Lo sciopero stava riuscendo. Nello spogliatoio erano pronte le scorte alimentari e le bevande per le successive ventiquattro ore.
Il pronto soccorso era il reparto più organizzato che fungeva da punto di rifermento di tutto l’ospedale. Il capo del sindacato del pronto soccorso veniva chiamato “Veciola”. Era un omaccio sui novanta chili con un paio d’occhiali con lenti spesse come fondi di bottiglia. Aveva una voce che svegliava un morto. Era particolarmente aggressivo ed odiava i medici che dormivano durante il turno notturno. Mangiatore e bevitore instancabile trascinava con il suo fare un intero battaglione di infermieri. Quello che diceva lui era legge: nessuno poteva dubitare!
Quella mattina era particolarmente allegro: come al solito era arrabbiato con il modello di turno.
Appena ci vede inizia il racconto: sicuramente l’aveva già ripetuto almeno mille volte ma a noi no!
El Veciola inizia a raccontare che alle tre suona l’allarme: sta arrivando una autoambulanza con un uomo gravissimo.
Svegliano, a fatica, il medico, giovane meridionale, di turno ed allertano il dipartimento d’emergenza. L’autoambulanza arriva: scaricano l’ammalato e lo portano sul lettino del pronto soccorso al cospetto del medico-fanciullo.
Il povero uomo stava malissimo, vomitava, rantolava, urlava frasi incomprensibili e se la faceva addosso davanti e dietro. Il medico tocca il polso, sente i polmoni, batte lo stomaco, la pancia, lo guarda in faccia, lo fissa negli occhi ed emette, con voce forte e tonante, la sua diagnosi: epatite fulminante.
Ordina immediatamente alcune iniezioni, una flebo ed il ricovero nel reparti di medicina sussurrando “speriamo che arrivi all’alba”.
E’ compito del Veciola trasferire l’ammalato in reparto. Era passata circa un’ora dal suo ingresso e l’alba stava sorgendo. Lo carica sulla barella, lo copre, ed inizia il trasporto in ascensore.
Passando davanti ad una grande finestra piena di luce un riflesso gli illumina il viso: era veramente molto giallo, quasi cadaverico. Lo guarda meglio. Aveva gli occhi chiusi. Ma la forma era strana. Si ferma lo fissa meglio, si avvicina e gli alza le palpebre: si era proprio un cinese ubriaco dagli occhi a mandorla.
Raggiante con la sua barella fa dietro front e ritorna al pronto soccorso chiamando a squarcia gola il povero medico di turno giovane e meridionale.
Il medico ha poi cambiato reparto e di Veciola hanno tutti un grande rispetto!
Tratto da ‘Brevi, verosimili e false storielle’ di Gian Carlo Storti (Cremona)