UN GRAZIE AI RAGAZZI DEL LICEO ARTISTICO STRADIVARI PER LA REALIZZAZIONE DELLE SCENE |
Un particolare Ringraziamento per la decorazione delle scene de Il Ritorno di Ulisse in Patria, che inaugurerà il Monteverdi Festival il 17 giugno pv, va agli studenti della Classe 4 A (corso scenografia) e della 3 B (corso grafica) del Liceo artistico dell’Istituto di Istruzione Superiore ‘Antonio Stradivari’ di Cremona coordinati dai Prof. Ferdinando Ardigò, Renato Cappelli, Mauro La Rosa, Gabriele Gaimari, Pennisi Francesco, Vera Lazzarini, Chiara D'Aureli.
Si ringrazia della collaborazione per la sagomatura dei target il Sig. Giovanni Mori
Il Monteverdi Festival inaugurerà con un nuovo allestimento de Il Ritorno di Ulisse in Patria di Claudio Monteverdi. La nuova produzione vedrà la direzione del M° Ottavio Dantone, tra i più accreditati interpreti del repertorio italiano antico a livello internazionale, mentre la regia sarà curata da Luigi De Angelis, figura innovativa nel panorama del teatro contemporaneo.
Ma per saperne di più e scoprire curiosità musicali, ma anche registiche l’appuntamento è con L’Opera si Rivela, mercoledì 15 giugno alle ore 19.00 (Ridotto del Teatro) e con: Ottavio Dantone (direttore), Luigi De Angelis (regista), Alberto Mattioli (giornalista), Andrea Cigni (sovrintendente del teatro).
Assente dal 2004 Il Ritorno di Ulisse in Patria inaugurerà il Monteverdi Festival 2022.
La direzione musicale è affidata al carismatico Ottavio Dantone e alla sua Accademia Bizantina, che già fu protagonista dell’opera monteverdiana dell’edizione 2004.
L’innovativa regia invece sarà a cura di Luigi De Angelis, tra i più apprezzati registi nel panorama del teatro contemporaneo già conosciuto al pubblico del Ponchielli per un originalissimo allestimento del 2019 di Orfeo nel Metrò, che ha riscosso grande consenso di pubblico e critica.
venerdì 17 giugno ore 20.00 - Teatro A. Ponchielli
venerdì 24 giugno ore 20.00 - Teatro A. Ponchielli
IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA
note di regia di Luigi De Angelis
Da quando mi è stato chiesto di mettere in scena Il ritorno di Ulisse in patria, non ho potuto fare a meno di tornare più volte su un ricordo denso dei tempi dell’Università a Bologna. Con Chiara Lagani - cofondatrice di Fanny & Alexander, che cura la drammaturgia e i costumi di quest’opera - abbiamo avuto la fortuna incredibile di seguire le lezioni di uno dei più grandi geografi del nostro tempo, Franco Farinelli. Il suo corso monografico ruotava attorno alla decostruzione e lettura filosofica del mito di Ulisse, facendone il prototipo dell’eroe moderno precursore ed emblema dell’avvento di un nuovo mondo, di fatto della modernità.
Ulisse, diceva Farinelli, è l’eroe che acceca Polifemo nella caverna, al contrario espressione di un mondo arcaico, governato da gerarchie tattili, verticali, affettive. Ulisse è invece l’uomo del calcolo, della menzogna, dell’inganno, utilizza una falsa identità per i propri calcoli. Farinelli dice che nell’incontro nella caverna tra Ulisse e Polifemo c’è la chiave dell’avvento della modernità...
Ulisse si identifica con Polifemo col nome di “Outis”, “Nessuno”, per cui quando Polifemo chiede agli altri giganti di aiutarlo a catturare “Nessuno”, non riceve - ovviamente - aiuto… Acceca Polifemo e per sfuggire alla sua rabbia cieca si nasconde sotto il montone capobranco. Il soggetto del nostro mito, Ulisse, l’eroe, si mette sotto alla pancia del montone, sapendo che Polifemo istintivamente non può che utilizzare la sua conoscenza del mondo fatta di tattilità per identificarlo; si fa “sub-iectum”, colui che si sottrae e si mette sotto (da “sub-icere”.) …
È una strategia vincente, ma allo stesso tempo comporta un annullamento identitario.
È il paradosso di Ulisse, per “essere” deve annullare la propria identità, essere “nessuno”, non può più essere riconosciuto, ed è la sua dannazione, anche quando torna a casa, in cui nessuno lo riconosce, né il figlio, né la moglie, né il pastore Eumete. Lui stesso non riconosce Itaca, quando i Feaci lo abbandonano sulla spiaggia. Solo Ericlea, l’ancella che l’aveva accudito da bambino, lavandolo, “toccando” la sua gamba riconosce la cicatrice procuratagli da un cinghiale da bambino. Ulisse utilizza il calcolo, è capace di misurare lo spazio e il suo tempo di percorrenza, applicare la logica di uno spazio omogeneo, rispetto alle striature e incongruenze di un mondo antico dove lo spazio non esiste perché non è commensurabile. Ulisse inventa l’idea di spazio moderno, divisibile, misurabile, è il prototipo dell’uomo moderno che antepone alla lettura del mondo l’immagine del mondo, un progetto da anteporre all’esperienza diretta del mondo. Il suo mito sembra quasi un monito all’intossicazione contemporanea per le immagini, per cui la “facilità” delle immagini, per dirla con James Hillmann, è quella di superficie, di “facciata” (dal latino facies), ma non ha a che fare col vero vedere, connesso col cuore, con una logica non omogenea delle relazioni spaziali e vitali. Ulisse per vedere e prefigurare deve “scomparire”, perdere l’identità, assumere la postura di un eroe fragile, errare per 20 anni, ritrovarsi mendicante, rischiare di perdere gli affetti, in qualche modo per sopravvivere deve disconnettersi dalla realtà, nascondersi dietro al progetto. Minerva, nell’idea che i Greci avevano del politeismo, è espressione di una sua parte profonda, combattiva e calcolatrice, vendicativa.
