Martedì, 19 marzo 2024 - ore 07.21

L’organo di San Camillo a Brescello

Sono già passati sette anni dalla registrazione del CD sull'organo Giuseppe e Paolo Benedetti 1767 di Don Camillo a Brescello a cura di Fausto Caporali che ha improvvisato, come sa fare solo lui, sui temi dei film di Don Camillo.

| Scritto da Redazione
L’organo di San Camillo a Brescello

Dopo alcune ristampe e un grande successo che lo ha richiesto in tutta Europa e persino in Giappone Ve lo ripresentiamo nel caso qualcuno desiderasse ancora averlo. Per contatti scrivere a info@serassi.it

Presentazione di Fausto Caporali

E’ quantomeno imbarazzante aggiungere parole a proprie musiche: passi che si debba mettere in conto un margine di prevenzione/soggettività in chi ascolta, ma ritenere di poter esplicare un contenuto che in fin dei conti dovrebbe essere soprattutto emozionale, è forse fuorviante. Ma pure, In tempi di distonie estetiche –i tanti mondi musicali in cui ci troviamo, molti dei quali arrivano e partono ai nostri orecchi senza lasciare traccia- qualche linea per decifrare un microcosmo poetico può essere utile.

Gioco e  memoria: forse questi due termini condensano il contenuto di questo CD; gioco, perché l’organo, inevitabilmente finito sotto la cappa un poco asfittica della musica ecclesiastica recente –quella del legato e del meditativo, per dirla tutta- vuole qui ritornare a quella sana aria leggera che lo vedeva sì “imitator degli imitatori”, ma sempre in vena di respirare grande e briosa musica del mondo; memoria, perché il passato viene rielaborato sia attraverso le sue stesse tecniche sia attraverso angolature moderne. Da questi due tratti ne possono derivare altri: fantasia, rigore, lirismo e dissimulazione, riferimenti repertoriali e divertimento sonoro per una musica che scorre su superfici e traccia brevi, caleidoscopici orizzonti.

L’ascoltatore qui si troverà ad aprire finestre in cui il pretesto della citazione melodica –le argute e saporose melodie popolaresche di Cicognari per i film di Peppone e don Camillo- va di pari passo con l’inquadramento in sfere estetiche più o meno dettagliate: improvvisazioni in stile (alla Vivaldi del concerto grosso, alla Bach in stile fugato, alla Schumann intensamente cromatico, alla Fauré, alla Messiaen dei chants d’oiseaux) o agganci alla più vitale musica da film attuale (Morricone), ritmi compassati insieme a tentativi di più freschi passi, melodie scoperte ed armonie modellate su torniture “en plei air”.

Restano i suoni, dove il divertimento si fa più scoperto, perché il rischio di accenti scompaginati sul venerabile monumento può essere superato con il rispetto del serioso o lo sberleffo dell’irriverenza; ma basta seguire l’intrinseca bellezza (e il Benedetti del 1767 ne conserva tutto il fascino) e il sempre misterioso e strano combinarsi di armonici e di timbri perché ancora si dimostri la gioiosa vitalità di questo antichissimo strumento.

 

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