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Repubblica Centrafricana Amnesty sollecita la ricostruzione del sistema di giustizia

In un nuovo rapporto diffuso oggi, Amnesty International ha denunciato che persone sospettate di aver commesso crimini di guerra nel conflitto della Repubblica Centrafricana, tra cui omicidi e stupri, stanno alla larga da indagini e arresti e in alcuni casi vivono fianco a fianco alle loro vittime.

| Scritto da Redazione
Repubblica Centrafricana Amnesty sollecita la ricostruzione del sistema di giustizia

L'organizzazione per i diritti umani ha chiesto che siano destinate ampie risorse alla ricostruzione del sistema giudiziario del paese e all'istituzione della Corte penale speciale per favorire l'arresto e il processo dei responsabili di tali crimini.

"Migliaia di vittime di violazioni dei diritti umani in tutta la Repubblica Centrafricana attendono ancora giustizia, mentre coloro che hanno commesso crimini orrendi come omicidi e stupri continuano a girare indisturbati nel paese. Siamo di fronte a un'impunità di dimensioni sconcertanti, che pregiudica i tentativi di ricostruire il paese e di dar luogo a una pace duratura", ha dichiarato Ilaria Allegrozzi, ricercatrice di Amnesty International sull'Africa centrale.

"L'unica soluzione di lungo termine per porre fine a questa impunità tanto radicate è la revisione complessiva del sistema nazionale di giustizia, che passa attraverso la ricostruzione dei tribunali, delle prigioni e degli apparati di polizia. Nel frattempo, finanziare la Corte penale speciale, anche attraverso rigorose forme di protezione dei testimoni, è un passo avanti fondamentale verso la giustizia", ha sottolineato Allegrozzi.

Secondo il rapporto di Amnesty International, intitolato "La lunga attesa per la giustizia", decine di persone sospettate di crimini di diritto internazionale e di altre gravi violazioni dei diritti umani sfuggono agli arresti e alle indagini, grazie anche alle responsabilità del governo centrafricano e delle forze Onu di peacekeeping presenti nel paese.

Il sistema giudiziario della Repubblica Centrafricana, già debole prima del conflitto, è stato ulteriormente compromesso dai combattimenti che hanno causato tanto la distruzione di documenti quanto la fuga del personale. Fuori dalla capitale Bangui operano pochissimi tribunali e solo otto delle 35 prigioni del paese sono in funzione. I prigionieri sono tenuti in edifici pericolanti e in condizioni insalubri. La mancanza di sicurezza ha favorito numerose evasioni.

In una conferenza internazionale dei donatori organizzata a Bruxelles nel novembre 2016 è stato presentato un piano per la ricostruzione e il mantenimento della pace che prevede 105 milioni di dollari in cinque anni per rafforzare il sistema giudiziario nazionale e rendere operativa la Corte penale speciale.

"Loro [le persone sospettate di crimini di guerra] vivono fianco a fianco con le loro vittime. Prendono gli stessi taxi, fanno la spesa negli stessi negozi e vivono negli stessi quartieri. Nessuno è stato arrestato o posto sotto indagine. Questo clima d'impunità non fa altro che rassicurarli", ha raccontato un esponente della società civile di Bangui.

Le forze Onu di peacekeeping hanno aiutato le autorità nazionali ad arrestare 384 persone per crimini collegati al conflitto commessi tra settembre 2014 e ottobre 2016. Ma questo gruppo comprende solo una piccola manciata di personaggi di primo piano sospettati di aver commesso i crimini più gravi e 130 sono evasi da un carcere nel settembre 2015.

L'impunità ha contribuito all'aumento della violenza registrato dal settembre 2016. Un mese dopo, ex combattenti della coalizione Seleka hanno attaccato la città di Kaga-Bandoro, uccidendo almeno 37 civili, ferendone altri 60 e costringendo alla fuga oltre 20.000 persone.

 

Negli ultimi mesi sono stati fatti passi avanti riguardo all'istituzione della Corte penale speciale, un tribunale "ibrido" composto da giudici e personale nazionali e internazionali col colpito di processare persone sospettate di aver commesso crimini di diritto internazionale nel corso del conflitto.

Il rapporto di Amnesty International presenta una serie di raccomandazioni fondamentali affinché la Corte penale speciale entri in funzione prima possibile e operi in modo da assicurare indagini efficaci e processi equi.

Sebbene cinque dei sette milioni di dollari necessari per i primi 14 mesi di attività siano stati assicurati, occorre molto altro per garantire sostegno per i primi cinque anni. I paesi donatori dovrebbero anche contribuire alla nomina, sia ora che in futuro, di giudici e personale qualificati.

"La Corte penale speciale è un organismo fondamentale per assicurare che le vittime di alcuni dei più gravi crimini commessi nella Repubblica Centrafricana ottengano giustizia. Per questo, dovrebbe ottenere il massimo sostegno possibile", ha commentato Allegrozzi.

"Altrettanto indispensabile è lo sviluppo di un rigoroso programma di protezione per le vittime e i testimoni, in modo che possano prendere parte ai procedimenti giudiziari in condizioni di sicurezza. A loro volta gli imputati dovranno beneficiare di tutte le garanzie relative al giusto processo, inclusa l'assistenza legale. Il clima di paura che ha avviluppato la Repubblica Centrafricana sin troppo a lungo deve terminare", ha concluso Allegrozzi.

Ulteriori informazioni

Il rapporto di Amnesty International si basa su decine di interviste a persone che fanno parte del settore giudiziario della Repubblica Centrafricana: giudici e procuratori, membri e consulenti del ministero della Giustizia, il presidente dell'Ordine degli avvocati e altri legali.

L'organizzazione ha inoltre incontrato vittime di crimini di diritto internazionale e di altre violazioni dei diritti umani. Le informazioni ottenute attraverso queste interviste sono state incrociate con informazioni e dati forniti da altre fonti, tra cui rapporti prodotti nell'ambito del settore giudiziario e da attori sociali, politici e umanitari della Repubblica Centrafricana.

Nel luglio 2014, Amnesty International aveva fatto i nomi di 21 persone ragionevolmente sospettate di aver commessi crimini di diritto internazionale: solo due di loro sono state arrestate e Amnesty International non è a conoscenza di indagini concrete nei confronti delle altre.

Roma, 11 gennaio 2017

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