Martedì, 16 aprile 2024 - ore 22.09

Il superamento dei limiti delle polveri sottili di Benito Fiori (Cremona)

Se non fosse un tema tremendamente serio, sarebbe ormai noioso.Ebbene, dal Comune di Cremona, città al centro della pianura padana, ritenuta una delle aree del pianeta più inquinate, ci si attenderebbe ben altro a difesa della salute dei suoi cittadini. Una riflessione sul ricorrente problema dello smog, con qualche riferimento anche a Cremona

| Scritto da Redazione
Il superamento dei limiti delle polveri sottili di  Benito Fiori (Cremona)

«L’inquinamento atmosferico è nei limiti della norma. C’è biossido per tutti. Invece non c’è felicità per tutti.» (Stefano Benni)

Limitare il superamento dei limiti delle polveri sottilli? Molto improbabile con l’attuale insufficiente interesse per la salute dei cittadini

Con il PM10, e ancora di più con il PM2.5, la pianura padana è quasi sempre in stato di allarme. A fronte di ciò, le preoccupazioni della pubblica opinione sono scarse e solo alcuni organi di stampa locale segnalano i rischi per le conseguenze sanitarie. Le amministrazioni locali, da parte loro, seguono pedestremente le norme che gli enti regionali stabiliscono, anche se lontane, oltre che dall’efficacia, da una soluzione radicale del problema.

Il limite di attenzione del PM10 fissato da una Direttiva UE, comè arcinoto, è di 50 µg/m3, ma che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), proprio per la difesa della salute umana, raccomanda da anni sia posto a 20 µg/m3. Racccomandazione sostenuta anche dalla “European Respiratory Society” (E.R.S.), associazione internazionale di medici dell’apparato respiratorio che conta oltre 10.000 aderenti in 140 diversi paesi. Questa associazione ne aveva anche dato le motivazioni in un documento pubblicato sulla sua rivista “European Respiratory Journal”, dove aveva affermato che i 50 µg/m3 sono soltanto una mediazione  tra le esigenze della poltica e dell’economia. Una indiretta conferma è venuta poi dalle inascoltate conclusioni degli studi condotti dalla I.A.R.C. (International Agency for Research on Cancer, organismo dell’ONU universalmente riconosciuto come unico ente con il compito di classificare le sostanze in base alla loro cancerogenicità), quando il 17/10/2013 (Vol. 109 della “Monographie”) ha classificato le poveri sottili (PM) al “Gruppo 1”, ossia certamente cancerogene.

Un’accusa che trova qualche giustificazione, considerando che i valori-limite delle emissioni sono determinati dalla logica B.A.T., Best Available Technology, ovvero dai «… rendimenti conseguibili con i ritrovati tecnologici piu’ avanzati ed economicamente sostenibili[1]

Ma vista la pericolosità per la salute e la inefficacia delle scelte per dimuirne la presenza nell’aria, molti esperti auspicano che non si faccia più riferimento al PM10, ma alla sua frazione più pericolosa perché più invasiva nell’organismo dell’uomo che ne costituisce dal 60 all’80%: l’“ultrafine” PM2.5. Il limite di questo particolato (stranamente di legge soltanto da due anni) è di 25 µg/m3 sia al giorno che come media annuale. Un valore regolarmente disatteso nella pianura padana: esempio, Cremona, 6/12/2016, 77 µg/m3, l’83% del PM10 a 93 µg/m3.[2]. Anche per il limite di questo particolato “ultrafine” l’OMS sostiene da tempo una riduzione a 10 µg/m3, essendo responsabile di un taglio medio delle aspettativa di vita di circa 8,6 mesi.

Una amara chiosa la merita allora l’irridente passaggio del documento governativo «Concentrazione atmosferica degli inquinanti  - 3. Qualità dell'aria ambiente: Particolato (PM2.5) - DESCRIZIONE», laddove titola la  Tabella 1 con i valore di 25 µg/m3: “PM2.5 - valore limite per la salute umana”. [3]

È giunto il momento di riportare i numeri delle vittime dell’inquinamentto da PM2.5. L’annuale rapporto "Air quality in Europe 2016" dell'E.E.A., Agenzia Europea per l’Ambiente, riporta: in Europa nel 2013 le morti causate direttamente, o favorite, sono state 467.000 e in Italia 66.630. Mentre si nota che si è avuto un aumento del 12% rispetto ai dati del 2012, il numero di morti nello stesso anno per incidenti automobilistici nel nostro Paese era stato 20 volte di meno: 3.385. 

