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'Il Covid-19 ci ha bruciato la memoria' | Carlo Loffi (Cremona)

E’ notte fonda, anche stavolta non si dorme. Mi frullano nella testa tanti “post” letti su Facebook. Cosa mai fatta prima dell’era Covid-19, che ora mi capita qualche volta di leggere.

| Scritto da Redazione
'Il Covid-19 ci ha bruciato la memoria' | Carlo Loffi (Cremona)

'Il Covid-19 ci ha bruciato la memoria' | Carlo Loffi (Cremona)

Sono un po’stupito da certe frasi e spero di sbagliarmi, spero di fare la figura del pusillanime o rompiscatole che dir si voglia, però … un “però” mi resta.

Solo fra ieri e oggi ho letto in un post che il vaccino non si troverà, in un altro che il virus si estinguerà, in un altro ancora che il caldo non lo sopprime, no! gli fa il solletico (vedi emisfero sud terrestre, in piena estate e con il virus alle stelle e migliaia di morti) e in un altro ancora che l’unica speranza siamo noi, distanza e mascherina, un altro che il vaccino ci sarà .

Poi entro in un sito ufficiale e riporto testualmente: “Altri scienziati e ricercatori hanno sottolineato che un vaccino ampiamente distribuito sia l’unico modo in cui le persone vulnerabili possano essere al sicuro in grandi assembramenti, come luoghi di lavoro, chiese e crociere.”

Su un altro sito leggo il contrario.

Mi fermo un attimo, dunque, su quello che di certo si conosce, che forse tanti ignorano o hanno scordato, non prima di segnalare che basta fare un giro in città e periferia, per notare circa il 30% delle persone porta regolarmente la mascherina, gli altri 70 % o sono senza o ce l’hanno sotto il mento, davanti al bancone del bar insieme ad altri avventori, al ristorante all’aperto in bella evidenza e senza nessuna protezione in plexiglas. Tutti tranquilli a distanza ravvicinata.

Il virus è subdolo, ampiamente presente fra noi, resiste sulle superfici, attacca di più chi ha delle patologie immuno-depressive, o il diabete, la leucemia, cardiopatie, nemmeno nelle forme più gravi. Basta che il fisico abbia qualche forma debilitante, nemmeno conosciuta al portatore, una piccola porta aperta e lui ci s’infila. Poi si annida nelle vie aeree superiori per iniziare a scendere.

Nello sportivo, che durante l’attività aumenta moltissimo la funzionalità cardiopolmonari, scende più velocemente e più facilmente fino agli alveoli polmonari. Lì, in alcuni soggetti, provoca una tale reazione infiammatoria che è come se sgretolasse dall’interno alveoli e vasi sanguigni. Provoca dei piccoli trombi (coaguli)che poi emigrano e vanno in giro a casaccio. Colpiscono il cervello e si perde gusto e l’olfatto, si fatica a concentrarsi, il sistema nervoso è un po’ destabilizzato, ma anche può colpire il cuore, il fegato, le reni, l‘intestino. Si muore di polmonite, di edema o d’infarto. L’insieme del quadro clinico viene chiamato dai medici tempesta citochinica, o cascata di complemento e, come abbiamo visto per qualcuno diventa gravissimo o letale.

Si muore da soli, con un tubo che ti viene conficcato in gola, giù fino nei polmoni che porta l’ossigeno. Sì! ma quanto? e con che pressione? Alta, bassa, troppa, troppo poca? Se sbagli, fa più danni o intanto sei già morto, magari perché hanno scelto di salvare uno molto più giovane, di ritorno da una festa o un aperitivo. Sei morto senza una carezza, un bacio, un conforto di chi ami e ti ama, senza sentirti dire “tranquillo ce la farai”. Da chi conosci e ti fidi. Muori da solo. Con intorno estranei, che non vedi nemmeno in faccia, gentili e dolcissimi. I sanitari a loro volta, scioccati, sono costretti a consolarti, parlare o avvisare del peggio i tuoi cari. Una moglie, dei figli, una fidanzata. Non puoi nemmeno fare le tue ultime raccomandazioni per le tue cose terrene, o per i tuoi cari e forse perché non ne hai nemmeno il tempo, un momento stai così e così, una manciata di ore dopo hai febbre a 40 e sei quasi in coma. Magari in un ospedale in Germania dove neanche capisci cosa ti dicono, così muori ancora peggio. Cosi é morto un mio compagno di scuola, ci ha messo due mesi. Più veloci sono stati tre miei ex colleghi, un attuale collega, un amico e altri.

Conoscenti stretti ne ho persi dieci.

E i parenti? Nemmeno il conforto di stare vicino al proprio caro durante la malattia, l’agonia, spesso lucida, nemmeno un ultimo saluto o per il funerale, nell’angoscia delle sirene di lettighe che squarciano il silenzio. Quello che tu eri sarà restituito in una cassetta, o forse potranno solo venire a pregare sulla tua lapide. E medici e infermieri che devono informare i parenti. Medici come mio nipote che a poco più di trent’anni anni vive queste esperienze drammatiche. Medici che devono star lontani dai figli piccoli per mesi per il terrore di trasmettergli qualche cosa. Scafandrati negli ospedali per ore e ore nelle loro tute bollenti e impermeabili e maschere, che all’inizio dell’epidemia e per settimane molti neanche avevano. Sudando come dannati, attentissimi a non infettarsi e non infettare e senza tamponi.

E noi “sacrificati”, molto “sacrificati” in casa! E oggi non troviamo la forza di tenere una mascherina nemmeno sotto il naso, adesso che siamo in fase 2. Mascherina solo da alzare nell’attimo in cui incrociamo il prossimo mentre camminiamo, corriamo o, per quei pochissimi minuti in cui gli parliamo a tu per tu. Questa sì che è una faticaccia! Manca l’aria! … Ma va?!

Poi ci sono quelli che si sono visti praticamente azzerare il lavoro, come tantissimi, anche molti di noi professionisti. E poi ci sono i malati cronici che non possono fare le visite specialistiche, né le terapie, né gli interventi necessari, perché gli ospedali e il personale sono tutti per il Covid-19 e intanto vedono la vita che passa, inermi, davanti alla malattia che invece non aspetta.

E chi si permette di raccomandare la prudenza viene deriso e sbeffeggiato, anche se è un padre che ha un figlio e la fidanzata in prima linea, o una persona cara angosciata perché le sorelle sono entrambe medici in ospedali di città martiri.

“Fa caldo, il virus sta cedendo, ne parliamo in autunno”.

E’ bello che qualcuno abbia delle certezze! Allora sto tranquillo, come all’inizio quando quasi tutti noi non abbiamo capito, mentre un medico mi diceva, già il 3 marzo, che gli ospedali di Cremona e di Parma erano al collasso!!!

Faccio una corsa, con la mascherina sotto il naso che alzo quando sto per incrociare qualcuno, che scanso andando sul bordo opposto della strada, poi torno a casa dove rifaccio il punto sui miei risparmi di una vita, che tanto fra un anno o due saranno tartassati dalla patrimoniale, ma anche questa non è una certezza, e magari finiamo sul lastrico prima, o forse no!

Cito infine una dichiarazione dell’ultimissima ora, oggi 25 maggio, di un virolgo ed i un altro direttore ospedaliero: “Guai a pensare che la partita sia vinta. Serve massima cautela. Basta poco a vanificare i sacrifici fatti finora. Ricordiamoci che il pericolo non è ancora alle spalle, manteniamo alta l’attenzione e massima la prudenza, anche nel periodo estivo”

Carlo Loffi (Cremona)

27 maggio 2020

fonte : pagina FB 

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