Sabato, 04 maggio 2024 - ore 03.55

Il mondo ridisegnato dalla guerra ?

Articolo a firma Alan Cowell che è uscito online e sull’edizione cartacea dell’International New York Times

| Scritto da Redazione
Il mondo ridisegnato dalla  guerra ?

LONDRA. Non ci sono file di giovani volontari desiderosi davanti agli uffici di reclutamento come 100 anni fa, e nessun giornale fresco di stampa va annunciando l’avvento della guerra. Ma, con le commemorazioni che hanno salutato le salve dell’inizio della Prima Guerra mondiale appena la settimana scrosa, si è tentati di chiedersi se stia rinascendo un conflitto globale. Non nel senso di una guerra su scala industriale, ma in altri modi insidiosi che vanno ridisegnando le nozioni di sovranità e legittimità come i vincitori hanno fatto dopo la Grande Guerra che si concluse nel 1918.

Da Aleppo a Tikrit a Kabul, da Tripoli, Gaza e Donetsk a Juba e Bangui, il conflitto si diffonde spargendo dolore e terrore. Una bomba sconvolge Mogadiscio. I cristiani, minacciati di morte, sono inseguiti da Mosul. Un generale americano muore in Afghanistan.

La checklist dello scontro quasi supera la memoria dei suoi predecessori: due giorni dopo la commemorazione dell’ingresso nella Prima Guerra mondiale della Gran Bretagna, il 4 agosto 1914, il Giappone ha commemorato il 69esimo anniversario del bombardamento di Hiroshima, il 6 agosto del 1945.

“Cosa abbiamo imparato esattamente da questi anniversari?” si è chiesto retoricamente in un programma radio Geoffrey Durham, un quacchero che si è fatto un nome come comico, contando otto guerre che si svolgevano mentre parlava. “È così che opera il militarismo? È così che la guerra risolve i problemi?“.

Nel 1914 i soldati europei, su entrambi i lati, marciavano verso campagne che avrebbero attanagliato le loro nazioni in una guerra totale, che si estendeva dalle fattorie e fabbriche fino al fronte. I giovani britannici, soffusi di patriottismo, chiedevano a gran voce il diritto di andare in guerra, quanto, in numero di gran lunga inferiore, giovani europei 100 anni dopo scivolano oltre i confini della fede per unirsi ai militanti islamici in Siria e in Iraq.

In confronto all’enorme conflagrazione della Prima Guerra mondiale, le micce di oggi possono sembrare solo tanti fuochi di paglia se messi a confronto con Ypres e la Somme. Ma, come il Times di Londra ha scritto in un recente editoriale, questi stessi conflitti “stanno plasmando il nostro mondo e lo rendono più pericoloso di quanto non è mai stato per decenni.”

Dopo la Prima Guerra mondiale, i vincitori riforgiarono la cartografia economica e politica, riallocando le risorse e le terre dei vinti. In questi giorni, la mappa viene ridisegnata – volenti o nolenti – dagli eventi sul terreno, sfidando i capisaldi della storia stabiliti nel XX° secolo, con i combattenti che lottano per un nuovo ordine.

La Russia ha semplicemente annesso la Crimea, ed è accusata dall’Occidente di fomentare la rivolta sul confine orientale dell’Ucraina. A Gaza, i militanti di Hamas si introducono attraverso i tunnel in Israele cercano di minare la promessa di una patria ebraica sancita dalla Dichiarazione Balfour del 1917.

Quando i combattenti islamici si sono riversati dalla Siria in Iraq per dichiarare uno stato islamico, hanno sfidato la geografia della sovranità imperiale e postimperiale che derivava dall’accordo Sykes-Picot raggiunto dai funzionari britannici e francesi nel 1916 per spartirsi l’Impero Ottomano. Obiettivo dei militanti? Ripristinare il Califfato islamico dei predecessori ottomani sbriciolatosi nella battaglia tra gli imperi del ’14-‘18.

I precursori della Prima Guerra mondiale iniziarono abbastanza innocuamente con l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando e di sua moglie, Sophie, a Sarajevo, cambiando per sempre un’era a volte paragonata a quella che oggi è percepita – come l’ha definita il Times di Londra – “un mondo connesso che mai rischierebbe un conflitto armato globale perché comprometterebbe la prosperità condivisa“.

Un secolo dopo, con i conflitti che si diffondono dalla costa atlantica dell’Africa alle lontane zone dell’Hindu Kush, i paralleli con il 1914 potrebbero non finire lì.

Gli europei non possono essere “certi di non stare facendo un picnic sullo stesso vulcano che anninentò i nostri antenati“, ha scritto il giornalista Matthew Engel sul Financial Times. “L’assassinio a Sarajevo, visto a suo tempo come un evento minore, era l’incarnazione della teoria del caos: il battito di un’ala di farfalla che ha scatenato un uragano“.

(Alan Cowell, via International New York Times, traduzione libera di Buongiorno Slovacchia)

1144 visite
Petizioni online
Sondaggi online

Articoli della stessa categoria