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Abbate (PD) .Relazione Assemblea cittadina del 3 febbraio 2011

| Scritto da Redazione
Abbate (PD) .Relazione Assemblea cittadina del 3 febbraio 2011

Care democratiche e cari democratici,
a tre anni dalla nascita, il PD cittadino si appresta al rinnovo degli organismi.
Sono stati tre anni intensissimi di costruzione febbrile che non abbiamo mai interrotto, anche quando “condizioni avverse” suggerivano ai più di rintanarsi al calduccio del proprio privato.
Il progetto era ambizioso.
Non si trattava di una semplice ristrutturazione, come aprire una tramezza tra due vecchi appartamenti.
Volevamo una casa nuova, più grande, più accogliente.
Sognavamo pareti di cristallo e porte e finestre sempre aperte.
Immaginavamo un grande spazio dove confrontarci finalmente senza pregiudizi ideologici sul paese che vogliamo: un’ Italia laica, europea, riformatrice.
Un’Italia in cui ci siano effettive condizioni di democrazia, dove ci sia effettiva esigibilità dei diritti civili e sociali, dove la libera economia di mercato non sia mai disgiunta dall’ equità sociale, dove si possa costruire una società aperta,  dove sia premiato il merito e non l’avvenenza o il servilismo, un’Italia all’altezza dei  bisogni delle nuove generazioni.
Un’Italia che abbia ben salda la cultura delle regole e dello Stato di Diritto, capace di mantenere distinti  il potere politico, il potere economico e il potere mediatico. Un’Italia dall’etica pubblica esigente, anzi intransigente, basata sulla cultura del servizio. Soprattutto volevamo un’Italia con una classe dirigente radicalmente rinnovata.
Volevamo una grande forza di centro sinistra, nitidamente alternativa a questa destra populista, illiberale, affarista, clericale, corporativa, protezionista,  xenofoba, omofoba.
Questa destra che oltraggia ogni giorno le istituzioni, facendone il bivacco per ogni sorte di commercio. 
Volevamo una grande forza di centro sinistra, nitidamente alternativa a questa destra becera  che contesta apertamente l’identità di un’Italia unita e lavora per dividere il paese lungo ogni frattura possibile: nord e sud,  giovani e vecchi, lavoratori e sindacati.
Volevamo una grande forza di centro sinistra capace di smuovere profondamente le visceri di una nazione che sembra aver  smarrito ogni orizzonte etico, che si mostra incapace di reagire al veleno del berlusconismo, mitridatizzata com’è da un lungo ventennio di comunicazione di massa drogata.
Volevamo un partito nuovo che sapesse accogliere in maniera laica e plurale i migliori fermenti della società civile, portandoli a sintesi. Credevamo nella competizione virtuosa delle idee, credevamo nella partecipazione. 
A distanza di tre anni, molto è ancora da fare.
Ci rimproverano da più parti di non aver ancora un profilo identitario preciso, o per lo meno di non riuscire a comunicarlo. Di essere spesso reticenti, incerti sulle questioni fondamentali, quasi sempre divisi.
Durante la segreteria di Veltroni qualcuno ci rinfacciava di essere un partito monocratico senza una reale vita democratica interna,  privo di radicamento. Un partito che dal berlusconismo mutuava linguaggio, mentalità, pratica del potere, programmi e strategia.
Ora che c’è Bersani, arrivano critiche opposte: siamo un partito che guarda indietro, alla vecchia socialdemocrazia, che non ha una  leadership forte, un partito in cui i cattolici non si sentono a proprio agio, un partito che ripropone vecchie ricette obsolete, inadeguate alla “modernità”, che si perde nei tatticismi delle alleanze, tirato per la giacchetta dai Di Pietro e dai Vendola, cheha perso il coraggio di fare da sé.
Se queste critiche venissero dall’esterno, dai nostri avversari di destra o dai nostri competitori di sinistra, non ci sarebbe che da rallegrarsene.
Purtroppo questi disagi si odono al nostri interno, sono gli sfoghi che raccogliamo tra i proprietari di quelle gambe sulle quali dovrebbero viaggiare le nostre idee.
Eppure mai come nell’ultimo anno, il partito ha lavorato e approfondito tematiche bollenti, le ha affrontate nelle sedi istituzionali, sono stati prodotti e votati documenti che chiunque può consultare.  Sul Lavoro, sul Fisco, sull’Immigrazione, sulle Riforme Istituzionali, solo per fare qualche esempio, c’è stato un intenso impegno che avrebbe dovuto innescare un dibattito anche sui territori.
