Domenica, 13 luglio 2025 - ore 13.01

Leggi 180, 194 e 833 Il welfare fa bene all’Italia. Oggi come 40 anni fa di Stefano Cecconi e Rossana Dettori

Nel 1978, l’approvazione in pochi mesi di tre grandi riforme sociali contribuì a migliorare le condizioni di vita a milioni di persone nel Paese. Le celebriamo oggi non solo in quanto conquiste del passato, ma anche per rilanciarne la forza innovativa

| Scritto da Redazione
Leggi 180, 194 e 833 Il welfare fa bene all’Italia. Oggi come 40 anni fa di Stefano Cecconi e Rossana Dettori

Leggi 180, 194 e 833 Il welfare fa bene all’Italia. Oggi come 40 anni fa di Stefano Cecconi e Rossana Dettori

Nel 1978, l’approvazione in pochi mesi di tre grandi riforme sociali contribuì a migliorare le condizioni di vita a milioni di persone nel Paese. Le celebriamo oggi non solo in quanto conquiste del passato, ma anche per rilanciarne la forza innovativa

Quarant’anni fa, la forza di tre leggi – approvate nel giro di pochi mesi – riuscì a rigenerare il welfare italiano e a migliorare le condizioni di vita a milioni di donne e di uomini. Si cominciò il 13 maggio 1978, con la 180, che stabilì la chiusura dei manicomi, liberando migliaia di persone ancora rinchiuse e ponendo fine al sopruso dell’internamento per i malati di mente; si proseguì il 22 maggio, con la legge 194 per la tutela sociale della maternità, che restituì il diritto delle donne, di fronte alla tragedia degli aborti clandestini, di scegliere con l’interruzione volontaria di gravidanza (ma che istituì anche i consultori e promosse maternità e paternità responsabili); si concluse il 23 dicembre, con la 833, che istituì il Servizio sanitario nazionale a base universalistica, abolendo le mutue e riconoscendo la tutela della salute quale “fondamentale diritto”, come recita la nostra Costituzione.

Il 1978. L’anno tragico dell’omicidio di Aldo Moro e della sua scorta, della violenza terrorista, ma che sarà ricordato anche come l’anno delle grandi riforme sociali. Tre grandi riforme strettamente connesse alle lotte per la salute e per i diritti sociali e civili che hanno caratterizzato gli anni sessanta e settanta in Italia e a livello internazionale, e che da noi si sono sviluppate in tre campi dell’iniziativa sociale: nel movimento antimanicomiale (e contro le “istituzioni totali”), che ha visto in Franco Basaglia la figura più rappresentativa, nel movimento femminista e nel movimento per il diritto alla salute, che deve molto alle lotte operaie per la salubrità del lavoro (che hanno saputo andare ben oltre i cancelli della fabbrica). Riforme che sono state precedute da molteplici esperienze locali e internazionali e sostenute da un ricco dibattito scientifico e culturale (si pensi alla “Dichiarazione Onu di Alma Ata” sul concetto di salute globale o alle elaborazioni di “Medicina e Potere” con Giulio Alberto Maccacaro e Giovanni Berlinguer o alle richiamate tesi basagliane de “L’Istituzione negata”).

Per il 40esimo delle tre riforme, abbiamo detto che non vogliamo soltanto celebrarle perché grandi conquiste sociali e civili del passato, ma difenderle dagli attacchi che ancora oggi subiscono e rilanciarne la forza innovativa e riformatrice. Perché se da una parte è impressionante l’attualità delle tre riforme (il pensiero lungo della Costituzione in politica c’era ancora), dall’altra bisogna capire se i loro principi e i loro obiettivi sono effettivamente esigibili e qual è il loro rapporto con le trasformazione sociali, demografiche, epidemiologiche, politiche e del lavoro e con le sconvolgenti innovazioni tecnologiche intervenute in questi anni. Per valutare se, e come, ciascuna delle tre riforme possa ancora incidere nell’attuale situazione e rispetto alle prospettive future del welfare italiano.

Noi pensiamo che resti del tutto attuale e vivo il “carattere” che le tre riforme hanno in comune: la centralità della persona; la sua libertà di scelta (vale per le donne con la 194, per chi soffre un disagio mentale con la 180, per chiunque voglia accedere al servizio sanitario pubblico con la 833), la salute come diritto universale e dunque non condizionato dalle logiche del mercato; l’intreccio (oggi si chiama integrazione) tra ambito sanitario e sociale, con il riconoscimento che le condizioni di vita delle persone (reddito, lavoro, abitazione, ambiente, relazioni) sono determinanti di salute e di malattia e dunque riguardano e condizionano la stessa medicina e l’organizzazione dei servizi.

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