Giovedì, 18 aprile 2024 - ore 14.34

Francesco: non è sana una preghiera che sia aliena dalla vita

| Scritto da Redazione
Francesco: non è sana una preghiera che sia aliena dalla vita

“La preghiera è una sorta di rigo musicale, dove noi collochiamo la melodia della nostra vita. Non è in contrasto con l’operosità quotidiana, non entra in contraddizione con i tanti piccoli obblighi e appuntamenti, semmai è il luogo dove ogni azione ritrova il suo senso, il suo perché, la sua pace”. Così Papa Francesco che questa mattina, in udienza generale, ha proseguito il ciclo di catechesi sulla preghiera soffermandosi in particolare sul “Perseverare nell’amore”.

La perseveranza nel pregare “è un invito, anzi, un comando che ci viene dalla Sacra Scrittura”, ha esordito il Santo padre richiamando una frase di San Paolo nella Prima Lettera ai Tessalonicesi: “Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie”. Cosa che sembra impossibile “dato che la nostra vita è frammentata in tanti momenti diversi, che non sempre rendono possibile la concentrazione”. Dunque, si è chiesto il Papa, “come è possibile custodire sempre uno stato di preghiera? Il Catechismo ci offre bellissime citazioni, tratte dalla storia della spiritualità, che insistono sulla necessità di una preghiera continua, che sia il fulcro dell’esistenza cristiana. Ne riprendo alcune”.

La prima è del monaco Evagrio Pontico: “Non ci è stato comandato di lavorare, di vegliare e di digiunare continuamente – no, questo non è stato domandato -, mentre la preghiera incessante è una legge per noi”.

“Il cuore in preghiera” significa che “c’è dunque un ardore nella vita cristiana, che non deve mai venire meno. È un po’ come quel fuoco sacro che si custodiva nei templi antichi, che ardeva senza interruzione e che i sacerdoti avevano il compito di tenere alimentato. Ecco: ci deve essere un fuoco sacro anche in noi, che arda in continuazione e che nulla possa spegnere. E non è facile, ma deve essere così”.

E ancora: “San Giovanni Crisostomo, un altro pastore attento alla vita concreta, predicava così: “Anche al mercato o durante una passeggiata solitaria è possibile fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate”. Piccole preghiere: “Signore, abbi pietà di noi”, “Signore, aiutami”. Dunque, la preghiera è una sorta di rigo musicale, dove noi collochiamo la melodia della nostra vita. Non è in contrasto con l’operosità quotidiana, non entra in contraddizione con i tanti piccoli obblighi e appuntamenti, semmai è il luogo dove ogni azione ritrova il suo senso, il suo perché, la sua pace”.

Certo, ha riconosciuto il Papa, “mettere in pratica questi principi non è facile. Un papà e una mamma, presi da mille incombenze, possono sentire nostalgia per un periodo della loro vita in cui era facile trovare tempi cadenzati e spazi di preghiera. Poi, i figli, il lavoro, le faccende della vita famigliare, i genitori che diventano anziani… Si ha l’impressione di non riuscire mai ad arrivare in capo a tutto. Allora fa bene pensare che Dio, nostro Padre, il quale deve occuparsi di tutto l’universo, si ricorda sempre di ognuno noi. Dunque, anche noi dobbiamo sempre ricordarci di Lui!”.

“Possiamo poi ricordare – ha proseguito – che nel monachesimo cristiano è sempre stato tenuto in grande onore il lavoro, non solo per il dovere morale di provvedere a sé stessi e agli altri, ma anche per una sorta di equilibrio, un equilibrio interiore: è rischioso per l’uomo coltivare un interesse talmente astratto da perdere il contatto con la realtà. Il lavoro ci aiuta a rimanere in contatto con la realtà. Le mani giunte del monaco portano i calli di chi impugna badile e zappa. Quando, nel Vangelo di Luca, Gesù dice a Santa Marta che la sola cosa veramente necessaria è ascoltare Dio, non vuol affatto disprezzare i molti servizi che lei stava compiendo con tanto impegno”.

“Nell’essere umano – ha osservato Bergoglio – tutto è “binario”: il nostro corpo è simmetrico, abbiamo due braccia, due occhi, due mani... Così anche il lavoro e la preghiera sono complementari. La preghiera – che è il “respiro” di tutto – rimane come il sottofondo vitale del lavoro, anche nei momenti in cui non è esplicitata. È disumano essere talmente assorbiti dal lavoro da non trovare più il tempo per la preghiera. Nello stesso tempo, - ha ammonito – non è sana una preghiera che sia aliena dalla vita. Una preghiera che ci aliena dalla concretezza del vivere diventa spiritualismo, oppure, peggio, ritualismo”.

“Ricordiamo che Gesù, dopo aver mostrato ai discepoli la sua gloria sul monte Tabor, non volle prolungare quel momento di estasi”, al contrario “scese con loro dal monte e riprese il cammino quotidiano. Perché quella esperienza doveva rimanere nei cuori come luce e forza della loro fede; anche una luce e forza per i giorni che sarebbero stati prossimi venturi: quelli della Passione”.

“Così, i tempi dedicati a stare con Dio ravvivano la fede, la quale ci aiuta nella concretezza del vivere, e la fede, a sua volta, alimenta la preghiera, senza interruzione. In questa circolarità fra fede, vita e preghiera, - ha concluso – si mantiene acceso quel fuoco dell’amore cristiano che Dio si attende da noi”. (aise) 

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