Eppure, al netto di tutto questo lavoro, quello che rimane nell’immaginario è pochissimo: basta un’improvvida comparsata della prima donna di turno sui media e la credibilità del partito è scossa.
Allora la domanda semplice semplice, che anche un bambino si farebbe è: ma come mai in questo benedetto partito democratico non riescono a mettersi d’accordo?
Purtroppo la risposta è altrettanto semplice: abbiamo messo vino nuovo in otri vecchie.
Il PD era nato per unire, aggregare, ricostruire un campo di centro sinistra sganciato dall’abbraccio mortifero di una sinistra massimalista e ottocentesca.
Era nato come spazio laico in cui i cattolici democratici potessero esprimere  il contributo della prospettiva personalistica cristiana con pari dignità dei liberali e dei socialisti democratici.
Nella ricchezza e nella competizione aperta e virtuosa delle idee doveva nascere per sintesi il profilo  identitario del PD.
 Invece il vino nuovo, ricco di fermenti, questa bellissima intuizione del partito democratico, lo abbiamo ingabbiato in un otre vecchio, vecchissimo, sclerotico: una classe dirigente che costringe e mortifica come in un’armatura di ferro il corpo in crescita del PD.
Una classe dirigente che antepone la lotta di potere a quella delle idee.
Un classe dirigente che ineluttabilmente, come per una coazione a ripetere, non può che auto conservarsi, che riproporre all’infinito dinamiche già sperimentate e antiche rivalità, una classe dirigente che troppo spesso coopta i giovani premiando più il conformismo che il merito.
Una classe dirigente che dobbiamo rinnovare non certo per “rottamazione” come qualche giovane rampante furbetto propone, ma  con la forza e la determinazione di una riscossa dal basso, con una paziente opera di costruzione, mattone su mattone di una cultura democratica praticata prima che predicata.
Tocca a noi,  democratici che non abbiamo rendite di posizione da difendere, che abbiamo questa passionaccia politica che ci spinge a voler “sortire insieme dai problemi”, come dice Don Milani.
Partiamo da noi. Tocca a noi, qui, ora, dimostrare che un altro PD è possibile, che la discussione nel merito dei problemi non ci spaventa,  che siamo pronti a confrontarci, senza dividerci ma arricchendoci. Che siamo pronti al liberarci delle logiche delle vecchie appartenenze, che siamo pronti ad aprirci alla città e al territorio con sguardo limpido e umiltà di ascolto.
Abbiamo fatto tanto in questi tre anni, per difendere questa creatura nata male. Abbiamo tenacemente voluto tenerla in vita. Abbiamo cercato di irrobustire i circoli e abbiamo dato vita ai gruppi di lavoro tematici trasversali ai circoli. Abbiamo modellato l’organismo cittadino in modo da favorire la massima sinergia tra il gruppo consiliare e i circoli. Ora che siamo all’opposizione è più che mai indispensabile.
La sconfitta elettorale del 2009 è stato uno  choc durissimo, ma salutare, ma bisogna riconoscere che avevamo perso molto prima che per quella manciata di voti al ballottaggio.
Dai partiti precedenti avevamo ereditato le personalità di spicco, i protagonisti di una stagione riformista che aveva cambiato la faccia di Cremona, ma non avevamo ereditato la progettualità, lo slancio, la visione.  Era fisiologico che accadesse: chi è protagonista di un grande cambiamento, difficilmente ha poi le energie per rimettersi n gioco.
Tutta l’impalcatura costruita si reggeva sulla manutenzione e la difese dell’esistente. Il giovane PD a Cremona è nato non con la fame del bambino che vuole crescere, ma con l’indolenza del vecchio ben pasciuto. 
La città intorno a noi era cambiata senza che trovassimo la spinta per attrezzarci, per dotarci di nuovi strumenti di lettura: occhi nuovi, meno disincantati, meno pieni di sé, più umili.
Cremona è una città parcellizzata in microcosmi autoreferenziali che parlano a sé stessi e difficilmente comunicano tra loro.
Mondi ricchissimi di competenze, di passione, di valori racchiuse in croste fragilissime che qualcuno prima o poi frantumerà. 
Il PD può farsi promotore di una rinascita dal basso della città, ora che non governa può e deve essere capace di ripartire da un foglio bianco per ridisegnare una nuova visione.
Non deve lasciarsi irretire dal peso di un grande passato, dalla difesa di piccole posizioni di governo che ci danno l’illusione che ancora abbiamo un potere.
E’ ora di tagliare il cordone ombelicale: le scadenze naturali degli incarichi apicali delle ex municipalizzate sono imminenti: non lasciamo che l’ambiguità ci leghi mani e piedi e ritiriamo ogni nostro esponente.
