(CR) Pianeta Migranti. Il ministro Piantedosi denunciato al Tribunale penale internazionale
E’ stato segnalato per un post in cui rivendica il successo del respingimento in Libia di 16.220mila persone da gennaio ad oggi. Un successo che diventa disperazione per i migranti.
l ministro Piantedosi il 19 settembre ha rilasciato una dichiarazione pubblicata su X (twitter) che diceva: “Sono 16.220 i migranti diretti verso le coste europee intercettati in mare e riportati in sicurezza in Libia da gennaio ad oggi. Un dato che testimonia l’efficacia della collaborazione dell’Italia con paesi di origine e transito dei migranti…”.
Ma l’ong Mediterranea Saving Humans fa notare che la Libia non è considerata un porto non sicuro dall’Onu e dai più autorevoli organismi internazionali, e accusa Piantedosi di aver violato due convenzioni, quella di Ginevra sui profughi e rifugiati e quella di Amburgo per quanto riguarda il soccorso in mare. Pertanto, ha presentato formale denuncia contro il ministro e l’ha depositata presso la Procura generale del tribunale internazionale.
Per Mediterranea, le parole del ministro sono la «rivendicazione» di un «gravissimo reato» in quanto nè il ministro né nessun altro può sapere quali violazioni abbiano subito quei 16.200 migranti respinti di nuovo nelle mani degli aguzzini libici da cui erano scappati.
Sempre nei confronti di Piantedosi, c’è anche la denuncia contenuta nel report di Fro (Fundamental rights office) di Frontex, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere, in cui si sottolinea come in mare manchino navi dedicate al soccorso e salvataggio e come quelle poche presenti, a capo di ong, vengano perseguitate secondo la normativa ministeriale.
I respingimenti non sono successo, ma un orrore.
Reportage, report internazionali, dossier, video, testimonianze e libri raccontano da tempo cosa siano la Libia, i lager, le torture, la compravendita e lo schiavismo delle persone. E’ risaputo che la Libia è tutto, tranne che un paese sicuro.
Lo racconta in modo forte Ibrahima Lo, che dalla Mare Jonio è stato salvato e che sulla sua storia ha scritto alcuni libri: Pane e acqua. Dal Senegal all’Italia passando per la Libia e il recente La mia voce. Dalle rive dell’Africa alle strade d’Europa (entrambi per Villaggio Maori edizioni). Il primo ha fatto da canovaccio a Matteo Garrone per il suo celebre film Io capitano.
«Non è facile raccontare -scrive-. Non è stato facile iniziare a farlo, non lo è continuare.
«Ogni volta che si racconta si ripercorre il viaggio, la sofferenza, si piange dentro. Mentre scrivevo quello che sarebbe diventato il mio primo libro, a mano, continuavo a piangere e cestinare i fogli. Non ho scritto tutto, né tutto si può raccontare. Ma, non ci si può sottrarre dal farlo. Il rischio sennò è che altri raccontino il non vero, come ad esempio che la Libia è un porto sicuro. L’ho sentito dire dal ministro Salvini».
E il racconto di Lo smentisce ogni concetto di sicurezza lungo il viaggio migratorio. «Sono partito in una notte di Capodanno, che avevo 16 anni. Sono stato trattato come sono stati trattati i miei bisnonni, come uno schiavo. Comprato e venduto. Sono partito perché avevo il sogno di diventare giornalista. Mi è stato detto che in Europa avrei potuto realizzarlo. A casa, in Senegal, non avevamo neanche i soldi per i vestiti, i libri, la mensa scolastica. Arrivando in Libia, dopo la traversata nel deserto in cui ho rischiato, abbiamo rischiato, di morire, pensavamo fosse il paradiso, ma lì ho visto l’inferno. Ne ho sul corpo i segni».
Lo porta sul braccio icatrici che non si cancellano e che rivive di continuo.
«Quando noi 120 siamo stati salvati dalla Mare Jonio, un altro barchino con altrettante persone è affondato, ne racconto i nomi e le storie perché mentre io parlo oggi ancora accade. Adesso c’è qualcuno che sta vivendo la stessa storia che ho vissuto io. Non posso tacere».