Circa i provvedimenti che dovrebbero abbattere queste emissioni, mentre per il superamento dei 25 µg/m3 del PM2.5 colpevolmente nulla è previsto per manifesta impotenza, le amministrazioni locali lombarde, allo scadere come già detto del settimo giorno oltre i 50 µg/m3 del PM10, si rifanno rigorosamente al "Protocollo sperimentale e a tutela dell’aria" regionale, che prevede interventi del tutto palliativi: sulla mobilità (limitazioni all’utilizzo dei veicoli Euro 0 benzina e Euro 0, 1 e 2 diesel anche alle giornate di sabato, domenica e ai giorni festivi dalle 7.30 alle 19.30, e divieto di circolazione agli autoveicoli diesel Euro 3) e per il riscaldamento degli interni degli edifici la «riduzione di 1 grado centigrado del valore massimo delle temperature dell’aria nelle unità immobiliari e nei locali interni di esercizi commerciali passando da 20°C a 19°C con tolleranza di 2°C.». Provedimenti questi che all’atto pratico, per l’impossibilità del controllo, risultano solo semplici appelli a comportamenti virtuosi per i cittadini.

Data la gravità della situazione, è pertanto difficile sorvolare sulle corresponsabilità morali delle Amministrazioni locali che si attivano unicamente su queste direttive e neppure immaginano iniziative politiche ben più incisive presso gli enti superiori, come Regioni e Governo.

Un ottimo esempio è quello preso il 2 dicembre scorso dai «sindaci di quattro metropoli (Parigi, Madrid, Atene. Città del Messico), (che) hanno deciso di espellere i veicoli diesel dai centri delle loro città entro il 2025. L'impegno è stato preso oggi a Città del Messico, nel corso della conferenza dei sindaci C40 sul cambiamento climatico.»[4]

Per “C40” si intende il gruppo di sindaci, ivi compreso quello di Milano, che difendono il clima. Già, perché l’”ACCORDO di Parigi” per l’abbattimento dei gas serra (climalteranti) prevede un sicuro impegno delle Amministrazioni locali.

Una annotazione va fatta al preciso riferimento del “C40” ai veicoli diesel, verosimilmente inteso anche per la pericolostà per la  salute umana dei loro gas di scarico. Infatti, la già citata I.A.R.C. il 12/6/2012 (Vol. 105) li aveva classificati al gradino più alto: “Gruppo 1” (sicuro rischio di cancerogenesi).

Per non creare confusione tra inquinamento e cambiamento climatico, è il caso di rammentare che l’origine dei due problemi, è comune: la combustione delle fonti fossili (carbone, petrolio, gas), della fibra legnosa e degli RSU (Rifiuti Solidi Urbani). Bruciare questi ultimi, oltre a produrre inquinanti come le micidiali diossine, vuol dire anche emettere in atmosfera la più alta quantità di CO2 per ogni kWh prodotto: 940 grammi, a fronte dei 900 del carbone, dei 720 del gasolio, dei 500 del metano (dalla “Convenzione quadro” presentati alla Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo del 1992, a Rio de Janeiro).

Tornando allo smog, è il caso di ricordare che, secondo il Direttore Centro di Ricerca sul Cancro “Cesare Maltoni” dell’Istituto Ramazzini di Bologna, dott.ssa Fiorella Belpoggi, riportando valutazioni dell’OMS, ha affermato: «… l’aumento di soli 10 µg/m3 (cioè 10 micrometri per metrocubo) di PM 2.5 nell’aria aumenta il rischio di mortalità generale del 6%, quello di mortalità per patologie cardiocircolatorie del 12% e di cancro del polmone del 14%. Quindi appaiono come necessarie e urgenti tutte le misure che limitino la presenza di particolato nell’aria, non solo legate al traffico, ma anche ad altre attività industriali.».[5]

Purtroppo, in genere le istituzioni italane sulla necessità di abbattere le emissioni della combustione, sembrano sorde. Lo lascia chiaramenti capire la lettura dei dati di un significativo osservatorio: il mercato delle auto elettriche (EV). Lo scorso anno l’Italia rispetto all’Europa ancora una volta è risultata il fanalino di coda per l’assenza dell’interesse dei suoi decisori politici ad un urgente cambiamento di rotta. Questo il quadro della situazione: «Secondo i dati di Cives (Commissione Italiana Veicoli Elettrici e Stradali a Batteria, Ibridi e a Celle Combustibili),la Norvegia è arrivata nel 2015 a 68.600 (23,6% delle vetture immatricolate), l’Olanda a 87.500 (9,9%) la Svezia a 21.200 (2,5%), la Francia a 54.300 (1,2%), il Regno unito a 47.000 (1,2%), l’Austria a 6.500 (0,9%), la Germania a 45.700 (0,7%) la Spagna a 6.400 (0,2%). Ultima per quota di mercato l’Italia che ha raggiunto 5.500 immatricolazioni (0,13%).»[6]

