Mercoledì, 15 maggio 2024 - ore 10.27

Racconto Laura mi prese la testa con le mani e.. di Gian Carlo Storti

Con la mano cercava la mia lampo. In quel preciso istante il mio povero pene, fino a quel momento duro duro, si afflosciò quasi impaurito

| Scritto da Redazione
Racconto Laura mi prese la testa con le mani e.. di Gian Carlo Storti

Laura era la sorellina più grande di un'amica di mia sorella ed aveva tre anni più di me. Carina, alta, mora, con i capelli lunghi e due gambe affusolate e scoperte da una bellissima minigonna.

Veniva a prendere la sorella a casa nostra, verso sera, fatti i compiti dopo l'uscita di scuola. Mi guardava, mi salutava e mi pizzicava. Io ero alto e magro. Un bel ragazzo, diceva mia madre.

Avevo capito che le interessavo. Ne parlai con Mariolino, anche lui più vecchio di me di almeno tre o quattro anni. Il suo consiglio era semplice: invitala fuori per un gelato, andate verso il Po e quando sei là, la baci. Il resto viene da solo. Non avevo idea di che cosa fosse il resto.

Ascoltai Mariolino e la invitai a prendere un gelato. Avevo calcolato i tempi ed ero andato ad aspettarla davanti a casa sua prima che uscisse per venire a prendere la sorella. Era verso la fine di maggio.

Senza preamboli ed in fretta la salutai e le chiesi se l'indomani veniva con me a prendere il gelato al baracchino lungo il Po. Il tutto pronunciato a voce molto bassa ed in pochissimi secondi. Lei capì e mi chiese se alle quattro del pomeriggio andava bene. OK dissi. A domani. Ci vediamo al baracchino. Alle quattro… alle sedici! Lei annuì.

Inforcai la bicicletta e corsi come un dannato in piazza dove Mariolino mi aspettava. Aveva una sigaretta senza filtro accesa fra le labbra. Ero raggiante. Ero riuscito a 14 anni ad avere un primo appuntamento con una ragazza più vecchia di me. Dovevo capire da Mariolino come mi dovevo comportare e cosa sarebbe successo. Lui era più vecchio di me e sicuramente sapeva cosa fare.

Lo informai e chiesi: ma che cosa devo fare? Lui rise di gusto e mi spiegò tutto quanto doveva accadere il giorno dopo. Prima parli della sorella, poi della scuola, ma poco poco, solo qualche parola e intanto ti avvicini a lei e chiedi se fa scambio di gelato... Ti devi avvicinare alla sua bocca il più possibile. Se ha detto che esce, ci sta sicuramente. Quando le sei vicino tiri fuori la lingua e gliela ficchi in gola, la abbracci e le metti una mano in mezzo alle cosce… Il resto viene da sé.

Come viene da sé…?  Viene, viene, insisteva.

Quella notte la passai in bianco. Mi sarò fatto tre seghe. Alla prima venni subito, alla seconda venni a scoppio ritardato, alla terza bruciavo tutto e avevo voglia di correre in bagno a rinfrescarmi. Cosa che feci verso mattina dopo aver fumato, di nascosto sul balcone, una "siga" senza filtro. Mia madre mi senti ma non disse niente.

La mattina a scuola fu un disastro. Non riuscivo a tenere gli occhi aperti, continuavo ad appisolarmi.

Corsi a casa per il pranzo: mangiai un panino veloce e mi stesi sul letto caricando la sveglia per le ore 15.30 (controllai due o tre volte l'ora). Non mi addormentai nemmeno un secondo: pensavo a Laura. Evitai di toccarmi. Alle quindici e trenta ero in bagno a lavarmi e profumarmi.

Alle 16.50, sudato ma felice, ero sulla panchina del baracchino lungo il Po.

Arrivò dopo quindici minuti, su una “graziella”. Le cosce erano all'aria, belle, bianche e con il movimento facevano intravedere le mutandine bianche. Era bellissima. Ero eccitatissimo. La salutai con la mano. Lei sorrise. Ci avvicinammo al banco dei gelati. Lei ordinò un cono panna e cioccolato. Io chiesi un cono cioccolato e panna. Lei rise. Inforcammo le biciclette e ci avviammo verso la boschina di pioppi. All'ombra ci fermammo. Lei leccava il suo gelato, io iniziai a parlare di sua sorella, amica della mia... Lei lasciò cadere la bicicletta e si avvicinò a me. Tremavo. La mia bicicletta cadde e mi urtò una caviglia. Buttò via il suo cono e si avvicinò a me. Mi prese la testa con le mani e infilò la lingua nella mia bocca. Aveva una lingua sottile e fresca. Cominciò a farla roteare. Mi stringeva.  Ad un certo punto cademmo sul prato. Il mio gelato, cono compreso, mi si appiccicò ai pantaloni chiaroscuro "alla Celentano". Con la mano cercava la mia lampo. In quel preciso istante il mio povero pene, fino a quel momento duro duro, si afflosciò quasi impaurito. Lei si accorse. Tolse la lingua dalla mia bocca, facendomi finalmente respirare, dicendo "ma che ti succede?"

Ero ormai suo prigioniero. Mi aprì la lampo, mi spostò gli slip e raggiunse quello che ormai era una protuberanza molliccia ed inservibile. Con veemenza cominciò, con la mano sinistra, a maneggiare su e giù il mio povero giovane pene che, costretto da tale violenza, non dava segni di vita. Io mi sentivo morire, volevo scappare, desideravo ricominciare tutto da capo. La cosa durò qualche interminabile minuto. Finalmente cessò la presa e si distese sull'erba. Mi sentivo liberato, felice. Dopo qualche secondo si alzò. Mi guardava come se fossi lontano. "Su, ragazzino, ho sete, andiamo a prendere una gassosa". Mi pulii alla meglio. Ero muto. Parlò lei. "Sai pensavo di più… Sei proprio un ragazzino."

La accompagnai a casa in silenzio. Sul portone tentai di fissare un altro appuntamento. Lei, prontamente, inventò una scusa. La salutai a fatica. Mariolino mi aspettava al solito bar. Durante il tragitto, che feci ad andatura lenta per far passare del tempo, mi organizzai il racconto sviluppandolo, naturalmente, a mio favore. La storiella finiva con lei che mi faceva una grande sega, con una mia memorabile venuta (quella notturna nel letto pensando a lei) mentre io la baciavo con forza imponendole la mia lingua nella sua bocca. Mariolino era entusiasta. Io, finalmente rilassato, pure.

Rividi Laura a casa mia ancora diverse volte. I nostri saluti erano cordiali ma nulla di più. Al bar girava voce che andasse con questo e con quello… Seppi, molti anni dopo, che si era sposata con un ragioniere e che era diventata madre di due bambine.

Tratto da Brevi, verosimili  e false storielle  di Gian Carlo Storti

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