Giovedì, 18 aprile 2024 - ore 08.24

Racconto : La ‘Calcinculo’ di Franco Guindani e Manara Antonietta (Cremona)

Per chi non conosce questa giostra, immancabile nelle fiere di una volta, dirò che si tratta di una serie di seggiolini appesi per mezzo di lunghe catene ad una piattaforma rotante

| Scritto da Redazione
Racconto : La ‘Calcinculo’  di Franco Guindani e Manara Antonietta (Cremona)

Seduti all'osteria, il bicchiere di vino davanti, tre amici, Nino, Bigio e Carlìin, chiacchierano piacevolmente scambiandosi le impressioni della giornata di sagra.

Era stata una bella giornata: il pranzo con i parenti, le funzioni del pomeriggio con la tradizionale processione, che lo scorso anno non si era potuta tenere per il divieto del parroco causa l'impianto della balera.

Non hanno voglia di rientrare: la sera è piacevole, anche se, siamo alla fine di ottobre, dopo il tramonto fa già piuttosto freddo; ma dentro all'osteria, dove il fuoco scoppietta già nel camino,

si sta bene. Non avvertono neppure il bisogno della cena, tanto il pranzo tradizionale è stato come ogni anno, abbondante.

Carlìin però fa il menalatte e deve alzarsi molto prima dell'alba, ed è dura, specialmente di questa stagione: ma a quell'ora i bergamini hanno finito la mungitura notturna ed aspettano lui a prelevare i bidoni da portare alla latteria, e se li fai aspettare si innervosiscono, perchè non vedono l'ora di tornarsene a letto. Così se ne va presto per farsi almeno un po' di buon sonno.

Gli altri due invece possono permettersi qualche ora, e qualche bicchiere, in più: domani è il fierino e non si va al lavoro.

Quando finalmente, a notte già inoltrata, decidono di avviarsi, insieme perchè vicini di casa,  sono di spirito piuttosto allegro e in pace con il mondo intero.

Sulla via del ritorno, i due si trovarono a passare davanti ad un campetto, più uno spiazzo erboso, dove era stata collocata, in occasione della fiera, la calcinculo.

Per  chi non conosce questa  giostra, immancabile nelle fiere di una volta, dirò che si tratta di una serie di seggiolini appesi per mezzo di lunghe catene ad una piattaforma rotante. Il bello della calcinculo, oltre a provocare giramenti di testa e nausea, era quello di riuscire ad agganciare, durante la corsa, il seggiolino davanti, specialmente se vi sedeva una ragazza, e lanciarlo in avanti con un colpo di piedi ben assestato.

Fu qui, alla vista di quella giostra ferma nel buio, che al Bigio venne  la brillante idea di farsi un giro  gratis, approfittando della naturale assenza del proprietario.

Ci volle poco a convincere il compagno, così che i due si agganciarono ai seggiolini e il Bigio azionò la leva che metteva in movimento la giostra.

Forse per la spensierata allegria che li pervadeva, a nessuno dei due venne in mente che, con i seggiolini in movimento, non avrebbero  più potuto avvicinarsi al piantone per fermare la giostra, così che, dopo qualche momento di pura gioia infantile, si trovarono  a girare vorticosamente nel buio aspettando che qualcuno li venisse a liberare.

Le conseguenze facilmente immaginabili non si fecero attendere molto, e i due si trovarono a sperimentare per qualche ora le poco piacevoli ebrezze del volo.

A peggiorare le cose era scesa nel frattempo una fitta nebbia che ci aveva messo poco ad appiccicarsi ai loro vestiti, al volto e ai capelli, nel girare avevano infatti perso il cappello della festa, e li aveva ricoperti di una simpatica, ma gelida, coltre bianca. Provarono a chiedere aiuto a gran voce, ma il paese era avvolto nel sonno del dopo festa e nessuno li aveva sentiti.

Dopo qualche tempo, avendo ormai perso, oltre alla tramontana, anche la voce, si erano rassegnati ad attendere il mattino, continuando a girare sulla maledetta giostra e rimpiangendo la malsana idea del giro gratis. Certo che si stavano, come si dice, scuotendo la voglia, e fra se giuravano che non si sarebbero mai più neppure avvicinati in vita ad una giostra, preferendo piuttosto abbandonare il paese nei giorni della sagra.

Nel frattempo continuavano implacabilmente a girare, ormai abbandonati al freddo ed ai conati di vomito, nella quasi certezza che non avrebbero visto sorgere l'alba.

Fu il loro amico Carliin, il menalatte, a salvarli.

Egli infatti, avvolto nel pesante tabarro, si trovò a passare di buonora nei pressi, camminando a fianco del suo carro coperto e desiderando di ripararvisi al più presto sul comodo giaciglio dove si riprometteva di schiacciare un pisolino mentre il cavallo, che conosceva la strada anche meglio di lui, avrebbe tirato il carro fino alla latteria.

Ancora un paio di stalle dove caricare i bidoni pieni di latte, e scaricare i vuoti.

Immerso in questi pensieri, al momento non aveva fatto caso al cigolio un po' attutito dalla fitta nebbia, ma poi fermò il cavallo per ascoltare meglio. Fu allora che gli parve di sentire, oltre all'insolito rumore, flebili lamenti.

Lasciato il carro sulla strada, avanzò verso il cigolio e rimase di sasso trovando la calcinculo in movimento. Cosa stranissima in quell'ora notturna, ma ancora più strano fu il vedere due dei seggiolini, che ruotavano velocemente, occupati da un paio di figure che, se avesse creduto agli spiriti, avrebbe appunto scambiato per tali. Erano due figure bianche di nebbia gelata ed emettevano suoni che niente avevano da invidiare ai lamenti di ipotetici fantasmi.

Evitando i seggiolini in movimento, Carlìin si avvicinò al perno centrale, trovò la leva di comando e fermò la giostra.

Le due bianche figure si divincolarono a stento dai seggiolini e quando finalmente, se pur barcollanti, riuscirono a reggersi in piedi e si furono tolte con mani tremanti la brina dal volto, li riconobbe con sorpresa per il Nino e il Bigio che aveva lasciato  qualche ora prima all'osteria.

Come fossero finiti su quella giostra glielo spiegarono balbettando confusamente per il freddo, dopo che li ebbe accompagnati in casa del primo, che abitava più vicino.

Poi, già in ritardo sul suo giro ma un po' dispiaciuto di non poter assistere alla reazione della moglie del Nino, che aveva provveduto a svegliare e che non si era ancora accorta dell'assenza del marito, Carliin riprese il suo giro ridendo tra sè, e rideva ancora apertamente di gusto mentre entrava nel prestino del fornaio per il solito panino bello caldo di forno.

Franco Guindani e Manara Antonietta (Cremona)

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