Un’ultima riflessione va alla vistosa diversità dei “numeri” sulla mortalità da inquinamento da smog tra quelli del citato rapporto dell’E.E.A. e quelli del progetto italiano V.I.I.A.S. (Valutazione Integrata dell’Impatto Ambientale e Sanitario dell’inquinamento atmosferico) pubblicato il 5 Giugno 2015 sul sito del Ministero della Salute e finanziato dal Centro Controllo Malattie che per il 2020, a causa del solo PM2.5, prevede 28.595 “decessi attribuibili”. “AmbienteScienze” non è in grado di trovarne le ragioni inoppugnabili, fa però osservare che uno degli strumenti più importanti per il rilevamento statistico delle cause della morbilità e mortalità da neoplasie, ossia il “Registro tumori”, nel nostro Paese è al momento scarsamente utilizzabile. Istituito a “rete” per legge soltanto tre anni fa, è partito, grazie a “AIRTUM”, con una copertura del territorio nazionale già del 50%, oggi lo stato dell’arte è il seguente: 74% delle zone formalmente coperte (mancano vaste aree del Piemonte, della Toscana e del Lazio), ma solo il 16% è in regolare attività. [7]

Risulta evidente quindi che questa lacuna è di ostacolo agli studi epidemiologici che in molte zone del Paese sarebbero necessari. In particolare, in quelle caratterizzate da concentrazione di realtà produtive (industrie) e di grande vie di scorrimento su gomma (strade e autostrade) in un quadro morfologico naturale sfavorevole al ricambio dell’aria, come appunto la pianura padana.

Il motivo addotto per ridurre gli inquinanti è la solita mancanza delle risorse economiche. Motivazione che fa anche pensare a scelte strategicamente più attente alla crescita del Pil e non alla tutela della salute, come peraltro chiaramente è sancita dall’art. 32 della nostra Costituzione. 

Dalle più recenti notizie parrebbe che il governo si stia attivando per rendere più competitivo per le tasche dei cittadini il mercato delle auto elettriche rispetto a quello delle auto tradizionali. La speranza è che le risorse necessarie provengano dai 14,7 miliardi di euro (lo 0,9% del Pil) che secondo “Legambiente” sono andati alle fonti fossili nel 2015 (per il 90% ai produttori) in incentivi, facilitazioni fiscali, aiuti diretti e indiretti alla produzione, distribuzione e consumo di combustibili fossili.[8]

 

Cremona e i superamenti dei limiti delle polveri sottili

Per motivi, che si spera comprensibili il Circolo “AmbienteScienze” apre l’“occhio di bue” del linguaggio teatrale sulla situazione della città di Cremona, non soltanto perché è la sua sede, ma quale esempio di come il drammatico problema viene affrontato in una città al centro della pianura padana, ritenuta una delle aree più inquinate del pianeta.

Richiamata alla memoria la mortalità nel nostro Paese a causa esclusivamente del PM2.5 denunciata dall’agenzia europea E.E.A. (66.630 decessi), ricordato che il citato progetto V.I.I.A.S., pur riferendosi al lontano 2005, ha denunciato che quella mortalità riguarda per il 65% l’Italia del Nord,[9] 34.500 decessi sono ipotizzabili su una popolazione orograficamente interessata nelle quattro regioni di circa 20 milioni di abitanti sotto i 300 metri di quota.

Ebbene, seppure attraverso una grossolana estrapolazione, da questi dati è possibile dire che per i 71.500 cittadini cremonesi per colpa diretta o indiretta del particolato “fine” e “ultrafine” (PM da 2.5 a 0.1 µm) si hanno 121 decessi l’anno, 1 ogni 3 giorni.

Ecco spiegata la decisa critica che viene mossa dall’ambientalismo locale alla sua Amministrazione comunale. Più concretamente, per avere accettata con convinzione la sopravvivenza sul territorio di sua giuridisdizione un inceneritore sicuramente vetusto ancora per otto anni (121x8= 968 morti attribuibili). Una scelta fatta come comproprietaria, benché in posizione fortemente minoritaria ed ormai ininfluente, senza approfondire seriamente le alternative possibili.

Dal Comune di Cremona ci si attenderebbe tutt’altro a difesa della salute dei suoi cittadini. Ad esempio, una forte azione politica, come la convocazione dei Sindaci dei 22 capoluoghi delle regioni padane che figurano tra le 120 città più inquinate d’Europa[10] per richiedere con grande determinazione alle loro Regioni di appartenenza l’avvio urgente di iniziative ben più efficaci.

 


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