Quattro sono motivi di “merito” e uno di “contesto” tacendo, per brevità, le mie riserve sulla trasformazione del Senato su cui peraltro, forse giustamente, si concentra il confronto/scontro dei due fronti.
Il primo motivo di merito per votare Sì riguarda l’introduzione del principio che ogni legge elettorale, prima di entrare in vigore, può essere sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale. La bontà preventiva di questa norma è evidente se pensiamo alla legge Calderoli con la quale abbiamo votato nel 2006, nel 2008 e nel 2013 salvo poi essere dichiarata in alcuni punti incostituzionale con sentenza tardiva del 2014.
Il secondo motivo attiene all’inserimento in Costituzione di un nuovo strumento di democrazia diretta, il referendum propositivo e di indirizzo (da disciplinare successivamente) col quale favorire la partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni al processo di costruzione delle leggi.
Il terzo motivo, affine al precedente, concerne le leggi di iniziativa popolare. Tenuta presente la crescita della popolazione dal dopoguerra ad oggi, il numero di firme necessarie per la loro presentazione sale da 50 mila a 150 mila ma viene offerta in cambio la garanzia di “tempi certi” per la conclusione del loro esame parlamentare, allontanando il rischio, verificatosi spesso in passato, che i progetti finiscano in fondo ai cassetti.
Il quarto motivo di merito, infine, ha per tema il referendum abrogativo per il quale è previsto il doppio quorum. Se si raccolgono 500 mila firme il quorum resta al 50% + 1 degli aventi diritto ma qualora si raggiungano le 800 mila firme il quorum si riduce al 50% + 1 dei votanti alle ultime elezioni per la Camera. Per cui se, per esempio, alle politiche ha votato il 70%, il quorum si abbassa al 35% + 1, a vantaggio dei promotori del referendum e a svantaggio di coloro che, anziché battersi per le ragioni del Sì o del No, invitano furbescamente all’astensione, sommandosi, pur di far fallire il referendum, alla quota fisiologicamente alta di elettori che disertano le urne.
Il mio quinto e ultimo motivo per votare Sì non è di merito ma di contesto. Sono preoccupato degli effetti di una eventuale vittoria del No. Il risultato sarebbe letto in sede internazionale come la prova che l’Italia è incapace di riformare le proprie istituzioni. Data la debolezza del Paese nell’eurozona, temo la tempesta finanziaria sulla nostra economia, con la Borsa in caduta e coi tassi di interessi del debito pubblico che tornerebbero a salire. La ricaduta negativa sui conti costringerebbe a una manovra correttiva, frenando le già flebili possibilità di ripresa del reddito e dell’occupazione. Sul piano politico, la caduta del governo Renzi forse aprirebbe una crisi al buio lasciando solo la speranza nei buoni uffici del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per cercare di evitare almeno le elezioni anticipate.
Termino, ad ogni modo, con una nota positiva. Confido che la lunga e pur aspra campagna elettorale che ci porterà al referendum sia l’occasione per tutti di conoscere meglio la nostra Costituzione, per custodirne i valori e tramandarli alle giovani generazioni quali punti fermi del loro avvenire.
Cordiali saluti
Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)
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