Il nuovo studio “Immigration and trust in the EU – A territorial analysis of voting behaviour and attitudes” del Joint Research Centre (JRC) esamina i legami tra l’euroscetticismo e gli atteggiamenti negativi nei confronti dell’immigrazione e, dicono i ricercatori del servizio scientifico della Commissione europea, «I risultati offrono utili spunti per migliorare la nostra comprensione della complessa interazione tra realtà socio-economiche percepite e/o reali, cambiamento demografico e migrazione».
I ricercatori hanno analizzato una lunga serie di sondaggi di Eurobarometro che forniscono informazioni sulla fiducia nei riguardi dell’Unione europea e sugli atteggiamenti nei confronti della migrazione e hanno confrontato le informazioni con i voti espressi alle elezioni del Parlamento europeo con i dati sulle posizioni anti o pro migranti. Ne è venuto fuori che «Le persone con atteggiamenti negativi nei confronti degli immigrati tendono ad avere meno fiducia nell’Ue» e lo studio ha trovato «una chiara associazione tra gli atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione e la fiducia nell’Ue in tutti i 27 paesi dell’Ue e nel Regno Unito», i dati sono stati raccolti prima della Brexit.
Invece «Le persone con percezioni positive sull’immigrazione tendono ad avere un livello di fiducia più elevato nell’Ue«, mentre «In tutti i Paesi analizzati, le persone che hanno atteggiamenti negativi nei confronti degli immigrati extraeuropei tendono a non fidarsi dell’Ue».
Inoltre, lo studio ha rilevato che «Le persone che hanno un’istruzione migliore, così come gli studenti, i giovani e le persone che hanno un impiego hanno maggiori probabilità di fidarsi dell’Ue».
Ma quello della lotta all’immigrazione sembra un bacino elettorale limitato quanto effimero: dallo studio viene fuori che sono i fattori economici a determinare le preferenze di voto più che la presenza di immigrati».
Come avevano giù dimostrato ricerche precedenti l’elevata presenza di migranti non rappresenta la principale fonte di malcontento tra i cittadini. I collegi elettorali dove i Partiti contrari all’immigrazione prendono più voti sono quelli dove predominano fattori economici e sociodemografici come l’invecchiamento della popolazione, la scarsa istruzione e il basso reddito, piuttosto che la presenza di migranti. «Nella maggior parte dei Paesi – evidenzia il JRC – le persone che vivono in aree a bassa densità di popolazione sono più propense a votare per i Partiti che favoriscono misure restrittive sulla migrazione».
Insomma, come dimostrano anche le mappe del voto italiane, i più propensi a votare per la destra xenofoba sono gli elettori dei collegi rurali dove la presenza di migranti è scarsa e ininfluente.
E proprio l’Italia, insieme ai Paesi Bassi, è uno dei due casi di studio utilizzati dai ricercatori per valutare ulteriormente l’effetto della presenza dei migranti sul voto a un livello geografico più dettagliato. Il JRC spiega che «Uno si basa sui dati a livello comunale delle elezioni del Parlamento europeo in Italia nel 2019 e uno sui dati a livello di quartiere nelle elezioni generali in Olanda nel 2010. In entrambi i casi, vi è una chiara divisione nei modelli di voto tra aree urbane e aree a bassa densità demografica».
Secondo lo studio, «In Italia, la bassa densità di popolazione e il basso reddito, oltre alla presenza di migranti, spiegano i voti per i Partiti con opinioni restrittive sulla migrazione. I dati delle elezioni generali del 2010 nei Paesi Bassi confermano che fattori economici e sociodemografici, come la struttura per età della popolazione residente, la scarsa istruzione e il basso reddito spiegano il sostegno al partito anti-immigrazione locale più che l’elevata presenza di migranti».
Nel caso di studio sull’Italia si ricorda che negli ultimi anni, le questioni relative all’immigrazione sono state centrali nelle campagne elettorali italiane e l’Italia è stato uno dei Paesi membri dell’Ue dove i Partiti a favore di misure più restrittive in materia di migrazione hanno ottenuto più voti nelle elezioni del Parlamento europeo del 2019 rispetto alle elezioni del 2014. Il rapporto sottolinea che «Storicamente, il partito che ha costantemente e con maggiore importanza dedicato la sua piattaforma politica alla riduzione dell’immigrazione e dei diritti degli immigrati è la Lega (Lega, precedentemente, Lega Nord). Alle elezioni del PE 2019, la Lega ha fatto il suo più grande progresso per la quota di voti ottenuta da quando esiste il partito (34,3%, rispetto al 6,6% alle elezioni 2014 del PE e al 17,4% alle elezioni nazionali 2018). I news reports hanno evidenziato che i dati a livello provinciale hanno mostrato che il successo elettorale della Lega non era legato alle dimensioni della popolazione immigrata, ma era positivamente correlato a un alto cambiamento nelle proporzioni dei migranti».
Dall’analisi del voto a livello LAU, cioè a livello di Comune, combinata con altri dati socio-demografici nella stessa unità teritoriale e la percentuale di immigrati calcolata sui dati ISTAT e utilizzando come variabile le percentuali di voti ai Partiti con opinioni restrittive sulla migrazione come variabile dipendente e la percentuale di migranti come principale variabile indipendente, «E’ possibile notare una forte caratterizzazione regionale sia della percentuale di popolazione a basso reddito sia della percentuale di voti per i Partiti a favore di misure restrittive sulla migrazione». Lo studio fa notare che «La principale scoperta di questi modelli è che, dopo aver controllato la densità della popolazione, il basso reddito e le differenze tra le regioni (applicando effetti fissi regionali), non c’è alcuna associazione statisticamente significativa tra la presenza di migranti e i risultati elettorali considerati. Inoltre, vale la pena notare che il cambiamento nella quota di migranti tra il 2011 e il 2018 ha un’associazione negativa con il voto per i Partiti con opinioni restrittive sulla migrazione. Questo risultato rimane coerente in tutti i diversi modelli e va nella direzione opposta a analisi simili riportate nelle citate news italiane. Questo dimostra quanto sia fondamentale determinare l’unità geografica di analisi rilevante, quando si studia l’influenza dei fattori territoriali».
Anche la densità di popolazione ha, in tutti i modelli, un effetto negativo, suffragando così l’ipotesi che i Partiti che favoriscono misure restrittive sulla migrazione per ottenere voti «hanno maggiori probabilità nelle aree meno densamente popolate. Il reddito basso (misurato come percentuale della popolazione con dichiarazioni fiscali