali da parte di soggetti privati e governativi a fini di identificazione, correlazione e discriminazione. La pubblicazione del Libro Bianco a fine febbraio è dunque il prossimo atteso atto dell’Unione europea in cui si potrà meglio chiarire verso quali direzioni in questo complesso quadro la nuova Commissione vorrà orientarsi.

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