Venerdì, 29 marzo 2024 - ore 15.03

Racconto Mi dai una sigaretta? Di Gian Carlo Storti

Chiedo un caffè. Il barista mi guarda e mi chiede “nero“? Rispondo affermativamente. Il caffè è pronto e posato sul bancone. Mancano lo zucchero ed il cucchiaino. Faccio presente al barista con un cenno. Con un grande sorriso mi versa due cucchiaini di zucchero e mescola il caffè.

| Scritto da Redazione
Racconto Mi dai una sigaretta?  Di Gian Carlo Storti

Se non mi dai subito una sigaretta di pesto un piede con il tacco.

Quel giorno dovevo tenere un’assemblea in Villa Salus. Ero in anticipo. Ho chiesto al portinaio di chiamarmi il Villa.  Era ancora in reparto: mi avrebbe aspettato al bar.

Era una bella mattina autunnale, fresca, luminosa e ventilata. Le foglie degli alberi svolazzavano sul piazzale creando ruote volteggianti e colorate.

Nel bar erano presenti pochi clienti.

Chiedo un caffè. Il barista mi guarda e mi chiede “nero“?

Rispondo affermativamente. Il caffè è pronto e posato sul bancone. Mancano lo zucchero ed il cucchiaino. Faccio presente al barista con un cenno. Con un grande sorriso mi versa due cucchiaini di zucchero e mescola il caffè. L’atteggiamento era di uno che stava per bersi il suo caffè. Non lo beve e me lo avvicina… Sorseggio il caffè troppo dolce ed ormai quasi freddo. Con voce alta il barista esclama “ancora un po’ di zucchero?”. Mentre rispondo “no grazie” mi sento afferrare, con una stretta molto forte, il braccio che tiene la tazzina.

Mi giro di scatto. Il viso era largo, radioso, occhi azzurri, labbra rosse, denti gialli e capelli biondi e gonfiati con la lacca.

Stringendomi con forza e fissandomi negli occhi con voce sottile e sorriso sulle labbra mi dice: “se non mi dai subito una sigaretta di pesto un piede con il tacco”.

Le guardo il tacco: era proprio a spillo. Con l’altra mano frugo nella tasca della giacca, trovo le sigarette e gliele porgo. Lei con l’altra mano prende il pacchetto, fa scivolare fuori una sigaretta che si infila in bocca.

Sussurrando mi chiede del fuoco. Obbedisco e le accendo la sigaretta. Finalmente lascia la presa del mio braccio e mi ringrazia con un grande sorriso.

Sai mi dice, sono appena stata dalla parrucchiera. Sto bene vero? Sai devo andare a ballare. Ne hai un’altra di sigaretta?

Nel suo camice bianco arriva il Villa. Era un uomo grande e grosso sui centoventi chili.

Mi guarda, e si avvicina ridendo. Manda via la bionda con un cenno della mano. Mi fissa, sorride e mi dice: è inutile provare con quella tanto non ci sta mai con nessuno…

Non dico nulla e lo seguo per l’assemblea.  

Tratto da ‘Brevi, verosimili  e false storielle’   di Gian Carlo Storti (Cremona)

                

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