Tutta l’opera converge fin dall’inizio verso la scena cruciale, quella dell’uccisione dei Proci, verso la prova dell’arco, in cui Ulisse sarà l’unico a riuscire a tendere l’arco e a uccidere tutti i Proci, compiendo un eccidio che oggi avrebbe il sapore delle stragi nei luoghi pubblici (ad esempio negli Stati Uniti) spesso sulle cronache dei nostri giorni. Mettere in scena Ulisse oggi non può non voler dire confrontarsi con l’idea ossessiva di questa scena, con l’idea che tutto oggi è in qualche modo “bersaglio”, sotto minaccia costante. Tutto oggi è “target”, bersaglio di una prospettiva di mercato e di consumo, che non prevede l’eccezione, l’incongruo, l’inciampo o una logica che non preveda la monetizzazione valoriale, estetica, cosmetica. Tutto deve essere incasellabile, spendibile, deve poter circolare velocemente, essere consumato e riconosciuto secondo la logica del target. Tutto tende al parossismo di un vortice in cui la logica della guerra sembra l’apice naturale di una prospettiva
Gli Dei sono morti, non sono più riconoscibili, sopravvivono forse in qualche bella pubblicità, rimangono le loro forme, i loro segni, le loro spore invisibili, relegate a merce di consumo, a pura estetica. Sono essi stessi bersaglio, “target”, non si esprimono più se non per simboli privi di carica vitale. Non sono più connessi con l’uomo, ma sono condannati alla bidimensionalità, a compiere gesti vuoti e a circolare ormai come moneta e a essere invisibili.
Il ritorno di Ulisse in Patria è un’opera di sconvolgente modernità perché attraversa temi a noi molto vicini, dalla ferita che non si rimargina di Penelope, rintanata nel loop tossico dell’abbandono, che si nutre di un dolore profondo, ma che non è capace di superare e elaborare la separazione, alla sindrome di Telemaco, figlio orfano del padre, a Ulisse, l’eroe condannato a non essere riconosciuto da nessuno, proprio nei giorni del suo ritorno in patria… Sempre qualcun’altro deve garantire per lui. La partitura di quest’opera meravigliosa e sperimentale ci offre molteplici piani di lettura e ci proietta in un vero e proprio viaggio emozionale, con un andamento quasi cinematografico, con cambi di scena e di narrazione repentini, serrati, in cui la musica riflette il carattere variegato delle molteplici variazioni della vicenda, con pagine che sembrano scritte nel ‘900.
Portarla in scena a Cremona significa confrontarsi con l’architettura straordinaria del Teatro Ponchielli, che si presta naturalmente a essere vissuto come la “reggia” di Penelope e Ulisse, per cui l’orchestra è convocata in qualche modo come l’orchestra di corte di Penelope. A partire da questo presupposto, che il teatro stesso è il palazzo, il luogo delle nostre vicende, la fabula si sviluppa ai giorni nostri, e forse Ulisse è stato abbandonato dai Feaci sulle rive del Po e non a Itaca. Perché questa è una storia che ci riguarda tutti, ed è specchio della malattia del nostro tempo…
IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA
tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti (realizzata in 2 parti)
poesia di Giacomo Badoaro
musica di Claudio Monteverdi
Edizione critica a cura di Bernardo Ticci – BTE – Bernardo Ticci edizioni, 2021
Ulisse Mauro Borgioni
Telemaco Anicio Zorzi Giustiniani
Penelope Delphine Galou
Iro Bruno Taddia
Il Tempo/Antinoo Roberto Lorenzi
Giunone Raffaella Milanesi
La Fortuna Vittoria Magnarello
Giove Gianluca Margheri
Nettuno Federico Domenico Eraldo Sacchi
Minerva Giuseppina Bridelli
Amore Paola Valentina Molinari
Anfinomo Francisco Fernandez Rueda
Pisandro Enrico Torre
Melanto/L’humana Fragilità Gaia Petrone
Eurimaco Alessio Tosi
Eumete Luigi Morassi
Ericlea Anna Bessi
maestro concertatore e direttore
Ottavio Dantone
regia, scene, luci e video
Luigi De Angelis
costumi e drammaturgia
Chiara Lagani
assistente regia
Andrea Argentieri
progetto
Fanny & Alexander
Orchestra
ACCADEMIA BIZANTINA
Produzione Monteverdi Festival, Fondazione Teatro Ponchielli
Nuovo allestimento
Prezzi dei biglietti: platea/palchi €45-galleria €40-loggione €35
Biglietto studenti € 12
Info biglietteria del Teatro
Lun/ven ore 10-18; Sab/dom 10-13
tel 0372 022001/02; biglietteria@teatroponchielli.it
biglietti online: www,vivaticket.com