Facciamo in modo che la nostra opposizione sia netta e letta nitidamente e senza ombra di dubbio di compromissioni di sorta.
L’amministrazione Perri non merita sconti.  Non voglio ripercorrere per intero quest’anno e mezzo di malgoverno, non ce n’è bisogno: su ogni partita sono stati capaci di dare il peggio che una mediocre compagine potesse dare  per incompetenza e  incuria.
Prendiamo solo l’ultimo gravissimo episodio , una vera e propria censura, degna del peggiore fascismo, su un’opera ventennale, La Storia di Cremona, con il veto nei confronti di Massimo Terzi, per i suoi trascorsi di sinistra.
 Un episodio  grottesco  di cui tutta la città si vergogna.
Si legge sulla stampa che il sindaco Perri sia imbarazzato. Bene! Vuol dire che gli rimane ancora un briciolo di intendimento, visto che ultimamente non lo abbiamo visto imbarazzarsi di fronte a nulla. Né di fronte alle intemerate dei suoi assessori, né di fronte ai dctat delle rissose forze politiche della sua maggioranza.
 Lo abbiamo visto farsi dettare l’agenda delle priorità dal benemerito cav. Arvedi e lo abbiamo visto abbozzare davanti alla Compagnia delle Opere sull’affare dei buoni pasto per i dipendenti comunali. 
Proprio due giorni fa abbiamo bocciato in commissione il regolamento sull'accesso relativo ai nidi ed alle scuole dell'infanzia dove si vuole ricorrere al pagamento anticipato delle rette per la frequenza e la ristorazione.  Sacrosanta l’esigenza di definire criteri aggiornati ed unitari relativi all'accesso ed alla regolamentazione dei servizi educativi per l'infanzia, ma perché anteporre la preoccupazione per le casse comunali  a quella della garanzia della continuità del servizio educativo?
E così mentre la città langue, la vita culturale si spegne e  il degrado avanza,  l’amministrazione Perri  spicca per superficialità e approssimazione, quando non peggio. 
Il nostro gruppo consiliare può fare  bene il suo lavoro di opposizione se ha un partito forte alle spalle, coeso, libero dai condizionamenti del passato e disponibile alla collegialità e alla condivisione.
Potremo essere tra i giovani, se avremo al nostro interno giovani di valore che con intelligenza, spirito critico e libertà di pensiero,si dedicheranno alla politica, non se coccoleremo piccoli opportunisti incapaci di attrarre i loro coetanei.
Potremo essere tra le donne che lavorano, che mandano i figli a scuola, che curano i loro anziani,che fanno volontariato, se sapremo dimostrare che le donne nel nostro partito hanno già lo stesso valore, lo stesso peso e la stessa dignità, la stessa autorevolezza di quella che predichiamo per l’intera società.
Saremo tanto più credibili quanto più la nostra condotta sarà coerente, saremo tanto più ascoltati quanto più ascolteremo.
Ci aspetta un lavoro impegnativo ma entusiasmante da fare tutti insieme.
Tra poco i due candidati presenteranno il loro programma. Li ringraziamo sin da ora della disponibilità che hanno offerto:gli si chiede un impegno di tempo e di energia e un carico non indifferente che non molti sono disposti a prendersi sulle spalle. In più, desidero porgere loro un ringraziamento personale. Mi sono dedicato al partito come si fa con le creature molto desiderate: grazie per esservi offerti di prendere il testimone.
Qualsiasi sarà l’esito della votazione di domani, sono certa che il PD cittadino sarà in buone mani.
Voglio ringraziare tutti voi. L’esperienza della segreteria cittadina mi ha insegnato molto e molto mi ha arricchito. Posso dire senza ombra di dubbio che è stata anche una scuola di vita. Auguro a chi mi succederà di avere le stesse opportunità di crescita e l’aiuto di tutte le belle persone che hanno condiviso con me quest’ esperienza.
Vorrei ringraziar tutta la segreteria uscente, in particolar modo i segretari di circolo. Un grazie di cuore a  Claudio Rebessi, Valentina Ferrari e Anna Riccardi, veri e propri angeli custodi senza i quali non avrei potuto lavorare.
Come sapete ora mi dedico alla Formazione politica regionale, un incarico che mi appassiona incredibilmente e che mi da modo di scendere un po’ al di sotto della superficie del dibattito politico quotidiano. E’ solo un nuovo modo di dedicarmi al partito e quindi anche a voi.
grazie
Annamaria Abbate

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