Giovedì, 25 aprile 2024 - ore 00.17

No alla chiusura di fatto dell'AREA DONNA di Cremona

Presa di posizione del Centro tutela diritti del malato Anna Rossi di Cremona Odv

| Scritto da Redazione
 No alla chiusura di fatto dell'AREA DONNA di Cremona

Continuano le polemiche sulla chiusura di Area Donna dell’Ospedale di Cremona: a intervenire è ora Vincenzo Girelli Carasi, presidente del Centro tutela diritti del malato Anna Rossi di Cremona. Per l’associazione, a fronte di una situazione già molto difficile per gli ospedali, con liste d’attesa bloccate, forse questo non era “il momento più opportuno per smantellare un reparto che per anni ha svolto un servizio egregio anche e soprattutto nel campo della prevenzione e che era un punto di riferimento certo per le patologie oncologiche di genere”.

Il Centro Tutela Diritti del Malato, chiede quindi “ai politici eletti nella nostra provincia di adoperarsi perché i fondi destinati al potenziamento dei servizi ambulatoriali specialistici siano utilizzati solo in funzione delle strutture pubbliche e che si ponga finalmente fine all’assurda frammentazione di sistemi di registrazione delle prenotazioni fra strutture pubbliche e private convenzionate che di fatto impedisce una gestione decente delle stesse prenotazioni”.

LA LETTERA

Gentile Direttore

Le chiedo ospitalità per condividere con Lei ed i suoi lettori alcune brevi considerazioni che come Centro tutela diritti del malato “Anna Rossi” abbiamo elaborato in relazione alle recenti vicende legate alla sanità lombarda ed in particolare al distretto cremonese. Parliamo ovviamente della chiusura di fatto della esperienza “ Area donna “ presso l’ospedale civile di Cremona, vicenda che ha suscitato vivaci prese di posizione e che ha costretto il direttore generale della ASST dr.Rossi ad un intervento, più stupito che irritato, a difesa di quanto si sta facendo di positivo per la patologia oncologica al femminile nell’ospedale dal momento del suo insediamento.

Stupito perché questa idea di diversa organizzazione dell’ospedale era stata illustrata fin dai suoi primi comunicati ed interventi pubblici. D’altronde la quasi trentennale politica sanitaria di Regione Lombardia è sempre andata nella direzione di considerare l’ospedale come il fulcro della medicina moderna dove la malattia si risolve grazie alla super specializzazione ed alla integrazione fra i diversi saperi specialistici . Da qui discende che un ospedale moderno non considera esperienze come Area Donna, che fanno dell’identità di genere il presupposto di cura, più al passo con i tempi. Certo il dr.Rossi non aveva dichiarato che Area Donna si sarebbe chiusa per disperdersi nei vari dipartimenti specialistici, ma se una politica locale attenta avesse letto fra le sue parole forse dubbi ne sarebbero sorti.

Nel comunicato del dg dr.Rossi emerge però quella che i latini chiamerebbero “excusatio non petita” , cioè una giustificazione non richiesta che si traduce nella ammissione di un grave problema; dice il Dr. Rossi che la pandemia (testuale) “ha imposto una rimodulazione delle agende” e questo “non ci ha ancora consentito di tornare ai livelli precovid”. Nei fatti una riorganizzazione all’avanguardia non ha risolto il vero problema della sanità cremonese e lombarda: le liste d’attesa. Allo stato attuale le liste sono ferme e bisogna prendere atto che è necessario uno sforzo straordinario in termini di personale e di organizzazione delle prenotazioni. A questo proposito è degli ultimi giorni la notizia di un investimento cospicuo di 84 milioni di euro che Regione Lombardia ha destinato alla soluzione dei ritardi nelle liste d’attesa.

Si legge nel comunicato che 40 milioni sarebbero destinati alle strutture private convenzionate. Ci chiediamo quale logica guidi queste affermazioni, possibile che non si sia ancora capito dopo 28 anni (era il 1994 quando il governatore Formigoni annunciò che l’ingresso dei privati avrebbe azzerato le attese) che le liste d’attesa si riducono in funzione della forza delle strutture pubbliche perché, come ben ci insegna l’esperienza pluridecennale, il privato specula sulle prestazioni convenzionate più redditizie e non ha nessun interesse a ridurre le liste d’attesa delle prestazioni meno remunerative.

Ci chiediamo, come Associazione che tutela il diritto alla salute, se questo era il momento più opportuno per smantellare un reparto che per anni ha svolto un servizio egregio anche e soprattutto nel campo della prevenzione e che era un punto di riferimento certo per le patologie oncologiche di genere.

Chiediamo ai politici eletti nella nostra provincia di adoperarsi perché i fondi destinati al potenziamento dei servizi ambulatoriali specialistici siano utilizzati solo in funzione delle strutture pubbliche e che si ponga finalmente fine all’assurda frammentazione di sistemi di registrazione delle prenotazioni fra strutture pubbliche e private convenzionate che di fatto impedisce una gestione decente delle stesse prenotazioni.

La campagna vaccinale ci ha insegnato come un sistema centralizzato efficiente di prenotazioni ha permesso una adesione quasi completa dei cittadini lombardi. Ricordiamo cosa erano le prenotazioni quando, nelle prime settimane di vaccinazione, a gestire il sistema era la piattaforma Aria di Regione Lombardia, prenotazioni cancellate, messaggi in piena notte sui telefoni etc etc… fino ad arrivare al Generale Figliuolo”.

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