«Le dichiarazioni di Federcaccia sul tema
aviaria sono del tutto incomprensibili e dimostrano quanto l'ente
sottovaluti il rischio che corre la nostra Regione e il Paese intero».
A dirlo è Ferdinando Alberti, consigliere regionale del M5S, in
riferimento al recente comunicato di Federcaccia che banalizza un tema
molto importante sollevato, non da ultimo, dal Movimento 5 Stelle e che
potrebbe mettere in ginocchio l'intero settore produttivo avicolo.
«Proprio per tutelare i 1.200 allevamenti e i 25 milioni di capi
allevati in Lombardia, come M5S abbiamo chiesto con un'interrogazione
rivolta all'Assessore Rolfi cosa avesse intenzione di fare per limitare
la diffusione dell'aviaria. Come troppo spesso capita in questi casi,
le
risposte da lui ricevute sono state evasive, confusionarie e
inutilmente
polemiche».
Ad aumentare la confusione ha contribuito anche Federcaccia. «Sentitasi
tirata in causa, l'ha buttata in caciara. Secondo l'associazione dei
cacciatori, non sarebbero in alcun modo loro i responsabili
dell'eventuale diffusione del virus dell'aviaria sostenendo che
l'impiego dei richiami vivi per la caccia coinvolga solo una piccola
percentuale di specie e capi non cacciabili che circolano liberamente
nella regione Lombardia. Se fosse veramente così, allora Federcaccia
dovrebbe spiegare perché il ministero della Sanità ha chiesto alle
Regioni di impedire lo spostamento dei richiami vivi. Forse perché il
ministero ha riconosciuto proprio nei capi utilizzati dai cacciatori un
veicolo di diffusione del virus? E inoltre, se il settore venatorio
fosse totalmente estraneo al rischio pandemico, perché mai intervenire
come ha fatto l'assessore Rolfi bloccando lo spostamento dei richiami
vivi?»
«Il punto in realtà è un altro e abbiamo cercato di farlo presente
all'Assessore: dato che il governo ha concesso, a nostro avviso
erroneamente, l'impiego dei richiami vivi limitandosi a bloccarne il
solo spostamento da un luogo all'altro, Regione non ritiene di dover
potenziare l'attività di controllo sugli stessi per evitare lo scoppio
di una crisi pandemica legata alla diffusione dell'aviaria negli
allevamenti lombardi?».
«Certo - prosegue il consigliere bresciano - avremmo preferito il
divieto dell'impiego dei richiami vivi intervenendo alla radice del
problema. Una decisione di questo genere avrebbe però visto cacciatori
ed associazioni venatorie fare le barricate contro chi governa la
Regione che sa molto bene quale importante bacino di voti rappresentino
i cacciatori per loro».
«Nemmeno sul potenziamento dei controlli l'Assessore ha voluto darci
retta scaricando ogni responsabilità sulle Province. Da politico
navigato qual è, ha poi spostato l'attenzione su un altro argomento
citato nella nostra interrogazione ma al momento non centrale: la
trasmissibilità all'uomo dell'aviaria. Rolfi si è affrettato a dire
che non esistono evidenze scientifiche che dimostrino la trasmissione
da
animale a umano, cosa su cui non possiamo che dargli ragione. Va però
ricordato che anche in questo caso il tema non andrebbe affrontato in
maniera sbrigativa come fatto dall'Assessore. Basti vedere cosa è
successo nell'ultimo paio d'anni. Nessuno di noi avrebbe mai immaginato
di avere nella sola Lombardia oltre 36.000 morti a causa di un virus
arrivato dall'altra parte del mondo e che inizialmente risultava essere
infettivo solo per pangolini e pipistrelli».